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Letizia Battaglia, di (cog)nome e di fatto, è una fotografa e reporter palermitana nota per la sua lotta alla mafia. Una carriera iniziata a quasi quarant’anni e che l’ha resa testimone attiva di alcuni dei fatti più tragici e importanti avvenuti in Sicilia sul finire dello scorso secolo, dalla strage di Capaci fino alla cattura di Bernardo Provenzano.

Per trent’anni sulla cresta dell’onda e con un futuro politico dalle alterne fortune ad attenderla, la giornalista è al centro di Shooting the mafia, documentario diretto dalla regista inglese Kim Longinotto, che vanta una lunga esperienza nel narrare in forma di cronaca storie ed esperienze di figure provenienti in ogni angolo del mondo.

Letizia Battaglia – Shooting the mafia | Tra passato e futuro

bambine in una foto di repertorio

Una foto di repertorio

Il doc vive su una frequente ed equilibrata crasi tra filmati e fotografie d’epoca – girati e scattate dalla stessa Battaglia – video di repertorio di varie emittenti televisive o d’archivio (RAI, Istituto Luce, Mediaset) e interviste alla reporter che si mette a nudo dei lunghi voice-over accompagnanti le immagini e ripercorre sia le fasi salienti della propria vita che il relativo periodo storico esplorato in quel momento su schermo. Sono poi presenti anche spezzoni di pellicole d’epoca, atte a rivisitare in forma amara e ironica al contempo il relativo narrato, e classici della canzone italiana quali Nel blu dipinto di blu e Il cielo in una stanza.

La prima parte, seppur ricca di passaggi forti e drammatici con diapositive di crimini e delitti ai quali la protagonista ha assistito in prima persona con l’ausilio della sua inseparabile fotocamera, è solo l’antipasto per le pagine più truci, e maggiormente conosciute dal grande pubblico, che ci attendono nella seconda metà di visione, con i vili attentati a Falcone e Borsellino e l’inizio dei maxi-processi di mafia.

Leggi anche: Beastie Boys Story, al via il documentario dedicato alla band anni 80

Letizia Battaglia – Shooting the mafia | Amore e violenza

letizia battaglia

Letizia Battaglia

Shooting the mafia esplora anche la complessa sfera sentimentale della Battaglia, donna di innegabile fascino in gioventù che si è circondata di diversi amanti, con una relazione in particolare durata quasi vent’anni e maggiormente esplicata nel corso dell’operazione. Vengono intervistati gli uomini che ha amato, ancora in vita, e la donna esprime il proprio punto di vista sul significato dell’amore, svelando anche la sua ultima e attuale love-story con un uomo molto più giovane di lei.

Ma il cuore del documentario rimane sempre e comunque incentrato sull’associazione malavitosa, che la reporter (prima donna in Italia ad entrare ufficialmente nell’albo) ha smitizzato nelle proprie opere, riducendola ad un’aura meschina e sciatta e attirandosi anche per questo la rabbia dei boss, con diverse minacce delle quali è stata vittima nel periodo più “caldo”. E proprio lei rimane l’alpha e l’omega dell’insieme, ritratta con lucida incisività e un’esaltazione sobria e mai gratuita dalla Longinotto, abile nel non scadere mai in una mera esaltazione agiografica.

Letizia Battaglia – Shooting the mafia | la recensione del documentario
3.1 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

Appassionato di cinema fin dalla più tenera età, cresciuto coi classici hollywoodiani e indagato, con il trascorrere degli anni, nella realtà cinematografiche più sconosciute e di nicchia. Amante della Settima arte senza limiti di luogo o di tempo, sono attivo nel settore della critica di settore da quasi quindici anni, dopo una precedente esperienza nell'ambito di quella musicale.

Recensioni

I Tre Moschettieri – D’Artagnan: la recensione in anteprima | Il capolavoro di Dumas (ri)prende forma

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i tre moschettieri d'artagnan

Una scena con i protagonisti de I Tre Moschettieri – D’artagnan

I Tre Moschettieri - D'Artagnan: quando il meglio del cinema e della letteratura francese si incontrano | Recensione
4.3 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

Dal 6 aprile 2023 al cinema, distribuito da Notorius Pictures, I Tre Moschettieri – D’Artagnan è il nuovo adattamento del capolavoro firmato da Alexandre Dumas. A indossare le divise degli intrepidi protagonisti, Vincent Cassel, François Civil, Romain Duris e Pio Marmaï.

