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Prendendo in prestito il titolo da un’opera di Luigi Pirandello, potremmo riassumere il film di Drew Goddard, come “Sette personaggi in cerca di… pace!” Ambientato nel 1969, 7 sconosciuti a El Royale, titolo originale Bad Times at the El Royale, è il secondo lavoro cinematografico che ritrova Goddard non solo come sceneggiatore ma anche come regista, utilizzando in maniera intelligente 141 minuti. Il lavoro certosino del regista e del suo team nel rappresentare le dualità dei protagonisti e i loro diversi punti di vista in maniera convincente e in perfetta sintonia con il gruppo, ha richiesto un impegno non indifferente.

Questo film è ricco di tematiche, che vanno da quella religiosa allo sfruttamento delle ragazzine all’interno delle sette, fino a quello della duplicità dell’identità per la presenza di un lato oscuro presente in ognuno di noi. Proprio su quest’ultimo punto si focalizza tutta la narrazione: la dualità. Questo è un connotato che si percepisce in ogni momento del film a partire dalla decisione di porre il motel El Royale a cavallo tra due Stati, Nevada e California. Alla scelta di mostrare mano mano il lato oscuro di ogni personaggio, fino alla continua lotta tra bene e male, simboleggiata da una roulette e da una scelta cruciale: puntare sul colore Nero o Rosso, per aver salva la vita. Ma in mezzo a tutti questi esempi, l’elemento più importate, simbolo di dualità, di identità, di doppio è lo specchio.

Laramie Seymour Sullivan (Jon Hamm), Padre Flynn (Jeff Bridges) e Darlene Sweet (Cynthia Erivo)

Goddard, attraverso un riquadro posto su una parete di fronte le porte di ingresso delle camere, ci offre l’opportunità di spiare cosa combinano i diversi personaggi all’interno di quelle quattro mura. Come fosse un Grande Fratello anni ’60, lo spettatore posizionato all’interno dell’acquario, assiste indisturbato alla serie di eventi che si alternano in maniera imprevedibile e in alcuni casi, caratterizzati da un’inaudita violenza. Lo sguardo dei personaggi che a volte si sofferma sullo specchio, cattura l’attenzione dello spettatore, il quale cerca di scrutarne ogni pensiero, ogni movimento, con la speranza di capire cosa ci sia dietro il loro arrivo in quel motel da 8 dollari a camera. Ricordate, in 7 sconosciuti a El Royale, niente è come sembra. Quel motel, una volta refugium peccatorum di diversi esponenti della politica americana e di personaggi del mondo del cinema, come ad esempio Marilyn Monroe, mostrata in più foto appese alle pareti, ad un tratto si trasformerà letteralmente, in un girone dell’Inferno di Dante.

L’ambientazione del motel, il sopraggiungere di personaggi strani, inquietanti, la violenza, il sangue e il mistero sono tutti elementi che portano alla mente un grande classico come Shining di Stanley Kubrick. Sebbene, il collegamento al regista possa risultare “scontato” per certi versi, nel film ci sono altre influenze, ben più pregnanti e dichiarate da parte di Goddard, citando il lavoro di Tarantino e dei Fratelli Coen. Il pubblico farà bene ad abituarsi a continui flashback dei diversi personaggi, riproponendo alcuni movimenti in contesti differenti. America 1969. L’addio verso l’American Dream, l’uscita dalla guerra in Vietnam, l’uccisione di Kennedy, il caso dell’omicidio di Sharon Tate, moglie del regista Roman Polanski causato da Charles Manson e alcuni componenti della sua setta, sono solo alcuni dei tragici avvenimenti accaduti durante quel fatidico anno

