Venezia 81: Queer, conferenza stampa | Guadagnino: “Chi siamo quando siamo da soli”

Conferenza stampa di Queer (Foto: ufficio stampa) - Newscinema.it

Al 3 settembre, arriva finalmente al Lido di Venezia il debutto del terzo dei cinque film italiani in concorso alla prestigiosa manifestazione cinematografica. Stiamo ovviamente parlando di Queer, che vede la firma del regista italiano più internazionale del momento nonché Luca Guadagnino, con Daniel CraigDrew Starkey, Lesley Manville e Jason Schwartzman.

La storia del film, che si ispira all’omonimo romanzo di William S. Burroughs ed è ambientata nel 1950, vede l’ex Agente 007 interpretare William Lee, un americano espatriato a Citta del Messico, luogo dove perde la testa per un giovane ed enigmatico studente, Eugene Allerton. Vediamo tutti i dettagli emersi in conferenza stampa.

Perché proprio il romanzo di William S. Burroughs? Risponde, ovviamente, Luca Guadagnino

Come si passa da un romanzo del genere – che narra di un’improbabile storia d’amore, che raggiunge tratti volutamente grotteschi – al grande schermo? Ovviamente, risponde il regista Luca Guadagnino: “Io credo che la gioia sia stata il punto di partenza. Ho letto il libro a 17 anni e da ragazzo volevo cambiare il mondo attraverso il cinema. Questo romanzo mi ha dato la descrizione su pagina di un assenza di giudizio tra due personaggi. Tutto questo mi ha trasformato per sempre. E dato che voglio essere fedele al giovane che ero, ho voluto portare il romanzo sul grande schermo. A prescindere da chi si ama, l’importante è chi si è“.

Anche lo sceneggiatore Justin Kuritzkes commenta il romanzo, scritto tra il 1951 e il 1953 e pubblicato nel 1985: “Si tratta di un libro che rappresenta moltissimo lo scrittore. Un romanzo il medesimo William S. Burroughs aveva messo da parte per diversi anni. Durante la sceneggiatura, avevamo bene in mente quando avvicinarci al libro e quando allontanarci“.

Ma non finisce qui, perché la scrittura del romanziere statunitense torna anche sottoforma di musica: “Alla fine del film sentiamo una canzone. Le parole vengono dal diario di William S. Burroughs, scritte tre giorni prima di morire. La canzone è cantata da Gaetano Veloso. La frase è questa: ‘Il nostro amore crescerà ancora più vasto degli imperi’“.

Daniel Craig sulle scene erotiche: “Volevamo che fossero commoventi e naturali”

Come accennato poco sopra, siamo nel 1950: William Lee è un americano espatriato a Città del Messico, dove passa le sue giornate quasi del tutto da solo. Un giorno, avviene l’incontro con Eugene Allerton, un giovane studente appena arrivato in città, che lo porta a voler stabilire finalmente una connessione intima con qualcuno. A proposito dell’intimità, Daniel Craig rivela: “C’è una certa coreografia, che è una parte importante del film. Abbiamo fatto prove per mesi: ballare una persona davvero rompe il ghiaccio. Ci siamo avvicinati alle scene di sesso in maniera toccante, commovente e naturale“.

Il senso era ritrovare quella libertà e liberare i nostri corpi

Gli fa eco il giovane Drew Starkey: “Abbiamo cominciato presto a fare le prove. E non solo per le scene più intime. Il senso era trovare quella libertà e liberare i nostri corpi. È importante conoscersi bene quando si tratta di certi movimenti“.

La domanda più ovvia: perché scegliere Daniel Craig? Ma sopratutto, potrebbe mai esistere un agente 007 omosessuale?

Luca Guadagnino prende immediatamente la parola, parlando di un fatto conclamato: “Nessuno potrà sapere davvero quali sono i veri desideri di James Bond“. In sala parte un applauso scrosciante.

Detto questo, è bene che tutti portino a termine le proprie missioni“, aggiunge il regista guardando il collega Daniel Craig. “Lo ammiro da tantissimo tempo. Gliel’ho proposto e lui ha accettato. È stato un privilegio lavorare con lui“.

Daniel Craig, definito dal regista “un attore leggendario”, risponde così: “Se non fossi stato in questo film e l’avessi guardato, sarei voluto essere il protagonista. Uno dei talenti di Luca Guadagnino è che vuole sentire la voce di tutti, ed è un processo liberatorio, perché sappiamo dove stiamo andando. Lavorare con lui è stato fantastico“.

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