Anima Buenos Aires: quattro anime per una città al FFF

In concorso per il Platinum Grand Prize, questa produzione argentina presenta, sotto la direzione di Marìa Veronica Ramìrez, quattro corti di animazione che raccontano quattro anime diverse, ma forse vicine, della mitica Baires. Quattro soggetti talmente differenti tra loro non soltanto per la trama, ma anche e soprattutto per la tecnica scelta, da convivere con qualche difficoltà: difficile definirli veri episodi, anche se certamente la musica costituisce il vero trait d’union.

Il primo corto, irresistibile, racconta l’improvviso irrompere di uno smisurato centro commerciale in uno storico quartiere della città. Attraverso la vicenda di un macellaio, rimasto privo di clienti, assistiamo alla trasformazione del paesaggio urbano e delle abitudini degli abitanti, al poetico e patetico tentativo del commerciante di conservare un’attrattiva, fino al finale inaspettato e circolare che riporta la situazione al punto di partenza. In sottofondo, l’anonima voce dello speaker della radio locale commenta l’evolversi dei fatti incarnando il qualunquismo, la rassegnazione e l’orgoglio di una cultura intera. La scrittura ironica e serrata s’intreccia con una tecnica particolare, l’animazione attraverso il collage: molto vicina alle più attuali tendenze dell’illustrazione argentina, crea con forza un mondo elegante ed evocativo, ironico e graffiante, molto potente dal punto di vista espressivo. I personaggi, estremamente incisivi nella grafica, intrecciano le loro sorti con quelle dei tagli di carne, veri protagonisti della scena: come potrebbe essere altrimenti, vista l’imprescindibile propensione degli argentini per le proteine animali? Anche in questo caso, come per il coreano Padak (e in attesa di Dead Sushi), è sconsigliata la visione ai vegetariani.

Anima MASTER_H264_24fps (68457)L’episodio successivo, il più debole sia per la sceneggiatura che per la tecnica, racconta l’inseguimento attraverso la città di una giovane writer: un ricco ragazzino, costretto a vivere isolato in un palazzo grigio, scopre attraverso di lei i colori e mondi poetici della musica e del teatro. Abbastanza scontato nel tema e molto pasticciato graficamente, in un indeciso vagare tra tratto e matita, stilizzazioni alla Tin Tin e soluzioni infantili, si salva grazie alla colonna sonora, vera linea guida per tutto il film. Il terzo episodio, in bianco e nero totale, racconta una triste storia di povertà e malavita con un taglio anni Trenta, attraverso personaggi dagli inquietanti tratti zoomorfi. Molto fumettistico per taglio e trama, e con un esplicito riferimento ai vecchi noir. Il quarto episodio, dopo un folgorante inizio che rievoca lo sbarco dei Conquistadores, piantatori dei futuri grattacieli e destinati ad abusare perennemente di questa florida terra, come fosse una femmina oggetto di desideri incessanti, si perde un po’ nelle tante (troppe) metafore della città bramata e violata. L’immutabile situazione della Buenos Aires che seduce e che subisce, che strega con la musica e l’atmosfera, è narrata con tratti surreali, a volte troppo ambiziosi e un po’ abusati, sulla traccia di note che incantano. Un progetto un po’ discontinuo, dunque, ma efficace nel comunicare le tante anime di una città e di un popolo che ama sognare.

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