Esattamente 75 anni fa, nel 1950, il cinema hollywoodiani fu capace di produrre un capolavoro che descriveva il lato oscuro della fama e del successo. Stiamo parlando di Viale del tramonto (Sunset Boulevard).
Viale del tramonto, il capolavoro diretto da Billy Wilder, compie 75 anni. Se all’epoca della sua uscita gli unici film di Hollywood che tendevano a riscuotere successo erano costruiti su sognatori che realizzavano le proprie ambizioni…il film di Wilder era l’antitesi di tutto ciò.
Viale del tramonto divenne presto un film di culto: tanto che suo fotogramma fu scelto per la copertina del primo numero della più celebre rivista di cinema, i Cahiers du cinéma, nell’aprile del 1951. Negli anni, sono stati tantissimi i registi che si sono ispirati al capolavoro di Wilder per raccontare i lati oscuri della fama. Eccone cinque esempi.
Nightmare Alley di Guillermo Del Toro
Viale del tramonto uno dei migliori soggetti sul divismo e sul cinema del passato. Norma Desmond incarna un mondo che sia il pubblico sia lo studios system sembrano aver dimenticato: quello degli ex-divi, un tempo acclamati come semidei e ora ridotti a relitti abbandonati.
Non a caso la vita di Norma Desmond ha qualcosa di funereo, di fatiscente. Allo stesso modo Del Toro, ne La fiera delle illusioni, mette in scena protagonisti che non sono positivi come comanda Hollywood ma persone terribili. Anche se all’inizio non sembrerebbero tali, perché si presentano bene, in realtà basta una seconda occhiata per scoprirli orribili.
Il creatore di illusioni (che poi anche un regista cinematografico lo è) insomma non appartiene ai migliori, anzi è pronto a passare sopra a tutto, pronto a trascurare le conseguenze delle sue azioni pur di avere successo.
La fiera delle illusioni ci fa capire lungo tutto un film che in ogni illusione, quindi in ogni rappresentazione e in ogni messa in scena, ci sono cinismo, abuso e crudeltà e solo il nostro desiderio di crederci e la nostra passione per quel che queste cose scatenano in noi ce le fanno accettare.
Mulholland Drive di David Lynch
Il capolavoro di David Lynch è pieno zeppo di riferimenti al film di Wilder, anche se il geniale regista americano, recentemente scomparso, ha sempre negato qualsiasi collegamento “razionale” del suo film con Viale del Tramonto. “Sono sicuro che le cose che amiamo nuotino dentro di noi.
E forse le amiamo proprio perché la nostra macchina è fatta in un certo modo, per cui è difficile stabilire quale delle due cose viene prima. Io amo Hollywood e l’Età dell’oro che Viale del tramonto ha immortalato così bene. Semplicemente, amo quel mondo. Lo amo.
Amo la scena in cui William Holden e Nancy Olson passeggiano di notte per i set esterni dello studio cinematografico. Ci sono un sacco di film ambientati a Los Angeles, perché è qui che lavora la gente del cinema, ma molti potrebbero svolgersi altrove. Viale del tramonto non poteva svolgersi che qui”, aveva dichiarato Lynch in una intervista contenuta nel volume La mia arte, il cinema, la vita, a cura di Chris Rodley, il Saggiatore (2016).
Che fine ha fatto Baby Jane? di Robert Aldrich
I racconti riflessivi sul cinema di solito oppongono due mondi: lo scintillante sogno cinematografico e la dura vita a esso sottesa. Viale del tramonto sostanzia tale antitesi con ulteriori motivi.
In primo luogo, il confronto tra cinema muto e sonoro, schiacciante per un’intera generazione di attori, come già suggerito in Dinner at Eight. In seconda istanza, l’opposizione tra vecchiaia e giovinezza, tra amore mercificato e sogno romantico, tra una femminilità mortifera e una vivificante.
Che fine ha fatto Baby Jane? di Robert Aldrich, uscito nel 1962, non è che una versione ancora più funerea e inquietante del film di Wilder, che vede protagoniste due ex star del cinema muto, le sorelle Jane e Blanche Hudson, interpretate da Bette Davis e Joan Crawford. La pellicola esplora il loro rapporto tormentato, segnato dalla rivalità e dalla follia, con Jane, ormai dimenticata, che tormenta la sorella paralizzata Blanche.
Barton Fink dei Fratelli Coen
I fratelli Coen hanno più volte scelto di raccontare, attraverso il loro cinema, degli sforzi artistici di artisti in difficoltà, da Barton Fink a Inside Llewyn Davis, ripercorrendo a modo loro l’età d’oro dei grandi studios hollywoodiani con Ave, Cesare!.
I loro film non hanno paura di rivelare il disprezzo dei due registi nei confronti di un certo establishment di Hollywood, dipingendo produttori e finanziatori come un’élite ignara e incompetente che maltratta costantemente gli artisti.
Ma se c’è un film della loro carriera che è stato innegabilmente influenzato da Viale del Tramonto, quello è proprio Barton Fink, un dramma surreale ambientato negli anni ’40 che segue le vicende di uno sceneggiatore in crisi creativa che cerca di sfondare nella città degli angeli.
Maps to the stars di David Cronenberg
Uno dei migliori – e più sottovalutati – film di David Cronenberg usa esplicitamente proprio il microcosmo hollywoodiano dello star system per un’ennesima storia di psicologie ingannevoli e abissi della mente.
Un dramma avvincente e terribile sulla Hollywood contemporanea, vivisezionata con sadismo e disprezzo. Non a caso Mark Kermode, celebre critico cinematografico del The Guardian, ha paragonato il film a Viale del Tramonto, con “spruzzate” di Chinatown, Beyond the Valley of the Dolls e Mommie Dearest.
Straordinario in tal senso il personaggio delll’attrice ormai sul viale del tramonto Havana Segrand, interpretata da una straordinaria Julianne Moore, che si concede alla macchina da presa con una generosità coraggiosa e incredibile.