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Albert Serra premiato al festival di Venezia: «Faccio cinema per prendere in giro il mondo»

Albert Serra ha ricevuto il premio “Le vie dell’immagine”, giunto alla sua terza edizione e promosso da Cinematografo in collaborazione con Giornate degli Autori. L’istrionico autore, noto per le sue provocazioni e il suo approccio iconoclasta, ha regalato al pubblico una generosa masterclass sul suo cinema.

Allo spagnolo Albert Serra è andato il riconoscimento “Le vie dell’immagine”, dedicato agli artisti capaci di attraversare e contaminare diversi linguaggi visivi, consegnato durante la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Serra, autore acclamato dalla critica per titoli come Story of My Death, Pardo d’oro a Locarno nel 2013, o il più recente Pacifiction – Un mondo sommerso del 2022, in concorso al Festival di Cannes e vincitore del Premio Louis Delluc e di due César, sarà a breve nuovamente nelle sale italiane con Tardes de soledad (Pomeriggi di solitudine, in uscita con Movies Inspired l’8 settembre).

Un documentario sui generis che segue da vicino un campione della corrida, il peruviano Andrés Roca Rey, tallonando e mostrandolo al pubblico in tutta la sua perversa bravura. Il regista catalano, durante la sua masterclass, ha spiegato di essere da sempre ossessionato per la creazione artistica.

«Fin da ragazzino avevo l’idea dell’artista come di una persona differente dal resto del mondo. L’artista vive in modo diverso dagli altri, pensa in modo diverso e perciò ha una capacità unica di interpretare il mondo. Volevo quindi diventare un artista perché volevo essere quel tipo di persona lì», ha raccontato Serra.

Albert Serra a Venezia 82 - NewsCinema.it
Albert Serra a Venezia 82 – NewsCinema.it

«Ma quando ho iniziato a lavorare con i primi mezzi digitali mi sono reso conto che la cosa più interessante del cinema è la “scomparsa” dell’autore. Che tutto ciò che c’è dietro alla macchina da presa deve diventare invisibile.

È un grande paradosso. Ho cercato quindi, negli anni, di portare avanti queste due tensioni: quella dell’artista come entità suprema, quasi astratta, e quella dell’opera che annulla l’artista.

Inizialmente il cinema lo disprezzavo. Lo ritenevo un’arte volgare, rispetto ad altre, che consideravo invece “alte”. Ma da questo mio disprezzo nasce una presa di distanza, la volontà di non prendermi mai sul serio. Ed è quella oggi la mia cifra stilistica. Faccio cinema per prendere in giro il mondo».

Albert Serra si racconta a Venezia

«Credo di essere uno dei pochi registi che praticamente non parla con gli attori. È lo stesso discorso che vale per il cinema: il disprezzo verso di loro mi permette di avere una certa distanza. Quando incontro un attore per la prima volta, cerco di trovargli dei difetti a livello personale, per poterlo prendere in antipatia», ha spiegato l’autore, con la sua consueta e caustica ironia.

Sulla sua relazione con gli aspetti tecnici del cinema, Serra ha poi continuato: «Non ho mai toccato una videocamera in vita mia. Conosco bene la parte tecnica, decido io quale attrezzatura usare, quali videocamere e quali lenti, ma non ho mai schiacciato “rec”. E mai credo lo farò.

Ormai è come se fosse una superstizione. Anche se spesso, con il mio direttore della fotografia, parliamo di quali caratteristiche dovrebbe avere la videocamera perfetta per fare cinema. Una videocamera che però non esiste, che non è in commercio. Saremmo felici di poter parlare con qualche azienda che le fabbrica, ma probabilmente non sarebbero interessati a produrre un oggetto destinato a una fetta così piccola di mercato».

Albert Serra a Venezia 82 - NewsCinema.it
Albert Serra a Venezia 82 – NewsCinema.it

Serra ha poi spiegato, a differenza di quello che si potrebbe pensare guardando i suoi film, di non dedicare molto tempo alla composizione delle immagini, confidando nella capacità delle videocamere digitali di fare il proprio dovere, catturando tutti quegli elementi che risultano invisibili all’occhio umano.

Il lavoro sulle immagini, per Serra, avviene invece in fase di montaggio. «Il montaggio è una sfida intellettuale. Ma anche una grande seccatura a cui dedico tantissimo tempo. Tanta esitazione, tanti cambiamenti di idee. È una fase che richiede anche mesi di lavoro, senza mai pause, e credo di essere uno dei pochi registi a dedicare al montaggio così tanto tempo.

I miei colleghi sono sposati, hanno famiglia, vanno in vacanza… sono borghesi, insomma, fanno una vita che non permetterebbe loro di “sprecare” settimane in sala di montaggio. Ma è quello che è giusto fare se si vuole capire veramente il cinema.

Io adesso esigo dai direttori della fotografia con cui lavoro che debbano lavorare personalmente anche al montaggio. Un direttore della fotografia che non monta, o che comunque non segue direttamente la fase di montaggio, non vale nulla», ha dichiarato il regista.

Alla consegna del premio, realizzato e donato da Pianegonda, Serra ha puntualizzato, scherzando con gli organizzatori: «I premi appena li ricevo li regalo a qualcun altro. Ho fatto così anche con la Concha de oro a San Sebastian, quindi vedremo questo in quali mani finirà».

Davide Sette
Davide Sette
Giornalista cinematografico. Fondatore del blog Stranger Than Cinema e conduttore di “HOBO - A wandering podcast about cinema”.

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