Il Campione, le ombre dei controversi ingranaggi del successo e del divismo applicati allo sport

il campione

Come ogni campione di calcio che si “rispetti”, Christian Ferro (un ottimo Andrea Carpenzano già visto e apprezzato ne La terra dell’abbastanza) è tanto bravo in campo quanto una testa calda fuori. La sua giovane età, la mancanza di figure di riferimento solide (morta la madre e troppo poco adulto e presente il padre), la provenienza da un quartiere periferico insieme al veloce e insperato successo, hanno fatto del ragazzo un giovane talento pieno di sé e incapace di confrontarsi con la propria umiltà, affrontare con determinazione i lati più deboli della propria esistenza (come ad esempio il non sapersi controllare e le difficoltà di apprendimento e scolastiche). Sempre in prima pagina per le sue bravate, Christian è infatti un talento sregolato che necessita, per andare avanti, di cambiare il suo modo di porsi e affrontare la vita.

il campione stefano accorsi

Il presidente della AS Roma calcio (Massimo Popolizio) decide così di affiancargli l’ennesimo tutor che possa raddrizzare un po’ la via del ragazzo e farlo arrivare a una necessaria (reale quanto formale) maturità scientifica. Dopo una selezione scrupolosa e certosina, verrà selezionato per l’arduo compito il mite quanto determinato professore Valerio Fioretti (uno Stefano Accorsi in una parte che pare cucita addosso a lui), ritiratosi alla vita delle ripetizioni private a causa di un doloroso passato ancora tutto da elaborare. Inaspettatamente, le vite dei due uomini entreranno in un contatto profondo capace di apportare riflessioni e mutamenti sensibili nelle vite di entrambi.

Due giovani cineasti italiani del momento (Matteo Rovere e Sidney Sibilia, già coppia vincente del progetto Smetto quando voglio) producono l’opera prima di Leonardo D’Agostini dal titolo Il Campione, storia di formazione e “redenzione” di un giovane talento del calcio costretto a “darsi una regolata” pur di sfruttare appieno il proprio potenziale. Non solo, perché Il Campione di D’Agostini, articolato sull’ottima sceneggiatura di Giulia Steigerwalt, isola il ragazzo/l’uomo che si nasconde dietro al pericoloso divismo dello sportivo, isola le peculiarità del protagonista Christian un passo prima di diventare il fenomeno che tutti cercano e a cui tutti (in un’assurda logica del condono legato, appunto, al divismo) abbonano comportamenti e atteggiamenti ben sopra le righe.

andrea carezzano il campione

Dinamiche umane sviscerate dunque in una storia che pone a confronto due esistenze diverse, sottolineando come in ogni vita a fare la differenza siano sempre il contatto con sé stessi e la consapevolezza del proprio percorso. Il vuoto di Christian si specchia infatti nel vuoto di Valerio, spronando entrambi a far pace con il proprio io. Perché, infine, Il Campione mette in luce come la storia di Christian (emblematica e assai rappresentativa di tutto un mondo legato allo sport e al divismo, ma non solo) indichi il vero male di un sistema che vive di una sovraesposizione esasperata, di un successo che si nutre di tutto un mondo di attenzioni e stratagemmi da seguire, ma che infine lascia da parte le esistenze, ignora il vero essere, ed è disinteressato a tutelare la vera persona che si cela dietro al divo.

Il Campione, le ombre dei controversi ingranaggi del successo e del divismo applicati allo sport
3.5 Punteggio
Pro
Protagonista, Sceneggiatura, Musiche
Riepilogo Recensione
Modulato su un registro che inserisce una vena ironica all’interno di una riflessione profonda e a tratti dolorosa sulla solitudine, sul sentirsi lasciati da soli, sul vuoto che ci può avvolgere anche quando si è sulla cresta dell’onda, Il campione si rivela storia di formazione - umana e sportiva - intelligente e sincera, divertente e mai banale. Una storia in fondo reale e realistica che si specchia nelle tante vite sregolate e in fondo sole di tanti campioni affogati nei soldi e nella bambagia, ma di fatto sempre a corto di persone con cui parlare e di cui potersi realmente fidare.
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

By Elena Pedoto

In me la passione per il cinema non è stata fulminea, ma è cresciuta nel tempo, diventando però da un certo punto in poi una compagna di viaggio a dir poco irrinunciabile. Harry ti presento Sally e Quattro matrimoni e un funerale sono da sempre i miei due capisaldi in fatto di cinema (lato commedia), anche se poi – crescendo e “maturando” – mi sono avvicinata sempre di più e con più convinzione al cinema d’autore cosiddetto di “nicchia”, tanto che oggi scalpito letteralmente nell’attesa di vedere ai Festival (toglietemi tutto ma non il mio Cannes) un nuovo film francese, russo, rumeno, iraniano, turco… Lo so, non sono proprio gusti adatti ad ogni palato, ma con il tempo (diciamo pure vecchiaia) si impara anche ad amare il fatto di poter essere una voce fuori dal coro...

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