Presentato al Giffoni Film Festival da un inarrestabile Lillo Petrolo, Tutta colpa del rock approda al cinema il 28 agosto e vede per la prima volta sullo schermo il giovane cantautore Naska.
Ad anticipare l’uscita in sala ufficiale di Tutta colpa del rock, due anteprime (il 9 e il 10 agosto) daranno modo al pubblico di divertirsi e cantare insieme ai protagonisti. Leader della band e dell’eccentrico gruppo, Lillo Petrolo torna sul grande schermo e dà, come al suo solito, un vero e proprio show. Al suo fianco troviamo Maurizio Lastrico, Elio, Carolina Crescentini, Valerio Aprea e un inedito Naska.
Ma andiamo a scoprire cosa ci hanno raccontato durante la conferenza stampa al 55esimo Giffoni Film Festival, dove hanno incontrato i ragazzi delle Giurie e regalato loro un’esibizione memorabile.
Tutta colpa del rock raccontato in conferenza stampa a Giffoni
Il primo a prendere parola è il regista del film, Andrea Jublin, che spiega come “il carcere ha un’importanza fondamentale. A noi serviva un luogo costrittivo per raccontare le relazioni umane. Il film vuole raccontare infatti la bellezza delle relazioni affettive, come quella di un padre con la propria figlia. Ci siamo domandati se le relazioni umane possano salvare e la risposta è sì. Puoi essere nel peggior posto del mondo, ma se ami qualcuno sei salvo”.
Il microfono passa poi nelle mani degli interpreti, a cui spetta il compito di introdurre i rispettivi personaggi. “Bruno è un egoista ma positivo – precisa Lillo – ha un sogno troppo grande che gli fa scordare cose importanti come la figlia, la famiglia. Secondo me ciò può accadere anche nella realtà”.
“Quando ti accorgi che il sogno può aspettare, torni a essere quello che dovresti essere” ha detto Lillo Petrolo. “Bruno ha una ferita simile alla nostra – si aggancia il regista – ma questa fragilità lo rende simpatico. Il suo è un egoismo molto vicino a noi, perciò capisci la sua crepa e gli vuoi bene”.
Conclude il giro introduttivo Naska, occhiali da sole e tatuaggi a vista: “Il mio personaggio è stato prima salvato dalla musica, poi l’industria musicale lo blocca e lo fa finire in carcere. Per me fare musica è stato un sogno che ho inseguito e che mi ha portato fino a qui a parlare del mio primo film”.
In carcere la vita è diversa ma è importante trovare uno scopo
Dai sogni alla condizione carceraria, tirata in ballo dalla storia del film. In Tutti colpa del rock, Lillo mette su una band con dei compagni di detenzione, dopo averne combinata una delle sue e dover scontare una pena. “Ho parlato a lungo con dei detenuti – racconta Jublin – moltissimi mi hanno detto che i laboratori e tutto quello che favorisce le relazioni aiutano molto.”
Lo stesso Lillo ha portato nelle carceri numerosi spettacoli e ha avuto modo di “confrontarsi e percepire la fragilità. Io non credo nel carcere punitivo, ma dovrebbe essere un tentativo di far tornare in società qualcuno che ha sbagliato. Dal punto di vista umano, esibirmi e parlare con i detenuti dopo gli spettacoli, è stata un’esperienza forte che mi porto ancora dentro”.
Il potere della musica che salva la vita
Il discorso passa poi su uno dei temi fondamentali di Tutta colpa del rock: la musica. Non a caso a Giffoni si è svolta anche una divertente esibizione musicale sul palco della Sala Truffaut, che ha visto protagonisti Lillo e Naska.
“Quando ho avuto il Covid sono stato molto male – ricorda Lillo – un mese ricoverato e tre giorni di terapia intensiva. Per ore al giorno ascoltavo rock e ho iniziato a migliorare. Ho pensato che la musica mi avesse aiutato ed è così. L’energia smuove gli anticorpi, li fa reagire, non è solo una cosa mentale. La musica è la cosa più umana del mondo e ha a che fare con le manifestazioni umane. Per questo a volte sentiamo l’esigenza di sentire un certo tipo di musica, a volte un altro.
A 16 anni avevo una band supermetallara e indossavo un gilet di pecore (che pensavo fosse molto rock). Poi al primo concerto in palestra hanno minacciato di ucciderci e così abbiamo smesso. Ho ripreso con Greg, ma tuttora scopro cose nuove, anche perché è impossibile definire un genere come il rock”.
“Anche io ho sempre avuto la passione per la musica – interviene Naska – ma quando gli amici ascoltavano quello che andava di moda, io tornavo a casa e mio padre tirava fuori qualche suo vinile, come per esempio Lou Reed”. “Mi sono sempre ribellato al gusto generale” ha aggiunto Naska.
Tra fallimenti e umanità
Le ultime battute riguardano il fallimento, dato che il regista ha descritto Tutta colpa del rock come “un film che parla solo di perdenti”. In realtà, dietro c’è ben altro e ci prova Lillo a spiegarlo.
“Se uno vivesse il fallimento come dovrebbe, non ci sarebbe nessuna colpa, anzi da lì si impara. Tutti falliamo, chi vive bene con se stesso e con gli altri vuol dire che prende il lato positivo del fallimento per capire qualcosa”.
Mentre sul tema dell’edizione numero 55 del Giffoni Film Festival – Being Human (essere umani) – Lillo sottolinea l’importanza dell’ascolto e del “pensarci tutti uguali. Dovremmo sempre chiederci cosa faremmo al posto degli altri, è una domanda semplice ma fondamentale, che non tutti si fanno”.
Essere umani vuol dire ricordarsi che non esistiamo solo noi. – Naska