La Stanza delle Meraviglie, la favola malinconica di Todd Haynes

Due anni dopo l’intenso Carol che ha conquistato pubblico e critica, il regista Todd Haynes entra nuovamente in punta di piedi nel cuore degli spettatori con La Stanza delle Meraviglie (Wonderstruck), una storia di formazione delicata e drammatica sotto la lente onirica e romantica del suo personale stile di racconto. Questa volta Haynes sceglie di realizzare un film per un pubblico più giovane, adattando il celebre romanzo per ragazzi di Brian Selznick, che firma anche la sceneggiatura di un’avventura ambientata in due epoche differenti.

La Stanza delle Meraviglie: trama

Negli anni ’20 una bambina di nome Rose (Millicent Simmonds) scappa a New York per inseguire una diva del cinema muto, mentre negli anni ’70 il piccolo Ben (Oakes Fegley) prova a seguire le tracce del padre che non ha mai conosciuto. Ma cosa hanno in comune questi due personaggi? Entrambi sono sordi e corrono dei pericoli girando da soli per una grande città come la Grande Mela, ma la loro voglia di cambiare vita inseguendo un sogno è più forte della paura.

Scena dal film Wonderstruck

Un viaggio emozionante tra due epoche diverse

La Stanza delle Meraviglie presenta infatti due filoni narrativi, resi omogenei e complementari da un montaggio molto attento, che rende il film lineare e coinvolgente. Quando si deve gestire una storia che si sviluppa in archi temporali differenti è facile cadere preda di una confusione creativa, con il risultato di una storia sconnessa che lo spettatore non riesce a godersi pienamente. Haynes si impegna invece a presentare la doppia avventura dei piccoli protagonisti, immergendo il tutto in una dimensione onirica, per viaggiare tra realtà e fantasia guidati da una elegante e raffinata emotività.

Julianne Moore nel film Wonderstruck

La Stanza delle Meraviglie: un mondo immerso nella musica

Dalle note del compianto David Bowie, a cui Todd Haynes ha dedicato il film Velvet Goldmine nel 1998, ai ritmi soul e dance in pieno stile anni ’70, fino alla suggestiva colonna sonora originale, la musica si conferma una protagonista fondamentale di La Stanza delle Meraviglie. Vista la carenza di dialoghi e un omaggio esplicito al cinema muto che conferma ancora oggi il suo fascino, Haynes affida alle melodie selezionate il compito di trasmettere le fragilità, le ambizioni e i sentimenti in continua evoluzione dei vari personaggi del film. Se avete visto La musica nel cuore – August Rush di Kirsten Sheridan vi sembrerà un’esperienza familiare, analizzando in questo caso anche la percezione alterata dei non udenti in un mondo affollato e saturo ormai di suoni e, soprattutto, rumori.

Si respira una passione cinefila con radici nel passato, come per Hugo Cabret di Martin Scorsese, anch’esso ispirato ad un’opera di Selznick, e la fantasia imprevedibile si scontra con un dramma realistico, per un film adatto a grandi e piccoli che ci porta per mano in un’esplorazione intima e malinconia del mondo. Todd Haynes è uno dei pochi registi contemporanei capaci di creare la ricetta giusta per scaldare il cuore e invitare la mente a riflettere su noti stati d’animo e ostacoli personali. A Cannes 70 abbiamo avuto il piacere di vivere e sentire La Stanza delle Meraviglie come un film imperfetto ed inferiore a Carol, ma indubbiamente poetico ed intimo anche grazie alla fotografia di Ed Lachman che dipinge intorno ai protagonisti una New York confortevole e magica.