A distanza di cinque anni dal primo capitolo – sebbene i legami tra l’uno e l’altro siano piuttosto complicati – arriva nelle sale italiane The Suicide Squad – Missione Suicida, distribuito da Warner Bros. Cambia il regista, ma non gli interpreti dei personaggi principali.
Per cui ecco di nuovo in pista Rick Flagg (Joel Kinnaman), alla guida del solito gruppo di criminali sbandati, di cui fanno parte Harley Quinn (Margot Robbie) e Capitan Boomerang (Jai Courtney). Questi ultimi sono infatti gli unici “sopravvissuti” della missione precedente, ma non mancano aggiunte interessanti e assolutamente memorabili. King Shark (a cui presta la voce Sylvester Stallone) e Polka-Dot Man (David Dastmalchian), giusto per fare due esempi.
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Ma andiamo per ordine. Ci troviamo davanti a un’opera unica nel suo genere, dal momento che il capovolgimento di prospettiva appare una costante tanto sorprendente quanto efficace. Non è quindi possibile svelare troppo della trama, per evitare di intaccare quel sano gusto derivante dall’intrattenimento più puro e selvaggio.
James Gunn è abilissimo nel pilotare a suo (e a nostro) piacimento tutti gli elementi a disposizione: ne viene fuori un intero luna park, dove è possibile sperimentare emozioni ad alto tasso di adrenalina, risate sguaiate, momenti di commozione e colpi di scena. Due ore e passa che volano via senza accorgersene e se ne vorrebbe di più, di tempo insieme a questi incredibili supereroi sui generis.
Ovviamente, come nella precedente pellicola (diretta da David Ayer e bistrattata da pubblico e critica), la forza sta nella caratterizzazione dei personaggi. Ciascuna delle figure in campo, che abbia due minuti o due ore di posa, trova il suo spazio e lo sfrutta al massimo, riuscendo a regalare un quadro quanto più dettagliato e divertente possibile. Il plus valore di The Suicide Squad sta invece nell’avere anche una struttura narrativa da elaborare ed esplorare.
Lo spettatore viene gettato nel mezzo delle vicende, continuamente bombardato di stimoli visivi, uditivi, sensoriali. Al termine della visione – ed è obbligo aspettare dopo i titoli di coda per la scena post credit – se ne sentono gli effetti ed è un’esperienza imperdibile.
Dal punto di vista registico, lo stile di Gunn è abbastanza identificabile, ma non descrivibile a parole. La sua inesauribile inventiva e la capacità di mescolare stili, generi e toni differenti tra loro, gli permettono di dare vita a universi spettacolari inimitabili. Se già con Guardiani della galassia ne aveva dato un piccolo assaggio, adesso (con tutti i mezzi e l’ampio budget a sua disposizione) conferma di essere uno dei migliori cineasti su piazza.
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Certo, non va dimenticato, che a dargli manforte servono attori con una grande autoironia e disposti a fare gruppo. E non sembra essercene neanche uno fuori dal coro. A dimostrazione che l’unione fa la forza, e quando si ha un simile team alle spalle, tutto è possibile. Anche trasformare dei pois in armi letali…