Una recensione senza spoiler del nuovo Superman di James Gunn che segna una rinascita potente per il DCEU.
Pomposo ed epico come il personaggio richiede, ironico come tutto il cinema di Gunn, fresco nonostante i quasi vent’anni di una ripetitiva e costringente era dei cinecomic. Superman 2025 convince, pur solido nei suoi sbagli.
Nelle sale italiane dal 9 luglio grazie a Warner Bros. Italia, la nuova e attesissima versione di Superman firmata James Gunn, arriva finalmente sul Pianeta Terra. Scritto, diretto e co-prodotto da Gunn stesso, su un soggetto che ovviamente attinge dai personaggi dei fumetti DC, questo cinecomic si pone come obiettivo quello di segnare un nuovo punto di partenza.
Superman 2025 cerca infatti di riscrivere, con lo stile del suo creatore, una storia già vista ma senza troppi antefatti, creando dinamiche pseudo-nuove per quello che a conti fatti è l’apripista del ‘Gunn DC Universe’. Non un origin-story dunque, non l’ennesima genesi del supereroe più super di tutti, ma un racconto ispirato dai punti chiave della poetica d’origine e sedimentato perfettamente nel nostro quotidiano.
Cosa racconta il film
Il ritorno al cinema di uno dei supereroi più iconici della cultura pop, racconta sotto forma di reboot la figura di Clark Kent e del suo alter ego in calzamaglia. Fedele al suo stile narrativo fatto di epica, azione, umorismo e intensità emotiva, Gunn propone una versione del personaggio spinta dalla compassione e da una profonda fiducia nel genere umano.
Il Superman interpretato da David Corenswet, consapevole del proprio ruolo, si troverà a combattere contro i propri ideali in uno scenario che lo sezionerà emotivamente. Da un lato ci sono le sue radici kryptoniane dall’altro la sua fervida umanità.

Superman: più umano degli umani
Pronto a scalfire il giudizio critico quanto l’asfalto di Metropolis con la faccia, il Kal-El di David Corenswet sfreccia in aria tra nemici e dilemmi morali. Ricoperto di enormi aspettative, questo primo film della nuova era DC, si portava sulle spalle il peso di una responsabilità non certo indifferente.
Un po’ come il personaggio stesso fatica a risollevare la città da palazzi o mostroni che cadono, chi vi parla in questo momento pensava che Gunn non sarebbe riuscito a tingere di originalità il suo Uomo d’Acciaio. Tra le crepe di Metropolis invece, è pieno di spiragli luminosi e proprio grazie a questi mi sono piacevolmente ricreduto.
La punta di diamante dell’universo DC apre quello che si presenta come un rischioso programma decennale per rilanciare il marchio, creando un nuovo filone che contrasti quello del futuro mondo Marvel, fatto di X-Men e Fantastici 4.
Colmo di virtuosismi e dinamicità, che forgiano un ritmo energico e molto impattante, questo nuovo lungometraggio sull’iconico eroe in tuta blu e rossa è un ritratto compiaciuto e a tratti sensibile di un uomo nato alieno.
70% Superman, 20% Kal-El e 10% Clark Kent, l’essere che noi tutti conosciamo non ha di certo bisogno di presentarsi ma ci tiene a farlo, passando per quello che Gunn crede sia più efficace. Ecco dunque che, inciampando ogni tanto in forzature narrative, disegna un fervente quadro fatto di vorticosi movimenti di macchina ma soprattutto di intensità umanità.
Il profondo rapporto con i genitori adottivi, fondamentale per arrivare al punto, ci viene appena accennato ma grazie a brevi dialoghi e soprattutto una scena finale furba ma intelligente, esplode in un legame intuitivo. “I genitori ti danno gli strumenti per compiere azioni e scelte, per fare i tuoi sbagli lungo il cammino. Non ti dicono come devi comportarti.”

