Serie tv
The Walking Dead, 10 motivi per guardare la serie tv AMC
Attenzione fan degli zombie: finalmente potete tutti tornare a respirare, anzi, tiriamo tutti insieme un sospiro di sollievo perché il giorno che aspettavamo è finalmente arrivato: The Walking Dead è tornato! Siamo tutti scossi dal finale di metà stagione, ma molti sono curiosi di vedere ciò che accadrà al nostro gruppo di sopravvissuti.
Alcuni di voi non vivranno in maniera così ansiosa il ritorno di The Walking Dead, ma dietro questa serie tv apocalittica, oltre al gruppo di persone che passa il tempo ad uccidere zombie, c’è molto di più. Se state pensando di guardare questa serie per la prima volta o avete solo bisogno di un promemoria sul perché siete fan, ecco un elenco di alcuni motivi per cui dovreste vedere The Walking Dead (ad eccezione dei più piccoli…)

Rick in The Walking Dead
1. L’evoluzione dei personaggi
Ci sono personaggi che si fanno odiare (Shane) e altri che si fanno amare (Hershel, Daryl). Alcuni personaggi si amano fin dall’inizio ma si finisce per odiarli, per il modo con cui la loro storia si evolve mentre altri si odiano fin dall’inizio, ma poi si finisce per pregare affichè non muoiano. Gli autori di The Walking Dead sanno davvero come creare una connessione tra il pubblico e i protagonisti della serie.
2. Nessuno è al sicuro
Scherzi a parte, nessuno è al sicuro. Non si può andare avanti in questa serie senza essere sorpresi per il destino crudele di qualche personaggio, anche tra i ruoli principali. Proprio come in una vera e propria apocalisse zombie, la sicurezza non è garantita per nessuno e l’imprevisto è sempre dietro l’angolo.
3. Trame aperte
Questo è merito solo di una buona scrittura, ma siamo certi che la sorte di alcuni personaggi che lasceranno il gruppo la verremo a sapere solo due stagioni dopo. È una porta che resta sempre aperta. Si otterrà un barlume di speranza o una po’ di mistero, con la consapevolezza che non sarà possibile ottenere risposte o anche una semplice menzione su nulla per almeno un paio di episodi. Colpa di quegli scrittori subdoli con una capacità straordinaria nel costruire suspense.
4. Hershel
La voce della ragione nel gruppo, Hershel è solo un vecchio uomo amabile che non può fare a meno di amare. Lui è l’unico personaggio che riesce a dare speranza a tutta l’umanità.
5. Gli zombie non sono gli unici cattivi
Certo, è l’apocalisse zombie e questi “vaganti” tendono ad essere gli antagonisti alla fine della storia, ma spesso gli esseri umani sono più pericolosi e crudeli di qualsiasi tipo di zombie che si trova là fuori.
6. Personaggi del passato

Sasha in The Walking Dead
Non abbiamo ancora la storia completa, in particolar modo per quanto riguarda il passato di chi è diventato zombie. Sappiamo chi sono ora, ma non sappiamo che cosa è accaduto nella loro vita prima di diventare le persone o meglio i mostri che sono oggi. Ancora una volta, colpa degli scrittori.
7. I personaggi femminili sono molto forti
Forse prevale il lato femminista, ma ci piace che The Walking Dead abbia alcuni personaggi forti che sono spesso delle donne aggressive e pericolose. Certo, alcuni personaggi femminili che abbiamo trovato sono estremamente fastidiosi (Lori e Andrea), ma Michonne è unica e Carol si è evoluta da una donna debole ad una signora che fa tutto ciò che serve per sopravvivere.
8.Ogni episodio è un rollercoaster emotivo
È un’ esperienza traumatica.

Daryl in The Walking Dead
9. Daryl Dixon
Daryl Dixon forse è una delle ragioni principali per guardare The Walking Dead. Non è lui l’unico motivo per cui si ha realmente bisogno di guardare questa serie? La risposta è si per 8 fan su 10.
10. “Siamo in grado di tornare indietro. Tutti noi possiamo cambiare”
Pur essendo in un’ apocalisse zombie e trovarsi all’Inferno, nonostante gli omicidi commessi rischiando costantemente la vita, hai sempre la possibilità di “tornare” ad essere te stesso. Il bene è in grado di prevalere.
Serie tv
The Last of Us: recensione no spoiler della prima stagione | Tiriamo le somme

