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Da sempre la metafora della sfida tra Davide e il gigante Golia viene utilizzata per porre parallelismi relativi alla personale impresa dei personaggi coinvolti, spesso per l’appunto costretti ad affrontare nemici o insidie molto più grandi di loro. E in questo caso ci troviamo di fronte ad una battaglia impari che, come si scoprirà poi nella scioccante postilla finale (che non spoileriamo per lasciarvi quel senso di inevitabile, inquietante, sorpresa), riguarda da vicino tutti noi.

Cattive acque si ispira ad un fatto giudiziario realmente avvenuto Oltreoceano e i cui si strascichi continuano ancora oggi: basato sull’articolo The Lawyer Who Became DuPont’s Worst Nightmare di Nathaniel Rich, pubblicato sul New York Times, il film ripercorre la vicenda vedente protagonista l’avvocato Robert Bilott e la sua battaglia legale, durata oltre vent’anni, contro la compagnia DuPont, una delle aziende chimiche più grandi al mondo.

Leggi anche: Mark Ruffalo per le famiglie separate al confine in un video contro Trump

Cattive Acque | La sinossi del film

La storia ha inizio quando Bilott, avvocato dello studio legale Taft Stettinius & Hollister, riceve la visita del contadino Wilbur Tennant, il quale gli consegna un gran numero di filmati che testimoniano le misteriose morti di animali nella zona di Parkesburg, in West Virginia. Tennant ritiene che dietro la moria del bestiame vi sia la diffusione di sostanze inquinanti, scaricate proprio dalla compagnia DuPont nelle acque circostanti. Bilott, che di solito difende coloro che sono ora accusati del danno ambientale, decide di vederci chiaro anche perché sua madre vive nella stessa zona del presunto inquinamento, e contatta in prima persona il responsabile dell’azienda, che promette di verificare quanto prima.

Cosa che ovviamente non avviene, spingendo il protagonista ad indagare per conto proprio: durante le sue ricerche scopre l’esistenza di una sostanza altamente pericolosa per la salute dell’uomo, che sarebbe contenuta anche nel diffusissimo materiale Teflon. Bilott scoperchia una spaventosa verità e decide di gettarsi anima e corpo nella causa contro DuPont, mentre nel frattempo le condizioni di salute di molti abitanti della zona “incriminata” finiscono per peggiorare inesorabilmente con lo scorrere degli anni.

Cattive Acque | Contro tutto e tutti

Un legal-thriller il cui inizialmente apparente sfondo ecologista si trasforma in un vero e proprio scontro tra la gente comune ed un sistema malato, dove i soldi e le giuste conoscenze permettono di farla franca nella gran parte delle occasioni. Una sorta di versione sobria e aggiornata di un grande classico come Tutti gli uomini del presidente (1976) che risveglia in tutti noi quella coscienza civile che troppo spesso viene dimenticata od oscurata dall’opinione pubblica.

E allora il via ad insabbiamenti, lunghissimi e continui rinvii (la narrazione si sviluppa nel corso di anni) e procedimenti giudiziari che tengono con il fiato sospeso fino all’epilogo, dove nei credit una scritta informativa fa luce sul sulla succitata rivelazione. Cattive acque è stato un progetto fortemente voluto da Mark Ruffalo, e la sua dedizione interpretativa nei panni di Bilott è ammirevole così come la scelta di usare, in brevi comparsate, alcune figure realmente coinvolte, come vittime, nel caso. Pur a dispetto di uno svolgimento lineare e con solo un paio di sequenze ad alto tasso di suspense, nelle due ore di visione regna una tensione di sottofondo opprimente e angosciante magistralmente giostrata dal regista Todd Haynes, autore in carriera di cult come Velvet Goldmine (1998) e Carol (2015).

Il cineasta organizza tempi e modi con raffinato equilibrio, lasciando che la pressante verve melodrammatica (accentuata soprattutto nelle dinamiche familiari del protagonista e nella situazione vissuta dall’agricoltore primo accusatore) conviva appieno con la parte legale e d’inchiesta, mantenendo sempre alto l’interesse e spingendo il pubblico ad indignarsi in più occasioni per le ingiustizie perpetrate dai potenti. La colonna sonora, vantante classici di John Denver (Take me home, country roads e non poteva essere altrimenti visto che la West Virginia della canzone è l’ambientazione chiave) e Johnny Cash, si adatta con aria malinconica e struggente al cuore del racconto.

