Special Forces – Liberate l’ostaggio, recensione

Il regista francese Stephane  Rybojad l’11 Maggio porta sul grande schermo il film Special Forces – Liberate l’ostaggio, in cui Diane Kruger interpreta una giornalista francese corrispondente di guerra, che viene rapita dai talebani e tenuta in ostaggio, fino a quando il governo decide di mandare in suo soccorso un’unità delle forze speciali per liberarla e riportarla viva a casa. Ma l’impresa risulta più difficile del previsto e inizia un’ incessante inseguimento da parte dei rapitori, del gruppo di soldati che cercano in tutti i modi di difendere la donna e completare la loro missione, attraversando il territorio impervio dell’Afghanistan, tra rocce, montagne, e temperature tremendamente oscillanti. Nel cast, tra gli altri, Djimon Hounsou, Benoit Magimel, Denis Menochet, Raphael Personnaz, e Raz DeganRybojad prende spunto dalla cronaca e sembra rifarsi all’idea americana del recente Act of Valor, quasi a testimoniare che in questo periodo storico ci sia bisogno di elogiare le forze armate dei vari paesi per il lavoro che svolgono ogni giorno, sempre in bilico tra la vita e la morte. Professione pericolosa quanto quella del giornalista inviato in zone di guerra, come sottolineano anche i titoli di coda del film. Special Forces – Liberate l’ostaggio si presenta come un film d’azione, in cui il montaggio abbastanza serrato delle varie scene suggerisce una buona dose di adrenalina, pathos ed emozioni forti, infatti il regista ha dichiarato di aver cercato di realizzare ‘non un film politico ma una storia di avventura e azione miste a paesaggi favolosi e forti sentimenti umani, come alcuni dei suoi film preferiti come Platoon, The Hurt Locker e Black Hawk Down’.

Trattandosi di un film francese non è nuovo il fatto che dia molto spazio alla sfera emotiva dei personaggi e alle relazioni e rapporti umani che si vengono ad instaurare in questa situazione estrema, ma se una buona parte della struttura narrativa è dedicata a questo, un’altra buona parte è intrisa di azione tra sparatorie, scontri corpo a corpo e inseguimenti realizzati dal punto di vista stilistico soprattutto con l’uso di slow motion, ripresa repentina dell’azione e primi piani sui particolari del viso dei soldati e dei carnefici o delle armi utilizzate.  Tuttavia sono eccessive alcune scene falsamente eroiche, che invece di ottenere l’effetto desiderato nello spettatore, lo fanno quasi sorridere per l’inutile artificiosità e pomposità del momento sullo schermo. Suggestivi e affascinanti i paesaggi in cui si svolge la storia e, a differenza dell’Act of Valor americano, questo film risulta più completo e distante dall’ essere il semplice adattamento cinematografico di un videogioco sparatutto in prima persona come Call of Duty e simili. Infatti non mancano scene di reale commozione, uno stile registico notevole e un grande punto di forza è il cast, in cui spiccano soprattutto per la loro interpretazione Djimon Hounsou che Hollywood ricorda per Blood Diamond, Diane Kruger che convince nel ruolo di Elsa Casanova e Raz Degan, vera sorpresa nei panni del capo talebano Ahmed Zaief. Rybojad porta sul grande schermo una storia già sentita, e drammaticamente attuale, senza affrontare l’aspetto politico del problema, ma raccontando una storia in cui c’è un po’ di tutto: sentimento, azione, divertimento e avventura.

Tra il freddo gelido dei 3800 metri alle immense distese di terra polverosa, questo gruppo di uomini valorosi cerca di fare il lavoro a cui ha giurato fedeltà, nonostante la posta in gioco sia alta. Un film da vedere, una storia coinvolgente tra onore, gloria e sangue con una vena di romanticismo, ma non molto originale. Ma pensando al precedente Act of Valor, possiamo tranquillamente affermare che Francia batte U.s.a. uno a zero.

 

 

 

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