RFF13: Il vizio della speranza, conferenza stampa

Un film giustamente etichettato come “femminile” . Il nuovo film di Edoardo De Angelis è dedicato alle donne, alla forza che hanno quando tutto ciò che le circonda, sembra schiacciarle al pavimento e lasciarle morire, senza avere la possibilità di reagire. Il vizio della speranza oltre ad essere il titolo della sua pellicola, è anche un modo efficace per descrivere il vizio, il pensiero fisso che la protagonista Maria mostra nei 97 minuti. Presenti alla conferenza stampa il regista Edoardo De Angelis, con i produttori Pierpaolo Verga, Attilio De Razza e il distributore Giampaolo Letta, lo sceneggiatore Umberto Contarello, il compositore Enzo Avitabile e il cast composto da Pina Turco, Cristina Donadio,  Marina Confalone, Massimiliano Rossi.

Come è nata l’idea del film?

Edoardo De Angelis: Il centro del film è uno: vince chi resiste all’inverno, chi decide di fare qualcosa per cambiare il proprio destino. Chi si ribella all’imperativo “servire” e decide di usare la parola “agire” per uscirne fuori.

Solitamente quando fai i tuoi film, sembra che racconti sempre la solita realtà dura e feroce. In questo caso però c’e qualcosa in più, ci sono diversi registri innovativi come tenerezza, dolcezza. Come fai a mostrare sempre qualcosa di diverso?

Edoardo De Angelis: La tentazione di rifare qualcosa che mi è venuta bene, è tanta. Ma avere nella propria vita, una moglie e un produttore folli, non mi consente di andare verso la comodità. Mi spingono sempre a sperimentare, a battere nuove strade. Questo è doveroso per chi racconta storie, usando nuove forme di linguaggio.

Come è stato lavorare con un regista come Edoardo De Angelis?

Enzo Avitabile: Lavorare con un regista come Edoardo è stato molto facile, perché con lui è un piacere collaborare. Gli elementi di cui abbiamo tenuto conto nella composizione delle musiche e delle canzoni sono tre. Il primo è il modo di dire “I‘ ccà ce sent”, creando composizioni adatte al momento raccontato. Il secondo è la musica come esigenza dell’anima, senza aver alcun tipo di limitazioni. Il terzo è stato avere dei temi senza un vestito fisso, lasciare che la musica fosse un elemento di racconto durante il film, nei momenti di silenzio, rispondendo alle frasi “I’ song” e “I‘ sacce”.

Il vizio della speranza è uno dei vizi più belli che si possa avere. Inizialmente non è una cosa che appartiene a Maria, ma tutto cambia quando c’e un motivo per il quale combattere, per la quale sperare in un futuro migliore. Come ti sei rapportata a questo personaggio e tu, in prima persona, sei una persona che spera?

Pina Turco: La speranza ha dentro di se il seme della fiducia, della fede, serve per scrivere il proprio destino. La nascita di un bambino è la cosa più bella che possa accadere nella vita di un essere umano, sopratutto quando si è una donna. Per quanto riguarda la speranza e la mia persona, posso dire che quando ho accettato di fare questo film, mio marito non era convinto fossi pronta per interpretare un ruolo così complesso, per questo motivo dimostrargli che invece si stava sbagliando, è diventato il mio vizio della speranza.

Come hai fatto ad interpretare un personaggio così spietato?

Marina Confalone: Solitamente, sono abituata a lavorare sempre da sola. Ma ho capito che per poter interpretare nel migliore dei modi il ruolo spietato di Marì, era necessario l’aiuto di Edoardo. In particolar modo, sono stata molto a contatto con Pina, così da creare un rapporto più complice, in un set nel quale è stato bellissimo lavorare, in totale armonia.

Come è stato scrivere la sceneggiatura di un film totalmente al femminile e solo con tre uomini?

Umberto Contarello: Edoardo ha fatto una cosa molto difficile. Volevamo fare un film lirico ma immerso in un mondo nemico della lirica. Il film è nato da un’idea esplicitamente cristiana. Vedendo il film, mi è sembrato lampante l’associazione con l’andamento di una parabola. Per poter parlare di attualità si deve attingere al mondo arcaico. In questo film, viene sfatato il concetto che i bambini si fanno solo in relazione al luogo nel quale si fanno.

Quando hai interpretato il ruolo di Chanel in Gomorra ti sei ispirata ad una donna boss della periferia di Napoli, invece per il ruolo di Alba, da chi hai tratto ispirazione?

Cristina Donadio: Alba, la mamma di Maria è una donna affetta da una catatonia esistenziale. Lei non si rende conto di quello che la figlia sta vivendo e patendo. Sostanzialmente è stato fatto un lavoro di sottrazione nel caratterizzare Alba.

Il personaggio di Carlo Pengue è molto interessante. Come ti sei rapportato a questo ruolo?

Massimiliano Rossi: Ogni volta che mi trovo a lavorare con Edoardo, i personaggi che mi vengono assegnati mi sembrano sempre sconosciuti. Sono concreti solo in forma di pensiero, ma restano comunque inarrivabili. Solitamente, a causa del mio aspetto, vengo preso per interpretare ruolo da cattivo, ma forse per la prima volta, mi trovo nel ruolo di un bravo uomo, esiliato ingiustamente. Carlo Pengue è un essere umano, forse l’unico del film. Uno degli aspetti più belli è il legame tra Carlo e Maria, presente all’inizio e alla fine del film.