La diseducazione di Cameron Post, la recensione del film

Sul vocabolario il termine “diseducazione” intende cattiva educazione, educazione fallita. A partire dalla composizione del titolo del film La diseducazione di Cameron Post diretto dalla regista iraniana Desiree Akhasan, si è voluto dare uno scossone. Partendo dal presupposto che una parola come diseducazione viene spesso scambiata erroneamente con maleducazione, in questo film tratto dall’omonimo romanzo di Emily M. Danforthdel 2012, il pubblico deve fare i conti con un profondo senso di rabbia misto a vergogna, per le modalità con le quali alcuni educatori improvvisati intendono “guarire” dei ragazzi che non corrispondono al loro ideale. La missione di questi imbonitori è quella di far tornare questi ragazzi nell’amore di Dio, cercando di purificare la loro mente e il loro cuore dalle continue tentazioni di Satana.

La diseducazione di Cameron Post è ambientato nel 1993, con una sedicenne di nome Cameron Post, orfana di entrambi i genitori, che viene affidata alla zia non particolarmente larga di vedute. A distruggere la sua vita ci pensa la storia con una sua compagna di scuola, con la quale inizia a provare il primo batticuore. Durante la sera del tradizionale ballo di fine anno, le due ragazze vivono un momento di intimità, come accade a molti coetanei della loro età. Questo attimo di debolezza sancisce l’inizio di quello che che sarà un vero inferno per Cameron. Spedita lontano da casa, immersa nei boschi del campo di rieducazione God’s Promise, viene sottoposta a riunioni di gruppo durante le quali, a turno, tutti i partecipanti devono ammettere le proprie colpe, provare dei sentimenti e attrazione per persone del loro stesso sesso. Questi ragazzi considerati “malati” agiscono come fossero ipnotizzati, plagiati e comandati da un credo del tutto distorto, che li porta ad odiare la loro vera natura. La tensione emotiva e lo stress sono talmente evidenti da poterli tagliare con una lama. Le vittime di questa terapia al massacro, a seconda dei caratteri di appartenenza porta i “discepoli” del campo, ad avere diversi tipi di reazioni, che vanno dalla ribellione all’autolesionismo.

La scena in cucina dove Cameron canta la canzone What’s up

Fortunatamente, in un mondo dove vuole schiacciare e snaturare questi ragazzi, nel periodo della vita più delicato, Cameron Post (Chloë Grace Moretz), si unisce a due suoi colleghi di sventura: Jane Fonda (Sasha Lane) e Adam Red Eagle (Forrest Goodluck). Grazie alla loro voglia di non chinare la testa, dimostrano anche in situazioni di difficoltà come queste, l’unione fa la forza. Tra le sequenze più coinvolgente c’è il momento in cui stanno in cucina a pelare le patate. Per la prima volta, da quando i ragazzi hanno intrapreso questa percorso di terapia di conversione, si comportano come dei normali adolescenti. La ribellione miscelata alla voglia di cantare a squarciagola, vede Cameron diventare lacantante del gruppo cult anni ’90, i 4 no Blondies  intonando What’s up. Rileggendo il testo di questa canzone, alcune strofe sono particolarmente azzeccate allo stato d’animo che lei è i suoi amici stanno vivendo.

Un noto proverbio dice “chi lascia la strada vecchia per la nuova, sa quello che lascia, ma non sa quello che trova!” è proprio questa la spinta di cui hanno bisogno questi ragazzi. Quando l’incognita è più allettante di una realtà che divora le anime, i tre iniziano a studiare un piano di evasione da quella specie di carcere, guidato da una pazza dottoressa Lydia Marshall (Jennifer Ehle) e da Rick Marsh (John Gallagher Jr.) un ex deviato, mostrato come un trofeo perché guarito, grazie al loro operato. Essere se stessi, sempre e comunque, anche quando il mondo intero gli volta le spalle è la loro unica ragione di vita e faranno di tutto per renderla realtà.