Il motel El Royale è gestito da un giovane concierge Miles (Lewis Pullman), obbligato dai suoi capi, a dover provvedere  alla registrazione degli ospiti, all’accoglienza – ripetendo come una filastrocca la storia del motel – alla pulizia di “alcune” camere, fino a cercare di far rispettare le norme vigenti che contraddistinguono i due Stati. I primi ospiti ad arrivare sono Laramie Seymour Sullivan (Jon Hamm) il poliziotto sotto copertura, conosciuto venditore di aspirapolvere, la cantante Darlene Sweet (Cynthia Erivo) impegnata in una serata a Reno il giorno dopo, Padre Flynn (Jeff Bridges) un ” prete” malato e con seri problemi alla memoria, la bella e misteriosa Emily (Dakota Johnson) pronta a tutto per difendere la sorella minore Rosie (Cailee Spaeny) e poi il temuto leader di una setta Billy Lee (Chris Hemsworth) scombinerà tutti i loro piani. L’incontro scontro tra questi personaggi, genererà un’escalation di scene d’azione e di violenza, cadenzate da una scelta di canzoni ad hoc, come Can’t take my eyes off you di Frankie Valli and The 4 Seasons, The Supreme con il successo You can’t hurry love o il classico Unchained melody dei Righteous Brothers entrambe intonate dalla splendida voce di Darlene Sweet.

Il mio amore più grande?! Il cinema. Passione che ho voluto approfondire all’università, conseguendo la laurea magistrale in Scienze dello spettacolo e della produzione multimediale a Salerno. I miei registi preferiti: Stanley Kubrick, Quentin Tarantino e Mario Monicelli. I film di Ferzan Ozpetek e le serie tv turche sono il mio punto debole.

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Franca Valeri: parla la figlia adottiva: “amavamo lo stesso uomo” | Come è successo

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Franca Valeri e Stefania Bonfadelli - Fonte: Corriere.it - newscinema.it

Franca Valeri e Stefania Bonfadelli – Fonte: Corriere.it – newscinema.it

Le rivelazioni da parte di Stefania Bonfadelli, figlia adottiva di Franca Valeri: ecco le sue parole sul suo rapporto con la madre.

La figlia adottiva di Franca Valeri Stefania Bonfadelli ha rilasciato alcune dichiarazioni sulla vita privata e sentimentale di lei e della madre.

La cantante lirica e regista Stefania Bonfadelli ha voluto raccontare alcuni retroscena riguardanti la sua vita privata concentrandosi in particolar modo sul rapporto con la madre adottiva, ovvero la nota attrice, sceneggiatrice, drammaturga e regista teatrale scomparsa il 9 agosto del 2020.

Stefania Bonfadelli su Franca Valeri: “Con lei ho condiviso un uomo”

Tra i tanti argomenti toccati da Stefania Bonfadelli in merito al suo rapporto con Franca Valeri c’è quello riguardante la vita sentimentale delle due. Bonfadelli ha infatti dichiarato come abbia condiviso con la madre adottiva anche un uomo: si tratta per la precisione di Maurizio Rinaldi.

Rinaldi aveva avuto con Franca Valeri una relazione durata per ben quindici anni a partire dal 1963 fino ad arrivare al 1978. Maurizio viene descritto da Stefania come un uomo infedele e affascinante, con Franca che attraversò un momento di enorme difficoltà a causa del tumore al polmone affrontato dal suo compagno.

In seguito Stefania Bonfadelli ebbe però a sorpresa una relazione proprio con Maurizio Rinaldi. L’attrice ha parlato di come la madre adottiva fosse riuscita alla fine ad accettare con serenità la storia d’amore tra i due. Queste alcune delle sue parole: “Ci ha unite l’amore per la stessa persona. Aver amato in tempi diversi la stessa persona non sempre divide due donne, le può anche avvicinare. Non so perché è difficile da capire e apprezzare una situazione del genere“.

Stefania Bonfadelli sul rapporto con la madre adottiva

Franca Valeri - Fonte: Twitter - newscinema.it

Franca Valeri – Fonte: Twitter – newscinema.it

Stefania Bonfadelli si è ovviamente soffermata ampiamente anche sul suo rapporto generale con Franca Valeri. Le due si sono incontrate per la prima volta nel 1986 in occasione del Concorso Battistini organizzato proprio da Franca insieme a Maurizio Rinaldi.

