Venezia 69. Sfiorando il muro di Silvia Giralucci

Graziano Giralucci, militante del Movimento Sociale Italiano, la mattina del 17 Giugno 1974 viene ucciso da un commando delle Brigate Rosse insieme a Giuseppe Mazzola, portiere dello stabile dell’ MSI di Padova. Silvia Giralucci, tre anni all’epoca dei fatti, ha realizzato un documentario per capire le ragioni di quella violenza che uccise il padre. Esecutori materiali del duplice omicidio furono Susanna Ronconi, Roberto Ognibene, Fabrizio Pelli, Giorgio Semeria e Martino Serafini. Condannati per concorso morale anche Renato Curcio, Alberto Franceschini e Mario Moretti. Se un ideale politico possa essere la causa di una morte, è l’interrogativo alla base di Sfiorando il muro, a cui la Giralucci riesce a dare una risposta compiuta, attualizzata e personale, che diventa allo stesso tempo materia di riflessione per l’intero Paese.

La cinematografia si è espressa spesso sull’escalation della violenza durante gli anni di piombo, soprattutto attraverso il documentario: già Luigi M. Perotti aveva realizzato L’infame e suo fratello, docufilm in cui Roberta Peci, figlia di Roberto Peci e nipote di Patrizio Peci, il primo brigatista pentito, andava alla ricerca del motivo per il quale il padre era stato ucciso da Giovanni Senzani, capo della colonna romana. Il progetto di Perotti ha avuto anche un seguito intitolato La via di mio padre e presentato in concorso alla sesta edizione del Festival di Roma. Anche il giornalista e scrittore Giovanni Fasanella ha realizzato, insieme al regista Gianfranco Pannone, Il sol dell’avvenire in cui attraverso una lunga intervista ad Alberto Franceschini, si cerca di individuare quel momento in cui l’ideologia comunista ha maturato il suo braccio armato.

Silvia Giralucci sceglie di dare al suo documentario un taglio personale: è lei stessa che va alla ricerca delle risposte di cui ha bisogno, che tira le fila di tutto ciò che le è stato raccontato di quel periodo buio. Le interviste più significative sono quella alla signora Paternò, che definisce la violenza politica degli anni ’70 come “un brutto gioco da non ripetere mai più“, e quella a Guido Petter, professore universitario padovano picchiato per essersi opposto alle imposizioni di Autonomia Operaia. Sfiorando il muro si distingue dai documentari sul tema che l’hanno preceduto, poiché si sofferma sul ruolo di Autonomia Operaia, presentando subito Toni Negri, attraverso una conferenza tenuta in occasione della presentazione di un suo libro sul processo del 7 Aprile. Giralucci prende chiaramente le distanze dal fanatismo politico ed è proprio questo il punto di forza della sua opera, proiettata come evento speciale alla Mostra di Venezia: ricerca razionale delle ragioni della violenza politica, scevra da ogni condizionamento di parte.