Il Future Film Festival si è aperto oggi con la proiezione di uno dei dieci film in concorso per il Grand Platinum Prize, il premio al film che meglio utilizza le tecniche dell’animazione applicate al cinema. Stiamo parlando di Padak, diretto dal giovane regista della Corea del Sud Dae-hee Lee, che narra la triste storia di uno sgombro che vive e nuota libero nel blu dell’oceano, ma un giorno viene catturato da alcuni pescatori e finisce per essere rinchiuso in un acquario di un ristorante, che serve ogni giorno sushi fresco. All’interno dell’acquario, in attesa di essere uccisi, ci sono pesci diversi, provenienti per lo più dagli allevamenti, mentre lo sgombro e una vecchia sogliola, capo del gruppo, chiamata da tutti ‘Il Maestro‘, provengono entrambi dall’infinito oceano, emozionante ma anche ricco di pericoli. L’escamotage che quest’ultimo insegna al suo gruppo è fingersi morti ogni volta che qualcuno si avvicina all’acquario per scegliere quale pesce mangiare e…funziona, fino all’arrivo dello sgombro che con il suo carattere fumantino e determinato crea scompiglio, sfidando il Maestro e cercando in tutti i modi di raggiungere nuovamente l’oceano.

Vista la storia narrata e l’ambientazione, è inevitabile paragonare Padak a Nemo, e l’acquario ricorda la scena simile all’interno dello studio dentistico del film americano. Ma, senza dubbio, l’approccio del regista è molto diverso e non verte affatto sull’umorismo o su una sceneggiatura frizzante e a tratti divertenti, poichè Padak è un film drammatico a tratti inquietante, e questo aspetto si percepisce maggiormente poichè si tratta di un film d’animazione, dal quale ci si aspetta difficilmente che la denotazione drammatica prenda il sopravvento sulla simpatia e sulla comicità. Questo film coreano convince per la realizzazione dell’animazione, molto accurata e verosimile, e ha tutta l’aria di essere un invito esplicito ad eliminare il pesce dal proprio menù, con la rappresentazione dei pescatori come veri e propri assassini a sangue freddo e con la scelta registica di mostrare spesso la soggettiva del pesce vittima, mentre è servito a tavola a fettine ma con gli occhi e la bocca che sembrano ancora vedere e respirare. Un film leggermente cruento e forse troppo esplicito per la sua natura filmica, ma ben fatto dal punto di vista tecnico e grafico.