Venezia 69. Bella addormentata, la recensione

Il clamore suscitato dal caso di Eluana Englaro fa da sfondo alle vicende dei quattro personaggi principali di Bella Addormentata, film diretto da Marco Bellocchio e in concorso alla 69/a edizione del Festival di Venezia.

Ogni personaggio incarna una posizione riguardo al tema dell’autodeterminazione: Maria (Alba Rohrwacher) fa parte del movimento per la vita e aborrisce l’idea dell’eutanasia, ma si innamora di Roberto (Michele Riondino), fratello di Pipino (Fabrizio Falco) attivista dell’opposto movimento. Il padre di Maria, il senatore Beffardi (Toni Servillo) deve decidere se votare a favore o contro la legge sull’eutanasia. La situazione di incertezza in cui si ritrova, lo porta a scontrarsi con la figlia, in un riemergere di ricordi dolorosi per entrambi. Rossa (Maya Sansa) è un’ex tossicodipendente costantemente sull’orlo del suicidio. Di lei si invaghisce il dott. Pallido (Pier Giorgio Bellocchio), che la aiuta a trovare un motivo per andare avanti. Infine Federico (Brenno Placido), legatissimo alla madre (Isabelle Huppert), ex attrice di fama internazionale ed ora costretta a stare vicino alla sorella in coma vegetativo.

 Di Bella addormentata colpisce molto la messa in scena teatrale, che rivela un accurato lavoro svolto dal regista con e sugli attori. Il risultato è un’espressione corale di punti di vista sui temi dell’eutanasia e della libertà, dalla quale a turno ogni personaggio fuoriesce per gridare più forte la sua opinione. La struttura narrativa, pur seguendo lo sviluppo progressivo delle condizioni di Eluana, risulta divisa in blocchi narrativi che sintetizzano i messaggi dei vari personaggi nei tempi cinematografici. Se nella realtà Eluana raggiunge il sonno eterno, nella finzione Bellocchio ci mostra il risveglio dei suoi personaggi: quello di Federico, che affronta il distacco dall’adorata, ma distante madre; quello di Maria, allontanatasi dal padre e quello di Rossa. Proprio la vicenda di Rossa è quella che colpisce di più, soprattutto per l’intensa interpretazione dei due protagonisti. In particolare Maya Sansa mette a disposizione del suo personaggio uno slancio di voluta, o meglio cercata incoscienza davvero toccante, che il dott. Pallido (Pier Giorgio Bellocchio) cerca di arginare con tutte le sue forze. A dispetto dei nomi, Rossa e Pallido, i personaggi sono presentati come l’esatto opposto. Il dialogo finale tra i due sulla libertà fornisce un’interessante spunto di riflessione sulla domanda che pone il film.

Notevoli, ma inferiori a Rossa e Pallido, anche i personaggi del senatore e dell’attrice. Il personaggio di Beffardi permette al regista di mostrare la sua visione sui politici oggi: Bellocchio li vede e li rappresenta disorientati, alla deriva e impauriti. La voce ironica e critica sulla politica è affidata al personaggio interpretato da Roberto Herlitzka, lo psichiatra. Quello di Isabelle Huppert è un personaggio chiuso nella contemplazione di sé e del suo riflesso, che riverbera anche sul coma vegetativo della figlia. Marco Bellocchio, uno dei pochi maestri italiani in grado di unire l’arte alla discussione laica di un tema, presenta a Venezia un film complesso per il pubblico, ma pieno di spunti ed idee da discutere, dal tema dell’eutanasia, a quello del risveglio di un’Italia che quotidianamente assopita forse rianimerà la sua coscienza per discutere Bella addormentata.