Knock Knock: il thriller psicologico di Eli Roth con Keanu Reeves

Dopo aver spaventato il mondo intero con The Green Inferno, l’omaggio al Cannibal Holocaust di Ruggero Deodato del 1980, il maestro dell’horror Eli Roth passa al thriller con Knock Knock, un film interpretato da Keanu Reeves, Lorenza Izzo, Ana de Armas, Aaron Burns e Colleen Camp. Evan Webber (Keanu Reeves) è un uomo che ha avuto tutto dalla vita: una splendida famiglia, un lavoro d’oro e una casa meravigliosa. Una notte, dopo aver aperto la porta a due giovani e avvenenti donne (Lorenza Izzo e Ana de Armas) e aver passato una notte di follie con loro, Evan rischia di perdere tutto, compreso la vita stessa; le due bellissime ragazze si riveleranno infatti due crudeli maniache disposte a tutto per trasformare la sua vita da sogno in un incubo a occhi aperti.

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Eli Roth, Keanu Reeves e Funny Games. Tre punti di forza che avrebbero potuto rendere Knock Knock il thriller dell’anno. Eppure così non è stato. Perché se il creatore di controverse saghe horror come Cabin Fever e Hostel se la cava egregiamente con gli splatter, non si può dire lo stesso dei thriller psicologici, che richiedono un tocco, un’arte e una sensibilità completamente diversi dal cinema gore. Non basta inserire due maniache in una situazione dalle sfumature thriller per creare suspense. La tensione, come insegna il capolavoro di Michael Haneke, si costruisce sulla follia di personaggi di cui è impossibile capire le azioni. Pazzia, vendetta, noia? Funny Games non dà spiegazioni ma si limita a catapultare lo spettatore in un crescendo di violenza psicologica destabilizzante. Aspetti solo sfiorati da Knock Knock, un “thriller” in cui tutto è già visto, già conosciuto, totalmente citofonato. La motivazione che spinge le divertenti villain della storia a torturare mariti infedeli è infatti simile a Denti, un horror ben più sostanzioso e intelligente di questo fiacco film; un thriller che, pur saccheggiando qui e lì il cinema di grandi maestri come De Palma e il già citato Haneke, rimane caratterizzato da notevoli buchi di sceneggiatura, interpretazioni deboli e un’ironia poco efficace. Il risultato è così più una commedia sensuale che un horror; un campanello d’allarme che dovrebbe far capire a Roth che il suo cinema di riferimento resta solo e soltanto quello shock.

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