Una lunga serie di immagini animate apre The Only Living Boy in New York, il dramma di Marc Webb con Kate Beckinsale, Jeff Bridges, Pierce Brosnan, Cynthia Nixon e Callum Turner presentato in anteprima alla dodicesima edizione della Festa del Cinema di Roma.
Thomas Webb (Callum Turner) è un neo-laureato che non sa cosa fare nella vita. É follemente innamorato di Mimi, una teenager che lo considera un semplice amico, e suo padre, di cui invidia il fascino e la carriera, ha una relazione extraconiugale con la sensuale Johanna (Kate Beckinsale).
In un universo di nevrosi e ossessioni W. F. Gerald (Jeff Bridges), lo scapestrato scrittore della camera 2b, tenterà di dare un ordine alla sua caotica vita. Riuscirà nell’impresa o porterà ulteriore scompiglio?
Grandi attori in ruoli abbozzati
Solo Woody Allen può dare ai nevrotici antieroi dei suoi universi cinematografici una insostituibile unicità. Dopo il fiacco reboot di Spiderman, Marc Webb torna al genere dramedy di (500) giorni insieme e Gifted – Il dono del talento. Una autenticità che, in The Only Living Boy in New York, risulta riuscita a metà. La fragilità principale è lo script di Allan Loeb che, ripetendo le contraddizioni di Collateral Beauty, mette in scena una serie di personaggi senza caratterizzarne nessuno.
Pierce Brosnan è un seduttore incallito e un marito infedele, Kate Beckinsale è una mangiatrice di uomini con carenze di amore, Cynthia Nixon è una madre tormentata da un disturbo bipolare e Jeff Bridges è uno scrittore con problemi di alcolismo. Personaggi abbozzati che non apportano nessun contributo artistico (o perlomeno emotivo) alla pellicola di Marc Webb.
Una commedia già vista
“Fingono tutti che vada bene ma non è vero”, afferma Thomas Webb, il giovane protagonista di The Only Living Boy in New York. Una commedia che ha una grande problematica: Marc Webb non è Woody Allen! L’affascinante cornice newyorchese e i personaggi afflitti da crisi esistenziali non sono sufficienti per consacrare un cult alleniano. Una lezione che Marc Webb, indebolito da uno script fallimentare, impara a sue spese firmando la peggiore pellicola della sua (sottovalutata) filmografia.
Caratterizzato da una caotica sospensione tra generi, The Only Living Boy in New York inizia come una favola e capitola nella più classica delle liaison amorose. La feroce critica al convenzionalismo americano si perde in un trito e ritrito ménage à trois. Una banalizzazione dell’universo umano che, messo in scena attraverso un antieroe che compie errori più fatali dei genitori, perde tutta la potenza originale. Nessuno dei protagonisti mostra una crescita o perlomeno una evoluzione all’interno di un film in cui tutto è approssimativo: dalla caratterizzazione dei personaggi all’happy ending citofonato e poco credibile.
The Only Living Boy in New York sopravvive grazie alla regia di Marc Webb che, attraverso la spettacolare fotografia di Stuart Dryburgh, dà una dignità a una commedia confusa e perdibile.