La recensione di The Last of Us – Newscinema.it
La prima stagione di The Last of Us è giunta al termine con il nono episodio in onda su NowTv e Sky. Dopo averla vista tutta, settimana dopo settimana, vi diciamo cosa ne pensiamo in una video recensione.
Si è conclusa da poco la prima stagione di The Last Of Us, la serie targata HBO ispirata all’omonimo videogioco che ha riscosso un enorme successo in tutto il mondo. Suddivisa in nove episodi di durata variabile e ambientata in un mondo post-apocalittico, The Last of Us continuerà con la seconda stagione già confermata.
Noi l’abbiamo vista tutta e nella video recensione qui sotto potete scoprire cosa ne pensiamo. Analizziamo pro e contro, condividiamo il nostro punto di vista su vari dettagli della serie e vi mostriamo anche un curioso video in cui è montato il videogioco con la serie in modo alternato per sottolineare la fedeltà di questa con il materiale originale.
La video recensione della prima stagione di The Last Of Us
The Last of Us: di cosa parla la serie
La serie HBO si svolge 20 anni dopo la distruzione della civiltà moderna. Joel, uno scaltro sopravvissuto, viene incaricato di far uscire di nascosto Ellie, una ragazzina di 14 anni, da una zona di quarantena sotto stretta sorveglianza. Un compito all’apparenza facile che si trasforma presto in un viaggio brutale e straziante attraverso gli Stati Uniti nel quale i due dovranno dipendere l’uno dall’altra per sopravvivere.
Tra le star della prima stagione troviamo Pedro Pascal e Bella Ramseynei panni dei due protagonisti principali insieme a Gabriel Luna, nel ruolo di Tommy, Anna Torv che interpreta Tess, Nico Parker è Sarah, Murray Bartlett è Frank, Nick Offerman è Bill, Melanie Lynskey è Kathleen, Storm Reid è Riley, Merle Dandridge è Marlene, Jeffrey Pierce interpreta Perry, Lamar Johnson è Henry, Keivonn Woodard è Sam, Graham Greene è Marlon ed Elaine Miles riveste i panni di Florence. Fanno parte del cast anche Ashley Johnson e Troy Baker (qui trovate la guida ai personaggi della serie).
Serie tv
YOU 4: un professore che vive a South Kensington? | Gli errori dell’ambientazione inglese

La locandina di You – Newscinema.it
La seconda parte della quarta stagione di You comincerà il 10 Marzo su Netflix. In attesa dei nuovi episodi andiamo ad analizzare alcuni errori della sua ambientazione londinese.
La quarta stagione di You è iniziata circa un mese fa e il 9 marzo riprenderà anche la seconda parte. Dopo aver lasciato gli Stati Uniti e la sua vecchia vita, Joe Goldberg (Pen Badgley) si è trasferito a Londra, dove ha rubato l’identità di un professore universitario. Tutta la nuova stagione si svolge, quindi, nella capitale inglese, ma i fan hanno notato diversi errori sull’ambientazione europea che non si vedevano dai tempi di Emily in Paris.
Joe “ama” camminare
Nella serie, Joe dichiara che non gli dispiace camminare un po’ per recarsi al lavoro. Tuttavia, la distanza tra l’università nell’East London e il suo appartamento nel South Kensington è semplicemente ridicola. Per arrivare da un punto all’altro camminando, infatti, occorrono due ore: quattro, se si considera andata e ritorno. Una persona che percorre quattro ore a piedi tutti i giorni per andare a lavorare non è molto realistico.
Un professore che vive nel South Kensington
Dopo essersi trasferito, Joe smette di essere un bibliotecario e si trasforma in un docente universitario molto stimato. Per quanto un professore universitario possa essere una professione redditizia, è altamente improbabile che uno stipendio del genere basti per permettersi un appartamento come quello di Joe.
Il South Kensington è uno dei quartieri più costosi di Londra, dove un trilocale costa in media tra i due e i tre milioni di sterline. In un’intervista a Wired, l’attore ha spiegato che Joe può pagare la casa grazie all’eredità di Love, ma appare comunque una cifra improbabile.

L’appartamento di Joe – Newscinema.it
Un camino in ogni angolo
Si può notare che praticamente ovunque vada, Joe si ritrovi in un luogo dove c’è un camino, quasi a volere restituire un’ambientazione londinese vittoriana. Tuttavia, oggi a Londra i camini nelle case non sono così tanti, quasi il contrario. A partire dal 1956, infatti, il governo ha iniziato una campagna per eliminarli, in modo da diminuire il tasso di inquinamento e fumo nelle zone pubbliche.
L’esagerazione dello slang
Senza dubbio, lo slang inglese è molto popolare ed esistono tantissimi meme e parodie sulle differenze tra l’inglese e l’americano. Tuttavia, gli scherzi e le incomprensioni nella serie su questo fatto sono semplicemente esagerate. Basti pensare alla scena in cui Joe si trova in aula e non capisce che cosa si intenda con la parola “pants“. Un’intuizione non così difficile da comprendere, considerato il contesto.
Serie tv
Incastrati 2: la recensione della serie Netflix | Ficarra e Picone alzano l’asticella