Martin Bourboulon ne firma la regia, elegante e maestosa, dalla quale si resta affascinati e totalmente conquistati. Passando da rocambolesche scene di duelli e inseguimenti a cavallo, a momenti velati di un particolare romanticismo, I Tre Moschettieri – D’Artagnan regala uno spettacolo a 360 gradi.

i tre moschettieri d'artagnan

François Civil in azione nei panni di D’Artagnan

Di adattamenti del romanzo di Dumas ne sono stati fatti vari, tra piccolo e grande schermo, ma questo risulta, senza alcun dubbio, uno dei più riusciti. Il meglio della letteratura e del cinema francese sembrano incontrarsi e fondersi per dare luce a una vera e propria opera d’arte.

Consapevoli e forti delle potenzialità del progetto, gli ideatori lo hanno pensato come un dittico. Ciascuna delle due parti è dedicata a un personaggio: la prima al D’Artagnan di François Civil, il secondo alla Milady di Eva Green. In tal modo, viene a crearsi una certa aspettativa e si delinea la particolare identità all’interno del genere di appartenenza.

Una curiosità che riguarda I Tre Moschettieri è la presentazione di un nuovo personaggio, di nome Hannibal. Basato sulla vera storia di Louis Anniaba, il primo moschettiere di colore della storia francese, è interpretato da Ralph Amoussou. In contemporanea con l’usicta del film, arrivano in libreria il romanzo e il manga editi da Gallucci.

I Tre Moschettieri – D’Artagnan | La trama del film

Una notte piovosa, Charles D’Artagnan (Civil) giunge infine a Parigi, dopo essere partito dalla Guascogna per seguire il suo sogno: diventare un moschettiere del re. Mentre è dentro la stalla, intento a sistemare il cavallo, sente delle grida e degli spari nella piazza alle sue spalle.

i tre moschettieri d'artagnan

Louis Garrel interpreta Luigi XIII ne I Tre Moschettieri – D’Artagnan

Accorso in aiuto della donna nella carrozza, viene colpito da un proiettile e, creduto morto, seppellito nel bosco. Una volta riemerso dalla terra, decide di scoprire cosa si nasconde dietro l’agguato, finendo per imbattersi in qualcosa di molto più grande di lui.

Il fortuito (ma poco amichevole) incontro con i cosiddetti “tre moschettieri” – Athos (Cassel), Porthos (Marmaï) e Aramis (Duris) – lo porterà a un passo dalla verità e, soprattutto, dal suo obiettivo. Nel corso delle avventure, non mancherà nemmeno il colpo di fulmine per la bella Constance (Lyna Khoudri).

Dalla pagina scritta al grande schermo, il capolavoro di Dumas rivive al cinema

I Tre Moschettieri – D’Artagnan riprende tutte le suggestioni dell’opera letterararia su cui si basa e le rende, sul grande schermo, in maniera impeccabile. Senza soluzioni troppo elaborate o artificiose, la narrazione procede fluida, con un ritmo crescente e una coerenza di fondo, seguendo le tappe affrontate dai protagonisti.

La fotografia sa donare la giusta atmosfera, ben supportata dai colori e dalle luci delle location. Si viene completamente avvolti e avvinti a livello visivo, ben prima che le vicende abbiano inizio. Dopodiché, l’universo creato da Dumas prende forma e vita dinanzi agli occhi dello spettatore, e le emozioni non si fermano più.

i tre moschettieri d'artagnan

François Civil e Lyna Khoudri ne I Tre Moschettieri – D’Artagnan

Il lavoro del casting è a dir poco superbo: ciascuno degli attori carpisce l’anima del suo personaggio, andando a incarnarne gli aspetti più intimi, umani, sinceri. È così che il quadro presentato appare ricco e facile da apprezzare, rispettando la tridimensionalità delle figure provenienti dalla pagina scritta.

