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Asiatica, programma e incontri

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Entra nel vivo la tredicesima edizione di Asiatica, Incontri con il cinema asiatico, che si tiene fino al 13 ottobre 2012 negli spazi de La Pelanda di Roma nel quartiere Testaccio. Il Festival diretto da Italo Spinelli, è ad ingresso gratuito e come ogni anno, in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico di Roma Capitale, rinnova l’impegno a promuovere la diffusione del cinema asiatico e a fornire spazi e momenti di scambio tra l’Asia e l’Europa.

Il programma di domani – sabato 6 ottobre – prevede alle ore 11:00, in Sala 1, per la sezione Asia di Carta, la presentazione del libro Trans-Iran, Cosa Succede a chi s’innamora della Persia? (Infinito Edizioni), di Antonello Sacchetti, presentato dal giornalista Albero Negri, inviato speciale del Sole24Ore, uno dei massimi esperti dei movimenti della recente Primavera Araba, che ha seguito negli ultimi vent’anni i principali eventi politici e bellici in Medioriente, Africa, Balcani, Asia Centrale e che racconterà i vari volti dell’Islam. Dietro una dittatura soffocante e culla del fondamentalismo islamico, si nasconde un “altro” Iran: quanti pregiudizi e false mitologie si nascondono dietro all’immagine che abbiamo di questo Paese?  Alle ore 16:00, proiezione del film di TaiwanDays we stared at the sun (2011, 110’), di Yu-Chieh Cheng. Alle ore 18:00, proiezione di The blindfold (2011, 98’), dell’indonesiano Garin Nugroho. Alle 20:00 l’israeliano Yossi (2012, 84’), di Eytan Fox,  che sarà presente alla proiezione. La storia di un uomo che tiene nascosta la sua omosessualità e che vive una vita solitaria a Tel Aviv. Alle 21:45, il regista Raymond Red sarà presente prima e dopo le proiezioni del suo cortometraggio Shadows(2000, 12’) e del suo lungometraggio Manila Skyes (2009, 98’), presentati all’interno dell’omaggio di Asiatica al regista indie filippino. In sala 2, alle ore 16:00 proiezione di Check Point (2011, 29’), del francese Hamed Alizadeh, quindi alle 16:30, il turco Overtime (2012, 20’), di Gurkan Keltek e alle ore 17:00, il taiwanese My fancy high heels (2011, 59’), di Ho Chao-ti. Alle ore 18:00, alla presenza della regista palestinese  Pary El-Qalqili, proiezione del documentario in concorso The turtle’s rage (2012, 70’). Alle 19:30, il cortometraggio iraniano Under the colours (2012, 20’) di Esmaeel Monsefmaraniche sarà presente alla proiezione. Alle 20:00, lo tsunami che ha colpito il Giappone rivive nel documentario 3.11:in the moment (2012, 90’), della giovane regista e giornalista giapponese Kyoko Gasha, che sarà presente alla proiezione. Alle ore 22:00, la biografia di 18 giorni della nazione egiziana e di sei coraggiosi giornalisti durante la recente Primavera Araba sono raccontate nel documentarioReporting…a revolution (2012, 62’), dell’egiziano Bassam Mortada.

Il programma di domenica 7 ottobre prevede in sala 1 alle ore 10:30, il documentario libanese Marcedes (2011, 68’), di Hady Zaccak, che racconta i 60 anni della storia del Libano vista attraverso la storia della Mercedes Ponton. A seguire, incontro con gli autori del film, moderato dal direttore di AsiaticaItalo Spinelli. Alle ore 16:00 il lungometraggio israeliano in concorso Yossi (2012, 84’), di Eytan Fox,  che sarà presente alla proiezione: la storia di un uomo che tiene nascosta la sua omosessualità e che vive una vita solitaria a Tel Aviv. Alle ore 18:30, proiezione del film kazako Ak kyz (2011, 63’), di Zhanabek Zhetyruov, che sarà presente alla proiezione. Alle ore 20:00, il lungometraggio indiano in concorso The Tortoise and Incarnation (2012, 125’), di Girish Kasaravalli, che sarà presente alla proiezione, film-parabola sui valori gandhiani e sulla loro decadenza nell’India di oggi. In sala 2, alle ore 16:00, alla presenza della regista palestinese Pary El-Qalqili, proiezione del documentario in concorso The turtle’s rage (2012, 70’), quindi l’israeliano Dog leash (2012, 26’), di Eti Tsicko. Alle ore 18:00, il libanese Taxi Sana’a (2012, 52’), di Hady Zaccak, che sarà presente alla proiezione. Alla vigilia di un’imprevista rivoluzione, due tassisti e le storie dei personaggi che popolano i loro taxi, sullo sfondo della brulicante capitale yemenita. Alle ore 19:15, per lo Sguardo sul cinema arabo, proiezione del tunisino It was better tomorrow (2012, 71’), di Hinde Boujemaa. Alle 20:30, alla presenza del giovane regista, l’iraniano Vahid Sedaghat, proiezione di Persian Pasta(2011, 46’), documentario autobiografico che racconta dell’abbandono del natio Iran per seguire un corso in un’università in Italia. Alle ore 21:30, l’arte del teatro delle ombre è protagonista del documentario World without shadow, del malese Khoo Eng Yow.