Dopo diverse altre tournée insieme Franca Valeri ha poi deciso di adottare Stefania. Questo il racconto della diretta interessata: “A 88 anni Franca ebbe la polmonite. In ospedale mi chiesero se fossi una sua parente. Questa cosa la fece pensare. A quel punto mi disse che lei non aveva nessuno e che voleva che la accompagnassi nella vecchiaia. Così nel 2008 mi ha adottata anche se io e Franca non abbiamo mai vissuto insieme, abitavamo nello stesso palazzo ma su due piani diversi“.

In merito agli argomenti di discussione tra le due, Stefania Bonfadelli ha confidato come con la madre si ritrovasse molto spesso a parlare di musica, di cani e della dinastia dei Rori oltre che della guerra: “Non l’ho mai vista arrabbiata, ma quando fu ucciso Mussolini lei andò a piazzale Loreto. Mi disse di non aver provato pietà“.

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Festa del Cinema 2023 | Paola Cortellesi dà voce alle donne di ieri e di oggi “considerate nullità”

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RomaFF18 Paola Cortellesi

C’è ancora Domani al RomaFF18 – Newscinema.it

C’è Ancora Domani di Paola Cortellesi ha aperto la 18° edizione della Festa del Cinema di Roma portandoci indietro all’Italia degli anni ’40. Abbiamo seguito la conferenza stampa ed ecco cosa ci hanno raccontato i protagonisti.

Scritto da Furio Andreotti, Giulia Calenda e dalla stessa Paola Cortellesi, C’è ancora Domani è il film di apertura della Festa del Cinema di Roma 2023 che racconta una storia ambientata nella seconda metà degli anni ’40 a Roma puntando l’attenzione sulla condizione delle donne dell’epoca.

Girato in bianco e nero questo film alterna commedia e dramma per “raccontare la vita di quelle donne che nessuno ha mai celebrato” come ha detto Cortellesi in conferenza stampa, aggiungendo: “Avevo in testa l’immagine di uno schiaffone sulla faccia con cui questa donna che interpreto si sveglia e vive come una Cenerentola che fa le cose senza rendersene conto”.  

Delia è una donna che ricorda molte donne di quegli anni, quelle “nonne che mi hanno raccontato alcune storie che si consumavano nel cortile, donne che hanno creato il tessuto sociale del nostro paese, considerate sempre nullità. Donne che nessuno celebra, tra loro c’era una certa inconsapevolezza e non ci si rendeva conto della discriminazione e violenza che subivano. Non si ponevano domande perchè gli era stato insegnato che loro non contavano niente.

Paola Cortellesi: “L’insegnamento di mia nonna”

Mia nonna era una donna eccezionale, non erudita, ma mi dava molti consigli chiudendo sempre dicendo: “però che ne capisco io?”. “Attingendo dai racconti personali, abbiamo scritto C’è Ancora Domani e ovviamente anche grazie alla consulenza di Teresa Bertinotti per definire bene il contesto storico preciso della storia” ha sottolineato Paola Cortellesi che in questa occasione troviamo dietro e davanti la macchina da presa.

Paola ci ha dato questa immagine dello schiaffone di mattina come il buongiorno di quest’uomo e da lì siamo partiti per raccontare quelle donne” ha detto Furio Andreotti, ricordando che in fondo questo film pur parlando del passato risulta estremamente attuale. “Guardando al passato si parla anche delle donne di oggi, del presente. Il tono comico e divertente da commedia per noi è necessario soprattutto per raccontare un tema importante a cui teniamo per portare il pubblico dove vogliamo”.