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Recensioni

Pantafa: la recensione | Quando l’horror è catartico

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pantafa

Il poster doi Pantafa

Pantafa: quando l'horror è catartico | La recensione
3.8 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

In sala da giovedì 30 marzo 2023, distribuito da Fandango, Pantafa è uno dei migliori horror del panorama italiano. Protagonisti della pellicola, diretta da Emanuele Scaringi, troviamo un’eccezionale Kasia Smutniak e la giovanissima Greta Santi.

Pescando nelle leggende popolari del nostro paese, Emanuele Scaringi confeziona un’opera degna del genere a cui appartiene, capace di lasciare col fiato sospeso e con la paura del buio. Il cineasta torna dietro la macchina da presa, a distanza di qualche anno dal suo debutto – La profezia dell’armadillo – e supera le aspettative.

Pantafa

Kasia Smutniak e Greta Santi in una scena di Pantafa

Pantafa è un film suggestivo e avvolgente, alla cui ottima riuscita contribuiscono i più svariati elementi, a partire dall’utilizzo degli effetti sonori e visivi, sino ad arrivare alla caratterizzazione delle figure in scena.

Il rapporto tra madre e figlia è, sicuramente, al centro della storia, dentro la quale convergono tutta una serie di questioni legate alla crescita, alla sensazione di inadeguatezza, al desiderio di libertà, alle tradizioni e al modo in cui esse possano riflettere la realtà.

Ne viene fuori un gran bel progetto, che più raro non si potrebbe, all’interno del panorama italiano, considerandone sia la fattura sia le potenzialità dietro la realizzazione, sfruttate al massimo ma senza eccessi.

Pantafa | La trama del nuovo horror italiano distribuito da Fandango

Marta (Kasia Smutniak) è una donna di spirito, bella, coraggiosa e determinata ad aiutare la sua bambina, Nina (Greta Santi), che soffre di paralisi ipnagogiche. Non avendo altri legami affettivi, oltre a quello con la figlia, Marta decide di trasferirsi in un piccolo paese di montagna, dal nome suggestivo: Malanotte.

pantafa

Kasia Smutniak in una scena di Pantafa

Qui conosce alcuni personaggi, come il tuttofare Andrea (Marco Sgueglia) o un tipo a cui piace atteggiarsi a cowboy (Francesco Colella). Ma di bambini neanche l’ombra… Nina si trova così a trascorrere parte del suo tempo con l’anziana Orsa (Betti Pedrazzi), che le racconta la storia della Pantafa.

Quando gli incubi della ragazzina cominciano a riproporsi, ancora più intensi e pesanti di prima, Marta cercherà in ogni modo di risolvere la situazione.

Chi è la Pantafa?

Ma da dove ha origine questa leggenda? Chi è la Pantafa? Queste sono, forse, le prime domande che il pubblico si pone, imbattendosi nel titolo del film. Stando a quanto si narra, si tratterebbe di una creatura sovrannaturale, che siede sul petto delle sue vittime e ruba loro il respiro.

Ovviamente, la leggenda affonda le radici nelle paure della gente, in quella parte oscura di cui nessuno è privo, ma che riguarda in particolar modo le donne, le madri. Attraverso simili creazioni, la mente tenta di affrontare i dubbi, l’orrore, una sofferenza che non sembra avere cause razionali.

La potenza, l’importanza e la grandezza di un’opera come Pantafa, si rivelano a un livello altro, diverso rispetto al puro e semplice intrattenimento. La rappresentazione di qualcosa che si muove dentro l’essere umano, nelle profondità di un’anima divisa, in crisi, trova nel cinema – e nell’arte in generale – un terreno fertile. La simbologia, invece, tra il genere horror e lo stato d’animo in cui versa la protagonista, permette di avvicinarsi, comprendere e identificarsi, senza paura di subire giudizi.