Il programma di lunedì 8 ottobre prevede in sala 1 alle ore 16:00, proiezione del lungometraggio The dancer(2011, 112’), dell’indonesiano Ifa Isfansyah, quindi, alle ore 18:00, il lungometraggio indiano in concorso The Tortoise and Incarnation (2012, 125’), di Girish Kasaravalli, che sarà presente alla proiezione, film-parabola sui valori gandhiani e sulla loro decadenza nell’India di oggi. Altro lungometraggio in concorso, alle ore 20:30, con il cinese Here, Then (2011, 91’), scritto e diretto dal giovane regista Mao Mao, che sarà presente alla proiezione e che racconta la storia di alcuni ragazzi cinesi, sbandati e disillusi, le cui vite si incrociano per caso tra una piccola città rurale e la capitale, complice il ritrovamento di un cellulare e la rete dei loro desideri sessuali. In sala 2, proiezione del documentario cinese La nostra storia – 10 anni di guerriglia del Beijing Queer Film Festival (2012, 42’), di Yang Yang. Alle ore 17:00 continua l’Omaggio di Asiatica al regista filippino Raymond Red, con The yawn(1984, 31’) e a seguire, Study for the skies (1988, 12’), entrambi alla presenza dello stesso regista. Alle ore 18:30,Hometown Boy (2011, 72’), diretto da Yao Hung-I, per capire Taiwan, l’altra Cina, attraverso gli occhi e il pennello di uno dei più noti pittori del paese, Liu Xiaodong. Alle ore 20:00, replica del libanese Taxi Sana’a (2012, 52’), diHady Zaccak, che sarà presente alla proiezione. Alle ore 21:15, il documentario autobiografico Did you say Damascus? (2011, 90’) della regista Marie Seurat, nata ad Aleppo, che dopo un lungo esilio torna nella natia Siria, con i ricordi che si accavallano alle attuali immagini del Paese martoriato dalla guerra.

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Berlinale 73: Inside, la recensione | Un incubo a occhi aperti tra quattro mura

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Inside film recensione

La recensione di Inside – Foto: Newscinema.it

Presentato al 73° Festival di Berlino, Inside conta 105’ di durata e fa parte della sezione Panorama.

Regia e soggetto sono a cura di Vasilis Katsoupis mentre la sceneggiatura di Inside è firmata da Ben Hopkins. Il protagonista assoluto di questo thriller dalle sfumature comedy-drama è Willem Dafoe e verrà distribuito nelle sale statunitensi il 10 marzo 2023, attendiamo la conferma italiana.

La trama di Inside

Il ladro d’arte Nemo rimane intrappolato in un attico a Times Square durante un furto che finisce male. Con il passare dei giorni il suo stato mentale comincia a peggiorare e dovendo combattere con la fame e la sete, dovrà escogitare un piano per trovare una via di fuga, per restare lucido e per adattarsi alle disagianti condizioni, ormai inevitabili.

Il one man show di Willem Dafoe

Ci sono film che abbracciano il proprio protagonista cucendogli addosso un ruolo perfetto e imbastendo intorno a lui un ambiente congeniale che punta al risultato sperato. Mai come in questo caso la definizione può essere più appropriata, questo film è Willem Dafoe.

Un uomo imprigionato senza via di fuga che dopo averle provate tutte inizia a testare i propri limiti, finendo per immaginare soluzioni e fantasticare tra folli visioni. Il ladro lo sappiamo, è una figura negativa che solitamente dovremmo identificare come antagonista ma che qui trova un risvolto opposto.

