Al FFF un film animato per raccontare Graham Chapman, il Monty Python morto

In concorso per il Grand Platinum Prize del Future Film Festival, è stato proiettato a Bologna il film animato A Liar’s Autobiography: the Untrue Story of Monty Python’s Graham Chapman 3D, diretto da Bill Jones, Ben Timlett e Jeff Simpson. Tratto dall’autobiografia di Graham Chapman, componente del famoso gruppo comico dei Monty Python, morto di cancro nel 1989 , questo progetto propone una ricostruzione della sua vita, raccontando i problemi personali, le difficoltà della formazione, e le varie tappe della vita professionale e privata, attraverso l’utilizzo di tante tecniche diverse di animazione, messe in relazione tra loro secondo una logica leggermente disconnessa e poco lineare.

Nel 1980 Chapman scrive la sua biografia, intitolandola “L’autobiografia di un bugiardo” e nel 2012, i suoi amici ed ex colleghi decidono di raccogliere materiale video, filmati di repertorio e registrazioni audio per cercare di raccontare la vita dell’uomo, del comico, dello scrittore e dell’attore. Il film, realizzato da ben quindici animatori diversi, parte proprio con i primi anni della gioventù di Chapman quando, durante gli studi di medicina a Cambridge si unisce alla compagnia teatrale Footlights e incontra John Cleese, trovandosi davanti ad un bivio esistenziale: portare avanti la carriera di medico o quella di scrittore e umorista a tempo pieno? In un collage surreale e caotico diverse forme di animazione si susseguono in alcuni episodi che scorrono uno dopo l’altro, narrati dalla voce fuori campo dello stesso Chapman registrata negli anni precedenti, insieme ad alcuni contributi di colleghi e amici come Cameron Diaz nel ruolo di Sigmund Freud. Il cuore pulsante del film ruota intorno all’omosessualità, all’abuso di alcol e alle peripezie lavorative che hanno travolto la vita di Champan fino alla sua scomparsa ed è coraggiosa e ammirevole la scelta dei registi di non esagerare con il materiale di repertorio, riproponendo sketch storici e già visti troppe volte (uno dei pochi mostrati è un frammento di Flying Circus). Esasperando l’eccesso e il vizio che erano i più grandi compagni di viaggio dell’artista secondo il racconto della sua vita, viene fuori il ritratto di uomo che faceva ridere il prossimo per professione, ma non riusciva a far ridere se stesso e quella sottile infelicità si è trasformata piano piano in un’atmosfera di falsità e amarezza che lo ha investito, senza lasciargli via di scampo.

Difficile definire questo film un omaggio al ‘Monty Python morto’, poichè guardandolo ci si sente vittime di un delirio compositivo e narrativo molto vicino allo stile dei Python, ma che lascia storditi. L’eccessivo numero di forme artistiche utilizzate per narrare una storia infondo semplice e già conosciuta, non dona la giusta importanza al progetto nel suo complesso e non ottiene il giusto effetto emotivo nello spettatore. La struttura è sconnessa e, al di là dell’involucro curioso e intrigante, il cuore del film batte a ritmo rallentato e affannoso, arrivando ad un risultato finale poco soddisfacente. Il film strappa qualche risata ma non soddisfa le aspettative, e la scelta della tecnologia 3D è praticamente inutile.

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