Il nuovo Guardiano della Galassia
Non è un segreto, né tantomeno così negabile, la somiglianza di questo film con i Marvel firmati da Gunn. Come aveva fatto con The Suicide Squad (sempre mamma DC Comics), anche qui la sua cifra tinge quasi ogni minuti dei 130 complessivi. Non è un discorso di narrativa, si tratta più di pura e semplice struttura, sia estetica che stilistica.
A molti potrebbe dar fastidio se adattata a un personaggio come Superman, ma personalmente trovo sia stata plasmata in modo brillante. Dove i colori, le musiche vintage e la sprezzante ironia erano marchio di fabbrica dei Guardiani della Galassia, qui giocano in parallelo a un tono più serioso. Lontanissimo dalla cupezza di Zack Snyder (per fortuna), Gunn sfuma l’universo di Superman quanto basta, per renderlo un prodotto compatto e rilevante.
La Guerra di Gaza formato cinecomic
In un panorama mondiale in cui quasi solo i grandi autori fanno riflettere sul serio, è ammirevole notare chi realizza un prodotto, creato principalmente per le masse che chiedono solo una serata di stacco con popcorn e cola cola, che inserisce con astuzia tematiche urgenti. Si respira epica e intrattenimento, ma anche tanta predominanza attuale.
Gunn inietta in maniera intelligente e mai forzata un chiaro segnale di allarme verso le realtà che vivono nell’oppressione per via della prepotenza e il fanatismo. L’orrore della guerra è evidente, non serve leggere tra le righe.
Si parla di dominio di terre, supremazia bellica, liberazione di popoli e altre questioni profondamente attuali. Al di là di questo però, che preme insistente e finisce per essere l’elemento più interessante di Superman, vive e si alimenta una costante voglia di divertire.

Tra Cugini di Campagna e scimmie-bot
In mezzo a importanti tematiche, parliamo pur sempre di un tipo di cinema nato per il semplice intrattenimento e questo Gunn non lo dimentica mai. Ecco infatti che entrano in scena i Cugini di Campagna della DC (ufficialmente chiamati Justice Gang). Un team di supereroi macchiettisti e alquanto ridicoli che protegge Metropolis, o almeno prova a farlo.
Hawkgirl, Green Lantern e Mr. Terrific, gli ultimi due molto più presenti della prima, fanno squadra con il nostro protagonista per difendere una città che ci viene mostrata purtroppo quasi solo dall’alto. Non si respira molto il clima urbano, la risonanza è soprattutto sui grattacieli, location in cui si svolge l’azione.
Tornando però alle influenze realistiche, ne emerge una pienamente considerevole: quella dei social. Un potere enorme e insensato che oggi ti acclama come eroe e domani ti annienta come nullità fallimentare. Una costante pressione che schiaccia anche Superman per tutto il film. Critiche diffamatorie mosse dalle fake news che manipolano le mente della massa e costringono i giovani verso scenari inumani.
Ragazzini che annientano vite, o cercano di farlo, con la leggerezza di una partita ai videogiochi, schermati da un’apparente e preoccupante distacco tra la realtà e la finzione. Mosse impartite da un capo aziendale che gioca a battaglia navale con la morte. Oltre al chiaro intento politico, tra universi-tasca e vendita di armi a paesi ostili, c’è quello sociale, pronto a impreziosire un prodotto d’intrattenimento di quel tanto che si spera basti ad aprire qualche mente.
Intriso di una CGI performante, tranne quando in scena c’è un certo bebè verde alieno, Superman 2025 sceglie di regalare morali ficcanti nascoste anche dietro apparenti idiozie, come il caso delle flotte di scimmie-bot chiamate a creare hashtag discriminatori ma pronte, in realtà, a veicolare la problematica sociale ogni giorno più pressante.
La line-up del DCU è decisa dunque ad aprire uno squarcio nell’attuale situazione cinematografica, iniziando con questo Capitolo 1: Dei e Mostri e protraendosi avanti nel tempo, forse più del dovuto.
I co-presidenti dei DC Studios, James Gunn e Peter Safran, sembrano convinti di ciò che fanno e al momento possiamo dire che, per quanto visto, questo primo tassello riesce a fondere anima e divertimento e, seppur con qualche forzatura qua e là, finalizza un risultato promettente.