Nemo è un uomo che non avverti mai come ostile, ti trovi ad empatizzare totalmente con lui e quasi ti dimentichi che si meriti di essere imprigionato lì e magari anche scoperto, in quanto giunto in quella situazione per qualcosa che sostanzialmente non andava fatto.

Willem Dafoe Inside

Willem Dafoe in Inside – Foto: Berlinale 73

Un incubo a occhi aperti tra quattro mura

Freddo glaciale o caldo torrido, mancanza di una fonte d’acqua, istinto di sopravvivenza e di adattamento, di certo quello che a prima vista pare essere un attico pieno di comfort, diventa in un attimo un ambiente avverso dove la tecnologia, da cui ormai dipendiamo, da utile si fa nemica.

Questa interessantissima opera filmica è capace di diversificare la propria direzione, partendo da qualcosa di inizialmente molto concreto e arrivando a compiere un viaggio più concettuale. Già capace di affascinare al suo primo lungometraggio dunque, il regista greco pare avere le idee ben chiare sulla direzione verso cui portare il proprio cinema.

Un po’ come il connazionale Yorgos Lanthimos, percorre una strada che parte dal realismo e finisce nella criptica isola del sottotesto ermetico, quello in cui è necessario un lavoro mentale da parte dello spettatore per essere elaborato al meglio.

Inno all’arte

L’arte e la sua realizzazione, l’inventiva, la ricerca di soluzioni che stimolano la creatività sfociando in qualcosa di ricercato, di contemporaneo, di artisticamente riflessivo. Muffa, sudore, rabbia, rassegnazione, tanti sono gli elementi simbolici o le sensazioni percepite, che portano ad un unica domanda: fin dove si può spingere un uomo?

Un essere umano in trappola, messo a dura prova dalla situazione che involontariamente si trova a vivere, sopraffatto dal proprio istinto, troverà il modo di far pace con sé stesso e con l’ambiente circostante in un equilibrio quasi spirituale. Molto silenzioso Dafoe gioca con sé stesso, recita per sottrazione, talvolta interagendo soltanto con la mimica facciale, altre con gli oggetti presenti in scena o qua e là parlando un divertente italiano.

Inside film 2023

Inside film – Foto: Newscinema.it

Non mancano infatti passaggi simpatici, dalla Macarena agli easter egg brillanti disseminati in ogni dove, che grazie ad un ottimo lavoro di montaggio esaltano ancor di più il ritmo e il talento dell’attore, chiamato a reggere sulle proprie spalle l’intero lungometraggio.

In conclusione ci troviamo immersi in un mondo nascosto tra condizioni critiche poco rassicuranti e ostacoli decisamente ingombranti, che pulsa però quasi inconsapevolmente di innata genialità artistica e si fa metafora di quello che Nemo sta pian piano realizzando, come fosse un inception di strutture a matrioska. Un inno all’arte dunque, alle menti creative e al prepotente ma essenziale concetto “Non c’è creazione senza distruzione”.

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Berlinale 73 | Suzume, il nuovo sorprendente film animato dal regista di Your Name

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Berlinale 73 | Suzume, il nuovo sorprendente film animato dal regista di Your Name
3.6 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora
Una scena del film Suzume (fonte: IMDB)

Una scena del film Suzume (fonte: IMDB)

Suzume, il nuovo film d’animazione del regista di Your Name si rivela un’opera avvincente, intrigante e sorprendente, presentata in concorso alla 73esima edizione della Berlinale.

È stato presentato a Berlino il nuovo film d’animazione del regista giapponese Makoto Shinkai, che nel 2016, con Your Name, aveva commosso milioni di spettatori in tutto il mondo, fino a guadagnarsi la stima che si riserva ai nuovi maestri e, in alcuni casi, persino lusinghieri paragoni con Hayao Miyazaki.

Il suo nuovo Suzume è un’opera avvincente, intrigante, sconcertante: un film catastrofico sci-fi spettacolare che si fa saggio sulla natura e la politica, attraversato da elementi comici folli e stravaganti che in alcuni momenti ne deviano la narrazione e ne cambiano drasticamente il tono.

Una scena del film Suzume (fonte: IMDB)

Una scena del film Suzume (fonte: IMDB)

Già in Your Name, il regista aveva inventato un disastro – un enorme impatto meteorico – quasi sicuramente ispirato al terremoto del Tōhoku del 2011. Con Suzume, adesso, fa esplicito riferimento alle scosse e allo tsunami del 3/11 nel prologo del film, quando la protagonista si ritrova in quella che sembra ESSERE una dimensione parallela in cui regna una devastazione surreale, con case ridotte in macerie e barche spettrali incagliate dopo misteriosi naufragi.

