Fury, la recensione del dramma bellico con Brad Pitt

Il 2 giugno la Lucky Red distribuirà in tutti i cinema italiani il dramma bellico Fury. Scritto e diretto da David Ayer ed interpretato da Brad Pitt, Shia LaBeouf, Logan Lerman, Michael Pena e Jon Bernthal Fury è un’intensa opera che offre uno sguardo lucido e disincantato sugli orrori della seconda guerra mondiale.

Trama Fury

Nell’aprile del 1945 mentre gli alleati sferrano l’attacco decisivo in Europa l’agguerrito sergente Wardaddy (Brad Pitt) comanda un carro armato ed il suo equipaggio di cinque uomini in una missione mortale dietro le linee nemiche. Ma al di là degli orrori della guerra Wardaddy deve anche addestrare l’ultimo arrivato del gruppo, Norman (Logan Lerman), un giovane ragazzo che ha difficoltà ad integrarsi nella terribile realtà in cui è capitolato. I cinque si troveranno alle prese con una missione tanto tragica quanto pericolosa che li porterà a sferrare un attacco finale nel cuore della Germania nazista.

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Recensione Fury

A distanza di sei anni da Bastardi senza gloria Brad Pitt torna a recitare in un war-movie in Fury, un film che regala un’immagine tanto veritiera della guerra quanto lontana dallo spirito patriottico dei film a stelle e strisce sull’argomento. Se opere come Pearl Harbor o Salvate il soldato Ryan offrono una versione a tratti romanzata (e di parte) della storia, Fury mostra un’immagine più onesta e non sempre idilliaca dei soldati americani, spesso irrispettosi e violenti anche nei confronti dei civili tedeschi che nulla avevano a che fare con il conflitto bellico. L’aspetto crudo e realistico funziona perché Fury non risparmia lo spettatore da immagini raccapriccianti che mostrano soldati, spesso giovanissimi, alle prese con situazioni al di là di ogni comprensione umana come pulire il carro armato da frattaglie e resti dei nemici/alleati e schiacciare esseri umani come mosche. Routine a cui si deve abituare Norman, un giovane ed innocente soldato imbeccato ed allo stesso tempo accudito dal sergente Wardaddy, un padre/padrone che nel suo cinismo e nella sua durezza rimane indubbiamente un personaggio positivo. Come sono fondamentalmente positivi tutti gli altri personaggi di Fury, anche quelli più odiosi, che risultano toccanti nella loro aggressiva voglia di sopravvivere.

Ed è proprio lo spirito di sopravvivenza unito a scene di azione spettacolari il punto di forza di Fury, un film che funziona meglio nelle parti action che in quelle riflessive, spesso caratterizzate da tempi lenti e da qualche non indifferente buco di sceneggiatura. Se la prima parte del film infatti scorre veloce, la seconda rallenta drasticamente rendendo Fury un film purtroppo a tratti incompleto. Ed è un peccato perché molti aspetti di questo intenso film di Ayer funzionano bene come i bravissimi Brad Pitt e Logan Lerman e la fotografia di Roman Vasyanov, che incornicia alla perfezione la desolazione scaturita dalla seconda guerra mondiale. Ma a mancare di consistenza nel film di Ayer è lo sviluppo dei personaggi e l’assenza di un senso finale dell’opera; aspetti che rendono Fury un film tanto elegante quanto incompleto che con un pizzico di attenzione in più sarebbe potuto essere uno dei migliori film di guerra degli ultimi anni.

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