Venezia 76: Seberg, un dramma umano e sociale con Kristen Stewart

Sul finire degli anni ‘60 Jean Seberg (un’ottima Kristen Stewart) è una giovane attrice americana sulla cresta dell’onda che vive a Parigi e ha un figlio con il marito e scrittore Romain Gary. In occasione di un importante provino caldeggiatole dal suo agente la Seberg lascerà Parigi alla volta della “sua” America. Ma sul volo di andata, l’incontro con il ragazzo di colore nonché attivista per i diritti civili e cugino di Malcom X Hakim Jamal (Anthony Mackie), cambierà in maniera radicale le sorti di quella permanenza, e non solo. Incapace di resistere al suo istinto la Seberg s’infilerà infatti con grande slancio in una relazione extraconiugale con l’uomo, e inizierà (inoltre) a sovvenzionare (economicamente e spiritualmente) la causa delle Pantere Nere (Black Panther Party), al tempo un’attiva organizzazione rivoluzionaria afroamericana.

Movimenti molto incauti per una giovane attrice senza esperienza e in un periodo storico dove ogni azione sovversiva o di supporto alla lotta al razzismo veniva opportunamente, e a qualunque costo, sedata. L’operazione segreta (e illegale) dell’FBI dal nome COINTELPRO entrerà infatti a gamba tesa nella vita dell’attrice, determinando una sorta di persecuzione ai danni della stessa, e mettendo inoltre a repentaglio tutti gli equilibri della sua esistenza (e non solo). A seguire la sua storia da dietro l’occhio guardingo dell’FBI si ritroverà per caso coinvolto anche il giovane Jack Solomon (Jack O’Connell), giovane federale dalle grandi ambizioni, l’unico che vedrà e comprenderà in quell’operazione segreta tutte le ombre di una “neutralizzazione” illegale operata ai danni di un personaggio pubblico, ma soprattutto di un essere umano fragile e inerme.

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Kristen Stewart nel film Seberg

Presentato Fuori Concorso al Festival di Venezia 2019 e ispirato alla vera vita dell’attrice Jean Seberg (attrice di À bout de souffle – Fino all’ultimo respiro – e icona della Nouvelle Vague, morta a soli quaranta anni per un probabile suicidio e con modalità mai del tutto chiarite), Seberg di Benedict Andrews riesce a conciliare insieme molti aspetti cruciali (storici, politici e privati) della storia narrata, in un unico e complesso ritratto dell’America degli anni ’60  sprofondata nei conflitti sociali, negli scontri razziali, nel razzismo, e in una generale atmosfera di controllo collettivo. La parabola di Jean Seberg da giovane attrice spavalda e di belle speranze con la sensibilità giusta per voler fare la differenza alla donna indifesa e fragile messa in ginocchio da un sistema intollerante e oscurantista, incarna appieno tutte le contraddizioni di una società americana da sempre gioiosa e ferita, proattiva e ribelle, smarrita nel fuoco incrociato della propria conflittuale doppia anima, idealmente democratica e fondamentalmente classista e segregazionista. E nel parallelismo con la Giovanna d’Arco interpretata proprio dalla Seberg per Otto Preminger, l’attrice  diventa al tempo stesso capro espiatorio ed eroina di una società e di un intero sistema.

Andrews (lavorando su sceneggiatura di Joe Shrapnel e Anna Waterhouse) cuce addosso a una sorprendente Kristen Stewart, mai così intensa, un personaggio energico e multicromatico, attraversato da tante anime che poi riflettono proprio le anime di quell’America che la metterà sotto sorveglianza e poi, inesorabilmente, al tappeto. La parabola storica e biografica seguono e doppiano così la parabola intima ed emotiva della donna (che ha il suo apice in una bellissima scena in cui leggerà una sua lettera di “riflessioni sulla vicenda” in conferenza stampa), trascinando il film lungo un crinale narrativo sorprendentemente intimista che raccoglie la brutalità del periodo storico, i turbamenti, e ne riflette le ombre attraverso gli occhi sinceri, e sempre più smarriti di una donna di cuore e di talento che ha infine pagato a proprie spese la voglia di fare giustizia in un modo fondamentalmente ingiusto.