Cattive acque | la recensione del film con Mark Ruffalo
4 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

Appassionato di cinema fin dalla più tenera età, cresciuto coi classici hollywoodiani e indagato, con il trascorrere degli anni, nella realtà cinematografiche più sconosciute e di nicchia. Amante della Settima arte senza limiti di luogo o di tempo, sono attivo nel settore della critica di settore da quasi quindici anni, dopo una precedente esperienza nell'ambito di quella musicale.

Recensioni

Silent Night – Il silenzio della vendetta, recensione | Sangue e gang, il Natale targato John Woo

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Joel Kinnaman e Catalina Sandino Moreno in una scena di Silent Night – Il silenzio della vendetta – Fonte Foto: Ufficio stampa

Distribuito in anteprima mondiale da Plaion Pictures, dal 30 novembre, Silent Night – Il silenzio della vendetta porta la firma di John Woo. Il cineasta originario di Hong Kong confeziona un’opera d’autore, che naviga nel genere del cinema d’animazione e vede Joel Kinnaman protagonista.

Silent Night - Il silenzio della vendetta: sangue e gang, il Natale targato John Woo
3.3 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

Il ritorno dietro la macchina da presa di John Woo pesca a piene mani dal cinema di genere e ha quel sapore d’epoca che ha creato tanti cult. Per chi cercasse un action movie puramente di intrattenimento, Silent Night – Il silenzio della vendetta non è il film che fa per lui. La cultura orientale, con tutto ciò che essa si porta dietro, impregna la pellicola e le dona un’identità alquanto particolare.

Un plauso va all’interpretazione di Joel Kinnaman, che deve giocare per quasi due ore con tutte le armi a sua disposizione, a eccezione della voce. Per un attore, si può ben capire quanto sia fondamentale anche quel fattore. Eppure, l’attore svedese fa un ottimo lavoro, riuscendo a esprimere le sfumature di dolore e determinazione che attraversano il protagonista.

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Joel Kinnaman in Silent Night – Il silenzio della vendetta – Foto: Ufficio stampa

Al centro della trama, una questione probabilmente sempre sin troppo attuale e pressante, quale la presenza delle gang in alcune zone dell’America. Da quello che potrebbe essere un qualsiasi fatto di cronaca nera, prende sviluppo la storia, a metà tra una critica alla società e un film d’azione puro.

Sangue che macchia le mani, le strade e i parabrezza delle automobili, la violenza scorre senza sosta, e senza che sia realmente possibile bloccarla. La polizia sembra non avere i mezzi e le capacità sufficienti a una tale impresa, motivo per cui i giustizieri solitari rischiano di proliferare.

Silent Night – Il silenzio della vendetta: la trama del film

Durante le festività natalizie, in una giornata di sole e spensierata, una famiglia sta giocando nel cortile interno di casa. Il padre (Kinnaman) spinge e fa volare sulla piccola bicicletta il bambino, mentre la mamma (Catalina Sandino Moreno) li riprende con il cellulare. Improvvisamente la scena cambia.

Dei colpi di pistola risuonano dietro l’angolo della strada, insieme al rumore di automobili che sbandano e si rincorrono. Tutto avviene in un attimo. Dei proiettili raggiungono il corpo del bambino, che giace inerme e sanguinante tra le braccia dei genitori attoniti. Lei continua a piangere, lui, preso da un istinto animale inarrestabile, si lancia all’inseguimento dei criminali.

Ne uscirà in fin di vita e senza più voce. Dopo mesi di riabilitazione, l’uomo non può capacitarsi di quanto avvenuto. La bottiglia diventa la sua insostituibile compagna, sino a quando non lascia il posto a qualcos’altro: la vendetta.

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Una scena di Silent Night – Il silenzio della vendetta – Fonte Foto: Ufficio stampa

L’autorialità del cinema d’azione

Fulcro nevralgico della storia, il tema della paternità è ciò che caratterizza nel profondo il protagonista. La perdita del figlio spinge un uomo comune a diventare altro da sè. Il protagonista decide di dedicare il resto della sua esistenza a uno scopo divenuto per lui prioritario, ma in realtà inutile per colmare quel vuoto. Il dolore è il motore, la benzina, ma è anche la causa di una rovina inevitabile e, al tempo stesso, necessaria.