Il resto del film si svolge circa un decennio dopo, a partire da Kyushu (purtroppo, isola che è stata colpita da un terremoto di magnitudo 5,6 appena sei settimane prima dell’uscita del film, dando ulteriore rilevanza e attualità al suo messaggio). Una mattina, in sella alla sua bicicletta, Suzume incrocia un bel giovane che cammina nella direzione opposta, e con uno stratagemma visivo preso in prestito dal cinema live action, il tempo rallenta e la regia cattura la scintilla che scatta romantica tra loro.

Lo straniero si chiama Souta Manakata e si presenta a Suzume come un “Closer”, ovvero qualcuno incaricato di chiudere una serie di portali mistici per evitare che gigantesche creatura fuggano attraverso essi e continuino a causare disastri in tutto il Paese (vermi in computer grafica che rivelano la loro pericolosità e la loro alterità anche come corpi estranei rispetto al gentile tratto bidimensionale del film). Souta, però, all’inizio del viaggio si trasforma in una sedia per bambini a tre gambe: un’idea stravagante per un compagno di viaggio che si rivela però sorprendentemente efficace.

Il film, infatti, riesce a rendere Souta molto più espressivo nella sua semplice forma geometrica di sedia rispetto a quando, da ragazzo in carne ed ossa, non può che essere il generico oggetto d’amore della protagonista. E anche in questo rifiuto di un sentimentalismo molto vecchio e abusato sta la modernità del film di Shinkai, che stavolta decide di dare un tocco contemporaneo e giovanile al suo film collaborando nuovamente con la rock band Radwimps, affiancata qui dalla strumentazione del compositore Kazuma Jinnouchi, e incorporando nella narrazione la tecnologia moderna e l’utilizzo dei social network. Lo stesso design del gatto Daijin quasi certamente ricorderà ai fan più giovani quello cattivo dello show Puella Magi Madoka Magica.

Una scena del film Suzume (fonte: IMDB)

Una scena del film Suzume (fonte: IMDB)

Strutturato come un road movie, Suzume invita il pubblico ad un tour del Giappone, sorvolando sui punti di riferimento familiari, come il Monte Fuji, e concentrandosi invece sui luoghi che rappresentano il patrimonio in via di estinzione del Paese del Sol Levante. Ma è la direzione dell’animazione di Kenichi Tsuchiya, che si impone con i suoi dettagli sbalorditivi, che rendono Suzume un oggetto di misteriosa bellezza nei suoi cieli notturni e negli skyline pittorici delle diverse città. La protagonista entra in connessione con il pubblico come un’adolescente in movimento e in subbuglio, comandando il percorso emotivo della narrazione.

“Il peso dei sentimenti delle persone è ciò che soffoca la Terra”, dice Souta nel film: ed è questo il manifesto di Shinkai su come la vita interiore e la topografia giapponese siano strettamente dipendenti l’una dall’altra. E proprio come nel film The Garden of Words, in cui aveva già spiegato la sua tesi emotiva attraverso la poesia Man’yōshū, Suzume è uno sforzo che cerca di restituire la complessità di un mondo interiore con umorismo e pathos, legandolo alle sorti della Terra, del mondo che sta fuori.

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Berlinale 73 | Infinity Pool, Mia Goth: “Non mi sottraggo mai davanti a questo tipo di film”

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Conferenza stampa di Infinity Pool alla Berlinale 73 (fonte: NewsCinema.it)

Conferenza stampa di Infinity Pool alla Berlinale 73 (fonte: NewsCinema.it)

Mia Goth e Alexander Skarsgard hanno rivelato di essersi divertiti molto a realizzare Infinity Pool, il thriller “provocatorio” e “viscerale” del regista canadese Brandon Cronenberg, presentato in anteprima europea alla 73esima Berlinale.

È stato presentato in anteprima europea alla 73esima edizione della Berlinale l’atteso Infinity Pool, nuovo controverso thriller diretto da Brandon Cronenberg. Il regista ne ha parlato insieme ai protagonisti Mia Goth e Alexander Skarsgard in una conferenza stampa con i giornalisti, approfondendo le tematiche del film e affrontando le controversie legate ad esso.