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Recensioni

Dungeons & Dragons: L’Onore dei Ladri | una action comedy divertente come una serata tra amici

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Dungeons & Dragons: L’Onore dei Ladri | una action comedy divertente come una serata tra amici
3.6 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora
Dungeons & Dragons: Honor Among Thieves

Dungeons & Dragons: Honor Among Thieves

Il nuovo film dedicato al gioco da tavolo Dungeons & Dragons torna alla vera essenza di quel fenomeno, ovvero la dimensione goliardica e festosa di una serata tra amici, e allo stesso tempo riesce a dire qualcosa di molto serio sul tentativo del cinema americano di creare universi paralleli in cui rifugiarsi per evadere da quello reale.

Dungeons & Dragons: L’Onore dei Ladri è uno di quei film anni ’80 in cui l’umorismo conta più dell’azione. Uno di quelli in cui i personaggi principali sembrano uscire da situazioni difficili e rischiose sempre attraverso la soluzione più ridicola e non quella più coraggiosa o eccitante.

Una scena di Dungeons & Dragons: Honor Among Thieves (fonte: IMDB)

Una scena di Dungeons & Dragons: Honor Among Thieves (fonte: IMDB)

Non deve sorprendere, considerando i precedenti lavori di Jonathan Goldstein e John Francis Daley, già registi di Game Night e sceneggiatori di Spider-man: Homecoming e Piovono Polpette 2: autori dalla scrittura ironica e precisa, specializzati in action comedy che qui, al primo film con un budget davvero sostanzioso, non tradiscono le aspettative e consegnano un film che torna alla vera essenza del gioco da cui trae ispirazione.

La chiave di tutto è comprendere che il mondo di Dungeons & Dragons è decisamente più rilevante della storia che si svolge al suo interno. D&D ha avuto successo perché i suoi giocatori erano interessati al viaggio e non tanto al risultato finale delle loro peripezie. È un sistema di gioco che le persone hanno amato per decenni, anche senza il bisogno di una tavola o del monitor di un computer davanti: è innanzitutto un passatempo tra amici, un pretesto per condividere qualche ora di scemenze gloriose ed esilaranti. Ed è esattamente quello che fa L’Onore dei Ladri.

Chris Pine è in forma smagliante nei panni del bardo-avventuriero Edgin Darvis, leader di un clan di irresistibili ladri. Al suo fianco c’è Holga (Michelle Rodriguez), una barbara dalla grande tenacia e determinazione. Li incontriamo già imprigionati dopo un fallito tentativo di rapina. Non sono cattivi, di per sé, comunque il viaggio che li attende li condurrà a mettere in discussione la propria etica.

Dungeons & Dragons | tra avventura e commedia

Lungo la strada, si alleano con uno stregone (Justice Smith) e un druido (Sophia Lillis, che ruberà probabilmente il cuore di ogni appassionato giocatore), e sul loro percorso incontreranno vari nemici, maghi, paladini, guerrieri non morti, draghi obesi, bestie improbabili, illithid, impostori e lurker.

Una scena di Dungeons & Dragons: Honor Among Thieves (fonte: IMDB)

Una scena di Dungeons & Dragons: Honor Among Thieves (fonte: IMDB)

Uno dei tocchi brillanti in sceneggiatura è quello che costringe questa variamente assortita combriccola a divagare dall’obiettivo principale per impelagarsi in tantissime missioni secondarie sempre più bizzarre. L’obiettivo principale è quello di salvare la figlia di Edgin, Kira (Chloe Coleman), imprigionata nella torre del castello.

Ma, per farlo, avranno bisogno di un oggetto magico, che è nascosto in un caveau, ma per entrare nel caveau avranno bisogno di un elmo incantato, ma per ottenere l’elmo dovranno ingegnarsi con un po’ di negromanzia, ma per farlo… e così all’infinito.

In questo modo, Dungeons & Dragons: L’Onore dei Ladri trova la sua dimensione ideale: quella di un enorme gioco cinematografico che invita il pubblico a passare due ore di spensieratezza con lui, accettando, proprio come avviene in una sessione del gioco di ruolo, le imprecisioni, le ingenuità, le soluzioni grossolane, le scelte non propriamente razionali che si prendono solo per provare ad alzare ancora di più l’asticella del divertimento.

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