Paola Cortellesi in C’è ancora domani – Newscinema.it (Foto: Claudio Iannone)

“Come se niente fosse”

Nonostante il film fosse molto realistico non volevo troppo realismo nella violenza, non mi piaceva perchè in un momento delicato e violento volevo scavalcare una sorta di voyeurismo e raccontarlo come un rituale che Delia si racconta in questo modo. La realtà c’è, ma nella sua testa va anche via perchè lei se lo lascia alle spalle e inizia la sua giornata come niente fosse, il che, secondo me, è la cosa più violenta e più grave…il ‘come se niente fosse’” ha fatto notare Cortellesi che, soffermandosi sul fulcro della sceneggiatura, ovvero la violenza sulle donne, ha condiviso un suo pensiero tra ieri e oggi.

“La dinamica è sempre la stessa: svilire una persona, isolarla etc…succede oggi e abitualmente in quelle case dell’epoca. La dinamica resiste anche se sono state fatte leggi, ma nella realtà il divario c’è ancora. Abbiamo voluto parlare di quanto queste cose che sembrano così lontane hanno fortissime radici nella vita contemporanee di molte, anche nella percezione che hanno queste donne di se stesse”. E, parlando della sua esperienza personale ha rivelato: “Una volta ho sentito un commento su un mio contratto del tipo ‘beh non male per essere una donna’, e non l’ho mai più voluto sentire ma è un dato di fatto. Ho avuto grandi opportunità nel mio mestiere e tutti dovrebbero avere lo stesso trattamento economico“.

c'è ancora domani Paola cortellesi

C’è Ancora Domani – Newscinema.it (Foto: Claudio Iannone)

“Gli uomini non sono cambiati, ma le donne sì”

In conferenza stampa Valerio Mastandrea chiamato in causa ha detto la sua sulla questione: “Da questo film si possono tirare fuori molte opinioni e convinzioni. Credo che l’unica differenza da ieri a oggi le donne oggi hanno più coraggio di ribellarsi, ma non è cambiato quello che trovano fuori. Le leggi non bastano, ci vuole un lavoro culturale, ci vorranno tanti anni, ma la donna è diversa. Negli anni 20-30 c’erano già donne ribelli che uscivano dagli schemi, anche a seconda delle varie regioni d’Italia, ma nell’uomo non c’è differenza tra ieri e oggi. Le generazioni che Paola ha raccontato le ha raccontate per capire di quanti alibi ha bisogno un uomo. Bisogna raccontare un uomo anche più debole, ma non perdente, così non si mette una maschera per fare quello che fa”.

Vinicio Marchioni che interpreta nel film un uomo buono e amante delle donne ha detto: “Paola mi ha spiegato subito la funzione del mio personaggio e sono stato molto contento di fare questo Nino innamoratissimo di lei. L’ho affrontato con leggerezza perchè penso che lui sia uno di quegli uomini che amano le donne di cui non si parla mai. Lui dona tenerezza e grazia in quel periodo storico a una donna come quella di Paola e per me il ruolo è stato bellissimo. Una specie di McGuffin meraviglioso”.

Emanuela Fanelli nei panni della migliore amica di Delia e spalla della Cortellesi nel film ha concluso: “Il ruolo di Marisa è l’amica del cuore di Delia, i momenti con lei sono di leggerezza con una persona che la guarda con amore che non è frequente per lei. La resistenza risaliva solo tre anni prima e le donne allora si sono viste altro dalle madri e mogli. Tutto era giovane e stava iniziando, ci si guardava in modo diverso. Il personaggio di mio marito appartiene a un ceto sociale basso, ma è un uomo splendido. Mia nonna era molto simile a Marisa, quindi ho preso ispirazione da lei”.

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Festa del Cinema di Roma 2023: i film che ci faranno sicuramente piangere

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Una scena dal film Past Lives (fonte: IMDB)

Una scena dal film Past Lives (Fonte: IMDB) – Newscinema.it

La Festa del Cinema di Roma 2023, quest’anno dedicata a Giuliano Montaldo, compie 18 anni. Tanti i film che saranno presentati in anteprima nazionale. Scopriamo quelli da cui siamo certi che usciremo in lacrime.