Conferenza stampa di Infinity Pool alla Berlinale 73 (fonte: NewsCinema.it)

Conferenza stampa di Infinity Pool alla Berlinale 73 (fonte: NewsCinema.it)

L’attrice britannica, oggi famosa specialmente per essere protagonista e co-creatrice della trilogia horror di Ti West cominciata con X – A Sexy Horror Story, ha detto di aver apprezzato molto l’aspetto “provocatorio” del suo personaggio. “Non mi sottraggo mai a questo tipo di materiale e a questo tipo di film”, ha detto ai giornalisti.

“Trovo che all’interno di questo tipo di storie ci siano personaggi davvero impegnativi che mi permettono di esplorare sfaccettature di me stessa che non mi sento molto a mio agio a rivelare al di fuori di un set. Gabi è un personaggio molto vario e dinamico. All’inizio è una donna piuttosto dolce e senza pretese e alla fine del film la vediamo invece completamente selvaggia e scardinata, solo primordiale”, ha spiegato Goth.

Il personaggio di Skarsgard, invece, è uno scrittore in difficoltà, burattino di un gioco perverso e pericoloso. “Si capisce già nel suo primo incontro con Gabi che non gli ci vuole molto per seguirla come un cane affamato”, ha affermato l’attore. “È stato abbastanza divertente giocarci con quanto fosse credulone e quanto fosse facile manipolarlo. Volevo uscire dalla mia testa… buttarmi lì dentro, in questo mondo, e vedere cosa sarebbe successo. È un film così viscerale, in cui succedono tante cose”.

I due personaggi, però, sono uno lo specchio dell’altro, come suggerito da Goth. “Penso che Gabi possa ritrovare molto di se stessa in James. Ed è anche per via di questo riconoscimento che le è così facile rivoltarlo come un calzino. Perché hanno lo stesso background culturale, lo stesso status sociale e, cosa più importante, hanno entrambi una vita di insuccessi e di fallimenti. Hanno modi diversi di affrontare questa condizione, ma da dentro penso siano molto più simili di quanto sembri”, ha spiegato l’attrice.

Berlinale 73 | Brandon Cronenberg:“Un prossimo film tratto da Ballard”

Il film è in parte ispirato, per ammissione dello stesso regista, al romanzo di Super-Cannes di J. G. Ballard, pur non trattandosi di una vera e propria trasposizione fedele o ufficiale. “Adoro Ballard e in passato ho pensato spesso di adattare il suo libro per il cinema, ancora prima di realizzare Infinity Pool.

Quindi sicuramente c’è un po’ di questa influenza nel film. Non è la stessa cosa, ma sicuramente il mood è quello. Siamo attualmente in fase di trattativa con chi detiene i diritti di Super-Cannes per riuscire a realizzare un adattamento cinematografico nel prossimo futuro. Mi piacerebbe molto farlo”, ha annunciato il regista.

Conferenza stampa di Infinity Pool alla Berlinale 73 (fonte: NewsCinema.it)

Conferenza stampa di Infinity Pool alla Berlinale 73 (fonte: NewsCinema.it)

Di Infinity Pool si è parlato, e si continuerà a parlare, specialmente per le sue scene più esplicite e disturbanti. “Non trovo particolarmente utile avere degli intimacy coordinators (figure che garantiscono il benessere di attori e attrici che partecipano a scene di sesso o ad altre scene intime in un film) sul set”, ha dichiarato Mia Goth.

“E probabilmente questo è dovuto al fatto che ho sempre lavorato con registi fantastici: sensibili, gentili e professionali. Come appunto Brandon Cronenberg. Spesso è meglio girare la scena senza perdere troppo tempo a discutere di cosa si può o non si può fare. È una situazione che crea più imbarazzo che altro. Se c’è fiducia tra gli attori e con il regista, basta quello”.

Cronenberg ha poi scherzato sulle notizie apparse sui giornali relative a degli spettatori, nelle diverse presentazioni del film in giro per il mondo, che hanno abbandonato la sala dopo essersi sentiti male davanti alle scene più disturbanti: “In realtà, poche persone hanno lasciato la sala durante queste proiezioni. Devo dire che siamo un po’ delusi. Forse non abbiamo fatto un buon lavoro. Quando abbiamo mostrato il film ai nostri amici, pochissimi hanno riso davanti all’umorismo molto perverso della storia. E pensavamo di essere spacciati. Invece il pubblico sembra averlo compreso”.

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