Dal punto di vista del puro e semplice intrattenimento, le scene d’azione e le varie armi messe in campo forniscono uno spettacolo non indifferente, che faranno gola ai fan degli action movie tanto quanto agli estimatori di Woo. Alla sua settima regia di produzione americana, il cineasta esibisce tutta una serie di suggestioni che rimandano al suo stile e alla sua poetica, regalando autorialità al progetto.

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Recensioni

Wish, recensione in anteprima | Il film Disney da non perdere a Natale

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Una scena di Wish – Fonte Foto: Ufficio stampa

Nei cinema italiani dal 21 dicembre, distribuito da The Walt Disney Company Italia, Wish è il nuovo attesissimo film di Natale. Doppiatori d’eccezione, per la versione nostrana, Michele Riondino, Amadeus e la cantautrice Gaia.

Wish: in arrivo il nuovo film Disney di Natale | Recensione
3.5 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

Come in ogni favola che si rispetti, il “C’era una volta” immerge gli spettatori dentro un universo popolato di magia, di meraviglia e di magnificenza. Il regno di Rosas, nel bel mezzo del Mediterraneo, ha le sembianze di un vero e proprio paradiso. Lì, i sogni e i desideri hanno un ruolo fondamentale, ed ecco perché il sovrano ne ha così cura.

Wish mette bene in mostra il potere dei sogni, soprattutto se condivisi, e la loro importanza, che vengano realizzati oppure no. In fondo, essi sono il motore delle esistenze di ciascuno di noi. La Disney lo ha sempre saputo, come ha saputo ben sfruttare le potenzialità insite nella questione, anche stavolta.

La pellicola diretta da Chris Buck e Fawn Veerasunthorn, idealmente indirizzata a un pubblico di più piccoli, riesce a toccare le corde di chi, con i film Disney, ci è cresciuto. Una protagonista forte e accattivante, una colonna sonora assolutamente orecchiabile e una girandola di colori che travolge sin dal primissimo minuto, sono gli ingredienti iniziali, a cui si aggiungono una serie di temi ed elementi che arricchiscono il progetto.

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Una scena di Wish con Asha e Valentino – Fonte Foto: Ufficio stampa

Asha ha una personalità sfaccettata, nella quale chiunque può riconoscersi: è in cerca di un percorso che le permetta di esprimersi e, in un certo senso, di emanciparsi, sebbene abbia un rapporto molto stretto con la famiglia. Le radici agiscono sulle sue scelte e sui suoi sogni, ma nel viaggio che compirà arriverà a scoprire cose incredibili su se stessa e su chi la circonda.

Wish | La trama del nuovo film Disney

Asha ha 17 anni e sta per avere un colloquio niente meno che con il Re in persona, Magnifico. Quest ultimo ha bisogno di una nuova apprendista, e la ragazza potrebbe essere la sua prossima scelta. Asha non aveva neanche mai immaginato di poter ottenere una simile occasione, soprattutto pensa a quanto possa essere utile nell’ottica di realizzazione di un sogno. Non il suo, ma quello del nonno, a cui è molto affezionata e che sta per compiere 100 anni.

wish

A Rosas, infatti, i sogni dei sudditi vengono affidati al Re, che li custodisce nel suo palazzo e ne realizza uno a scelta periodicamente. La cerimonia del desiderio è uno dei momenti più attesi dalla gente, che spera di veder realizzato il suo desiderio. Quello che, però, non tutti sanno, e che scoprirà Asha a sue spese, è che il Re sceglie in base a delle idee sin troppo personali. L’improvviso arrivo di una stella invocata dalla ragazza metterà a repentaglio i piani di Magnifico.

Punti di forza e omaggi ai classici Disney

Tanti e indiscutibili sono i punti di forza di Wish, a partire dai numeri musicali sino ad arrivare alla costruzione dei personaggi. Magnifico somiglia pericolosamente a un qualsiasi governante despota che abbiamo conosciuto nel corso della storia, Simon incarna il giovane ingannato da una prospettiva appetibile, la regina Amaya è la classica donna che sa ma che se ne resta in disparte. Ovviamente, non possono mancare gli aiutanti, a cui si devono battute e spunti di riflessione, come Valentino – la capretta amica di Asha – e Dahlia (la migliore amica).