Ficarra e Picone nella serie Incastrati (fonte: Netflix)
La seconda stagione di Incastrati, serie Netflix ideata da Ficarra e Picone, prosegue sulla strada tracciata dalla prima, ovvero quella di ironizzare sulla dipendenza fanatica da serie tv, ma stavolta affina i propri meccanismi narrativi e lascia più spazio ai comprimari per emergere.
Lo schema logico della seconda stagione di Incastrati è identico a quello della prima: partendo dall’irriverente premessa, comicamente insolente verso lo stesso formato (quello seriale) scelto per inscenare le solite vicende di paese e di criminalità più o meno organizzata, Ficarra e Picone innescano una lunga una catena di equivoci e disavventure che sono il pretesto per fare satira sulla ‘cupola’ mafiosa, sulle sue connivenze con la “società civile” e sui meccanismi grotteschi che regolano il mondo dell’informazione che deve raccontarla.

Una scena dalla seconda stagione di Incastrati (fonte: Netflix)
Salvo Ficarra, nonostante tutto quello che è successo nella prima stagione, è ancora “incastrato” da un prodotto televisivo di pura invenzione (estremamente semplicistico e dozzinale come la media dei prodotti su piattaforma). E anche in questa seconda stagione, la serie entra ed esce dalla fittizia centrale di polizia dell’ispettore Jackson, protagonista di The Touch of the Killer e poi del sequel The Look of the Killer, che sia Salvo che sua ex-moglie Ester (per sentirlo più vicino dopo la separazione) seguono assiduamente.
Stavolta questo sottotesto è ancora più esplicito, le due serie (quella finta e quella vera) dialogano in maniera molto più serrata e sono sempre più frequenti i momenti in cui Ficarra e Picone si fermano per riflettere sui tempi delle serie tv, per giocare sugli stereotipi di quel tipo di narrazione, sugli incroci spesso assolutamente inverosimili tra la trama poliziesca e le vicende sentimentali dei protagonisti.
E persino per scherzare sulle diverse tipologie di prodotto televisivo e i diversi target di pubblico a cui questi si rivolgono (Robertino, il figlio di Agata, è appassionato di The Body Language, un’altra serie tv, molto più moderna e sofisticata di quella di cui è appassionato Salvo).
Incastrati | il ritorno su Netflix di Ficarra e Picone
I due comici siciliani lasciano maggiore spazio agli attori secondari, facendo emergere pian piano, in poche ma fondamentali scene, i personaggi di Tony Sperandeo nei panni di Cosa Inutile, quello di Sergio Friscia nel ruolo del retorico giornalista locale Sergione e soprattutto quello del procuratore capo Leo Gullotta (la sua entrata in scena è il vero punto di svolta di tutta la stagione).
Approfondendo questi comprimari, la seconda stagione di Incastrati ne guadagna in complessità, spesso ribaltando il giudizio che su di loro gli spettatori avevano maturato nelle prime puntate (c’è sempre qualcosa di peggio in agguato) e liberando quelle che inizialmente erano solo maschere grottesche dalla loro bidimensionalità, lavorando invece di sfumature per renderle drammaturgicamente interessanti.

Una scena dalla seconda stagione di Incastrati (fonte: Netflix)
Come spesso è accaduto poi nella carriera di Ficarra e Picone, bravissimi nel mettere in scena senza sconti le piccolezze dei loro connazionali, anche in Incastrati ci sono scene che involontariamente dialogano direttamente con l’attualità e con la cronaca degli ultimi mesi (quasi profetica, ad esempio, tutta la sottotrama del medico che agevola la latitanza di Padre Santissimo), fino ad arrivare a un finale che sembra essere stato scritto appositamente dopo la cattura di Matteo Messina Denaro (e che, invece, è “solo” frutto della penna di due autori sempre più raffinati).
Ancora una volta, Incastrati trova il modo di collegarsi direttamente a quel cinema di Rosi, Damiani e Germi, che Ficarra e Picone consapevolmente citano e indicano come loro stella polare. Eppure, questa seconda stagione della serie Netflix, se pur non sempre eccellente nella fattura registica e nel ritmo della narrazione, fa emergere la maturazione autoriale di due comici che hanno ormai le idee chiarissime sul loro lavoro e sul tipo di racconto che vogliono fare.
Le nuove sei puntate di Incastrati dimostrano come l’incursione seriale di Ficarra e Picone non sia stata solo un “capriccio” per presentarsi come moderni e salire sul carro del vincitore (le serie sul cinema?), ma come sia in realtà un coerente nuovo tassello della loro poetica.
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