Così Kim Ki-Duk costruisce una storia su questo sentimento così profondo, conflittuale e a tratti realmente morboso che lega una donna venuta dal nulla e uno strozzino che non pensa due volte prima di mutilare tutti coloro che non pagano i debiti. Abbandonato dai genitori fin dalla nascita, Kang-do è divorato dalla solitudine che lo circonda; ricorre all’autoerotismo per trovare amore, mangia a mala pena, maltrattanto animali vivi ed esce di casa soltanto per andare a riscuotere i debiti del suo capo, finendo sempre per torturare il povero malcapitato. La sua vita è piatta, fredda, grottesca e nella sua routine sembra non esserci via d’uscita, almeno fino a quando una donna misteriosa bussa alla sua porta e comincia a seguirlo ovunque. E’ la madre che lo aveva abbandonato per ben trent’anni? Perchè si faceva viva solo ora? Kang-do dapprima infuriato e diffidente la mette alla prova in mille modi, ma alla fine cede al sentimento e si affeziona, incredulo del fatto che finalmente qualcuno si prenda cura di lui. Il mostro lascia spazio al bambino deluso e abbandonato che Kang-do porta dentro di se.
Il regista coreano che ricordiamo per Arirang e Amen, torna ad uno stile di ripresa abbastanza tradizionale ma ricco di dettagli e una colonna sonora partecipe e coinvolgente. La macchina da presa è sempre al posto giusto e la fotografia decisa e fresca. La storia procede con un ritmo calzante, e il regista sembra portare per mano lo spettatore lungo la strada che porta alla verità finale. Piano piano si accende una luce in più sui personaggi e la loro evoluzione, le loro idee e si comprende da che parte stanno. I limiti sono oltrepassati e la linea scelta da Ki -Duk per affrontare le paure e i desideri più profondi dell’essere umano è intrisa di perversione, scandalo e violenza ma sullo sfondo è sempre presente una colorata poeticità che agisce nella compassione e nell’estremo sacrificio che una madre è disposta a compiere per porre fine ad un dolore indescrivibile che non trova pace. Pieta è un dramma a tinte forti che coinvolge dall’inizio alla fine, e trova la sua forza anche nell’interpretazione dei due personaggi principali molto convincenti e adatti ai ruoli. Un vortice dirompente da cui farsi rapire per un’ora e mezza di proiezione. Da non perdere.