Dal senso di famiglia al valore di amicizia, dall’importanza di unirsi a quella di schierarsi, un film d’animazione come Wish dà modo di affrontare temi fondamentali con semplicità e leggerezza, arrivando a qualsiasi tipo di pubblico. I veterani dei prodotti Disney resteranno, inoltre, divertiti dalle citazioni e dagli omaggi sparsi qui e là nel corso della narrazione. E si potrebbe addittura far partire un gioco a chi ne rintraccia di più…

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Recensioni

Palazzina LAF, la recensione: Riondino dà voce ai confinati dell’ILVA | Una vergogna tutta italiana

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Recensione Palazzina Laf

Recensione di Palazzina Laf – Newscinema.it (Foto: Ufficio stampa)

La nostra recensione di Palazzina LAF, il primo film da regista di Michele Riondino dal 30 novembre al cinema.

Review 0
3.4 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

Denso di morale, esposto limpidamente e costruito su un contesto dialettale l’esordio registico di Michele Riondino si pone come monito sociale ancora oggi. Presentato alla 18esima edizione della Festa del cinema di Roma nella sezione Grand Public, Palazzina Laf racconta la storia di Caterino Lamanna e di tutti i lavoratori dell’acciaieria ILVA di Taranto, spediti negli anni Novanta in questa palazzina “aziendale”.

Vittime di mobbing, confinati come in esilio, pagati per fare nulla e privati della propria dignità di lavoratori. La storia di Caterino partirà dalla sua situazione privata per raccontare qualcosa di molto più amplificato.

Un film che fa da specchio a una vergogna italiana

Come dichiarato in conferenza stampa dal regista, il film vuole essere anche un omaggio a Taranto, la sua città di origine, sporcata di questa disastrosa vicenda che ad oggi ancora non ha avuto la degna risonanza a livello nazionale, rimanendo recintata all’interno della realtà pugliese.

Cercando dunque di far luce tra i favoreggiamenti e le manovre malsane, Riondino ricostruisce alla perfezione l’estetica anni Novanta tra musicassette e frontali radio delle auto, viaggiando sulle note di The bad touch in sottofondo. Diritti e doveri, pressioni su personale altamente qualificato, morti non troppo accidentali sul luogo di lavoro come conseguenza di una frattura infettata all’interno dell’azienda. Reparti confino utilizzati per azzittire, annientare la nobiltà umana e i valori di chi in realtà voleva soltanto lavorare onestamente.

Facendo opera di convincimento coercitivo, influenzando psicologicamente e materialmente chi è in situazioni economiche instabili, i dirigenti dell’ILVA suggestionavano i dipendenti spostandoli tra i settori come nulla fosse o talvolta usandoli come pedine infiltrate, spiando e punendo di conseguenza chi non restava in silenzio.

Recensione Palazzina Laf

Recensione di Palazzina Laf – Newscinema.it (Foto: Ufficio stampa)

Spazio all’ironia per raccontare il dramma

Nei suoi 99 minuti il film condensa differenti generi per arrivare a trasmettere messaggi determinanti e totalmente drammatici basati su eventi realmente accaduti, attingendo però anche alla commedia. Ed è proprio questa forse la scelta vincente del film, evitare di appesantire ulteriormente la tematica strappando qua e là un sorriso, arrivando così grazie a un’ottima scrittura, a fare centro nel cuore del vero obiettivo.

Attori convincenti, primo fra tutti Riondino stesso che per la prima volta appunto tira le redini sia dietro che davanti la macchina da presa e poi un Elio Germano nelle vesti del folle villain, aggiungono quel tanto di olio all’ingranaggio per far sì che l’intero prodotto si svuoti di retorica e al contrario risulti incisivo.

In uscita grazie a BIM distribuzione dal 30 novembre nelle nostre sale, questo ritratto di un’Italia corrotta in cui raccomandazioni e sindacati si fanno la guerra mentre i lavoratori stanno a guardare, finisce dunque per convincere nella sua formula lasciando non poche riflessioni allo spettatore e facendo ben sperare per un futuro florido di un Riondino non più solo attore ma anche direttore dell’orchestra.

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