Venezia 69: Clarisse, evento speciale alla Mostra del Cinema

Solo Liliana Cavani poteva riuscire ad entrare in un convento di suore Clarisse (situato ad Urbino), rompendo per qualche minuto l’isolamento della clausura. La Cavani, da sempre affascinata da San Francesco, a cui ha già dedicato due film, ha voluto intervistare queste monache, il cui ordine sorge per volontà ed intorno alla figura di Santa Chiara. In venticinque minuti la regista carpigiana sottopone all’analisi delle monache argomenti scomodi, come la misoginia della Chiesa. Le suore la prendono alla larga:  rispondono pacificamente ed in maniera sincera che, nonostante il legame di fratellanza fra Francesco e Chiara, non esiste un rapporto di parità fra monache clarisse e frati francescani, poiché questi ultimi le considerano solo predisposte a ricevere. Qualcuna si fa  coraggio e afferma che il clero maschilista non concepisce la creatività della donna ancora oggi, perciò non comprende quale apporto potrebbe dare.

Tutte insieme concludono l’argomento d’accordo sul fatto che la chiesa di fatto non considera la donna come persona. Dichiarazioni dagli effetti deflagranti. La contestazione è un aspetto che contraddistingue la filmografie e più in generale il lavoro della Cavani, sempre impegnata in una ricerca volta a dare un nome alle cose. Con Clarisse, prodotto insieme a Claudia Mori, Liliana è riuscita non solo a portare uno spirito femminista privo di fanatismi dentro un convento di clausura, ma anche a scandagliare in modo molto razionale la spiritualità delle monache, spesso incomprensibile a chi non sceglie una vita del genere, perciò utile per comprendere la loro dedizione.