Malinconico ed evocativo, The Last Showgirl disegna un ritratto della vita incompresa di un’eterna fanciulla. Manca forse qualcosina per emozionarsi totalmente ma il suo essere asciutto e incisivo gioca di certo un punto a favore.
La regista di Mainstream e Palo Alto, Gia Coppola, torna a dirigere un nuovo dramma esistenziale mettendo però sotto l’occhio di bue un’unica assoluta protagonista, Pamela Anderson.
Presentato in anteprima assoluta il 6 settembre 2024 al Toronto International Film Festival, ha poi continuato il suo viaggio cinematografico lungo la stagione dei premi scansando purtroppo ogni possibile vittoria ma collezionando tante candidature importanti, ad esempio ai Golden Globe, SAGA e Bafta.
Di cosa parla il nuovo film di Gia Coppola
The Last Showgirl è l’intenso racconto umano e lavorativo di Shelly Gardner (Pamela Anderson), una showgirl iconica a Las Vegas che dopo 30 anni di attività si ritrova senza lavoro, quando lo storico spettacolo di successo di cui era protagonista da tempo, chiude bruscamente.
Da qui la donna inizierà a fare i conti col proprio passato, con le scelte fatte, con il quasi abbandono della figlia e con tutte quelle lacunose esperienze che inevitabilmente la porteranno a doversi rimettere in gioco immaginando un nuovo futuro.

In questo percorso lungo appena 89 minuti, Shelly alias Pamela dividerà lo schermo con attori e attrici altrettanto adatti a disegnare questa intima storia. Da Jamie Lee Curtis nel ruolo della sua cara amica Annette, un pilastro fondamentale per Shelly, passando per le colleghe ballerine Marianne (Brenda Song) e Jodie (Kiernan Shipka), fino al colosso Dave Bautista sempre più dedito a figurare in film dal sapore autoriale. Tra l’altro qui pienamente conforme e preciso nel ruolo di Eddie.
Il tempo passa anche per chi si gira dall’altra parte
Dopo esempi recenti come Demi Moore nel film The Substance di Coralie Fargeat, il passare del tempo e quindi di conseguenza lo scorrere dell’età anagrafica, si è estremamente riattualizzato come tema, soprattutto se traslato al femminile. In The Last Showgirl è infatti questa una delle riflessioni più vitali e al tempo stesso meglio riuscite.
Rianimare un discorso sempreverde ma mai come ora pulsante, è la chiave giusta per abbracciare diversi contesti proiettandolo su molteplici scenari. Nel film della Fargeat si spingeva sul body horror, qui invece la Coppola e Kate Gersten in sceneggiatura, toccano un ambito più realistico e posato.
Ciò che assolutamente non muta però è questo bisogno di dibattere sul tempo e sul suo fatale e rovinoso modo di alterarci. Ecco quindi che arrivano licenziamenti, sostituzioni, un ricircolo spesso maschilista (ma non per forza) che preferisce ventenni senza esperienza ma fresche e sode a cinquantenni performanti ma “raggrinzite”.
The Last Showgirl immagina una donna egoista, piena di sé, priva di apparenti vere fragilità, che conserva di certo una malinconia consapevole fatta di tristi scelte antecedenti, ma pur sempre corrette se paragonate al costante e insaziabile bisogno di sentirsi apprezzata e guardata con desiderio da chiunque.
La Anderson è strabiliante nel comunicare questo concentrato di sensazioni e la sua squillante voce da bambolina sexy aiuta nel contrasto con ciò che vuole invece trasmettere.

The Last Showgirl convince, ma gli manca qualcosa
Simultaneamente a queste meditazioni sociali il film prova a fare altro, ma purtroppo non ci riesce fino in fondo. Il tessuto emotivo che in un prodotto del genere ci si aspetta, in The Last Showgirl pare solo abbozzato. Eppure le carte sono tutte al posto giusto per farti empatizzare, le condizioni narrative favorevoli, ma ahimè l’emozione che provoca non è pari a quella sperata.
La figlia della protagonista, Hannah (interpretata da Billie Lourd), ragazza un po’ caustica e pungente, dovrebbe essere la chiave di questo frangente emotivo che pian piano sembra incalzare. Le due tentano di riallacciare i rapporti da tempo incancreniti, ma molto spesso a vincere è la fatica di rinnegare le scelte fatte prediligendo il desiderio di una carriera solida nel mondo dello spettacolo. Questo bisogno innato di essere sempre al primo posto è per Shelly una forza quanto un limite.
Nel suo involontario ma imperativo obbligo di dover affrontare una nuova vita, ripensa dunque al passato provando a mettere in discussione le scelte fatte. L’ego però, di pari passo all’idea di sogno che ancora pulsa dentro di lei, sprigiona un deficit nell’ammissione di una qualche colpa, portandola addirittura a non sentire ragioni di un’eventuale esclusione da quel mondo. Lo show è la sua vita da sempre, quella è la sua vera e unica natura, si sente nata per quello e vuole morire facendolo.

Una riflessione tutta femminile
Un film quindi che osservi ma non sempre percepisci. Pamela e il suo personaggio arrivano allo spettatore con moderazione anche nelle scene più istrioniche e plateali, dove il risultato emotivo resta lontano, quasi astratto, senza colpirti come dovrebbe. In questo viaggio umano dunque fatto di paillettes e tinte ombrose, Pamela Anderson trova nuova linfa attoriale e la Coppola un degno risultato.
Aggrappandosi fortemente alla tendenza odierna, con frasi che qua e là urlano indipendenza femminile, The Last Showgirl posiziona in maniera ficcante e spontanea un nuovo tassello nel puzzle delle variazioni sul tema, chiudendo perfettamente il suo discorso sulle note di Beautiful that way, il brano originale composto appositamente per la colonna sonora del film da Miley Cyrus. Dal 3 aprile potrete godervi The Last Showgirl nelle sale italiane grazie a Be Water Film in collaborazione con Medusa Film.