Favola, Filippo Timi risplende in una commedia che supera le barriere

La nuova opera di Sebastiano Mauri è un manifesto queer dai colori accesi e strabordanti, ambientato quasi interamente in unico luogo e che racconta una storia di emancipazione femminile in un periodo (l’America degli anni ’50, ma naturalmente i raffronti con il presente sono dietro l’angolo) caratterizzato da tabù e pregiudizi da affrontare. A raccontarla così la Favola di Mauri sembra ricordare il recente Antiporno di Sion Sono, kammerspiel surreale e diabolica che mostrava i conflittuali rapporti fra donne su di un fantomatico set (anche la casa in cui si svolge Favola non è poi così diversa da un set cinematografico) nel quale andavano in scena tutte le maggiori contraddizioni di una società profondamente maschilista come quella giapponese.

Favola: fuggire dalle categorie (sessuali e cinematografiche)

Pur non avendo la carica surrealista ed anarchica di Sion Sono, Favola ne condivide le ambizioni e la messinscena, lasciando libero Filippo Timi di “pattinare” nello spazio scenico a sua disposizione (lui che pattinatore lo è stato per davvero) con indosso dei tacchi vertiginosi. La costrizione delle categorie di genere oggi desuete emergono a prima vista, anche solo osservando il rigidissimo corpetto nella quale è stretta Mrs. Fairytale. Categorie (quelle cinematografiche) nel quale è invece difficile classificare il film di Mauri, in grado di saltare improvvisamente dal registro comico a quello tragico, sempre percorso da una irrequietezza ed instabilità resa dai cambi di umore dei personaggi ma anche dalle musiche, che passano con disinvoltura dagli archi hitchcockiani (che già accompagnavano la versione teatrale originale) al metal. 

Se Filippo Timi è strepitoso nel rendere i tic e le distonie del proprio personaggio, nel rappresentare una femminilità dolce e schiva anziché una esuberante e vanitosa, altrettanto brava è Lucia Mascino nell’interpretare una donna (Mrs. Emerald) che non sembra mai la stessa persona, ma che da una scena alla successiva cambia improvvisamente movenze, aspetto fisico e finanche personalità. La coesione e la direzione del cast sono certamente i maggiori punti di forza di un film che invece fatica ad essere davvero “rivoluzionario” e dirompente come la sua protagonista, che non trascura la sua componente visiva così peculiare eppure allo stesso tempo sembra appesantito da una verbosità che non lascia parlare le immagini.

Favola: un film atipico ma non egualmente inventivo

Nella casa dal gusto vintage alla Todd Haynes in cui si svolge il racconto, ci passano davanti generi cinematografici diversi (dal melò al noir alla De Palma) e maschere teatrali che si muovono nella finzione del mondo che è stato costruito attorno a loro. Se forse un passaggio così difficile (e mai scontato) come quello dal teatro al grande schermo avrebbe richiesto una maggiore dose di coraggio in più nel riuscire ad adattare la pièce al linguaggio cinematografico, Favola riesce a conquistare proprio per la sua natura così indecifrabile, per il suo essere in grado di spiazzare chi guarda proprio quando ci si sta per abituare al suo ritmo scostante.

Così il film di Mauri fugge dalle classificazioni proprio come la sua protagonista, eppure non sembra avere la stessa capacità inventiva che invece ha Mrs. Fairytale nel creare il proprio mondo di finzione nel quale vivere e sentirsi libera di essere ciò che si vuole al di fuori di quella che viene erroneamente chiamata “normalità”. 

Favola – Trailer