Anche la Festa del Cinema di Roma, quest’anno, deve fare i conti con lo sciopero degli attori americani. L’assenza di grandi nomi sul red carpet, però, sarà compensata da un ricco programma di anteprima. Ecco quali sono i cinque film che, secondo noi, ci faranno commuovere e ci strazieranno il cuore.

The Boy and the Heron

Il primo del maestro Miyazaki dai tempi di Si alza il vento – che uscì nel 2013, dieci anni fa – è ambientato in Giappone durante la Seconda guerra mondiale e per alcuni aspetti è forse il suo film più autobiografico. Protagonista è un ragazzo di nome Mahito, orfano della madre dopo un devastante incendio.

Il padre di Mahito si risposa con la sorella della moglie, Natsuko, e si trasferisce con la famiglia in una casa in campagna. Lì Mahito scopre una torre misteriosa e incontra un airone parlante secondo cui sua madre sarebbe viva e prigioniera nella torre. Quando Natsuko entra nella torre senza più uscirne, il ragazzo decide di seguirla per salvarla e si ritrova in un mondo fantastico.

Una scena di The Boy and the Heron (fonte: IMDB)

Una scena di The Boy and the Heron (Fonte: Lucky Red) – Newscinema.it

Past Lives

Chi lo ha visto in anteprima a Berlino, lo definisce come uno dei film più commoventi e toccanti di questo 2023. Due amici di infanzia si perdono e si ritrovano. Seguiamo l’evolversi della loro relazione in tre archi temporali, in cui i due si sfiorano continuamente senza mai aver modo di esprimere pienamente quel sentimento che li ha tenuti insieme, nonostante la distanza e le separazioni, in tutti questi anni. Ispirandosi al fatalismo amoroso dello “in-yuan”, proprio della tradizione coreana legata alla reincarnazione, quello di Celine Song è un film di grande potenza che dice molto dell’amore inespresso e incompiuto.

Je’vida

Je’vida promette di essere un affascinante e toccante viaggio nel passato, un film in bianco e nero e in formato 4:3 che trascina lo spettatore in un mondo di memorie dolorose e identità perdute. Storia di resilienza e di indissolubili legami ancestrale che è quella di Iida (Sanna-Kaisa Palo: una donna che ha abbandonato la sua comunità e la sua famiglia. La regista Katja Gauriloff (di origine finnico-Skolt) esplora la distruzione delle civiltà indigene a causa di un’assimilazione forzata alle culture e politiche dominanti.

Alba Rohrwacher e Filippo Timi in Mi fanno male i capelli (fonte: IMDB)

Alba Rohrwacher e Filippo Timi in Mi fanno male i capelli (fonte: IMDB)

Mi fanno male i capelli

Il film diretto da Roberta Torre racconta la storia di una donna di nome Monica (Alba Rohrwacher), che perde la memoria e che ritrova un senso nella sua vita solamente identificandosi nei personaggi interpretati da Monica Vitti. Accanto a lei c’è Edoardo (Filippo Timi), l’uomo che l’ama così immensamente da prestarsi a questo “gioco” nella speranza che questa sua immedesimazione la possa effettivamente salvare. Il titolo del film è una citazione della famosa frase pronunciata da Vitti in Deserto Rosso (1964) di Michelangelo Antonioni.

Mur

L’esordio alla regia di Kasia Smutniak è un documentario girato nel suo Paese natale: la Polonia. Un diario intimo ma anche un atto di accusa, un viaggio difficile che inevitabilmente finisce per infrangersi contro muri vecchi e nuovi: da quello del ghetto ebraico, di fronte al quale Smutniak è cresciuta, a quello costruito dal governo polacco sul confine con la Bielorussia per non permettere ai migranti provenienti dalla Siria di raggiungere il Paese.

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