Monica Vitti, scomparsa oggi all’età di 90 anni, è stata l’attrice italiana che più di altre ha alimentato il dibattito intellettuale e culturale sulla rappresentazione delle donne al cinema. Con i suoi ruoli, ma anche con il suo attivismo, è stata negli anni oggetto di svariate dissertazioni filosofiche, motivo di approfondimento per testi accademici, fonte di ispirazione per tantissimi artisti al di fuori del mondo del cinema.
Non è un caso se Anne Carson, poetessa canadese tra le più ammirate del Novecento, spesso citata tra le possibili vincitrici del Premio Nobel per la letteratura, abbia dedicato proprio a Monica Vitti una serie di poemettipubblicati in origine sulla “London Review of Books” e poi confluiti nella raccolta Decreation (2005). In quei versi è racchiuso tutto lo sforzo che ha attraversato la carriera dell’attrice romana: il lavoro, lungo decenni, per emanciparsi finalmente dallo sguardo maschile e imporre una presenza femminile al cinema in grado di prescindere dagli uomini che la desiderano, la inseguono, ne determinano l’esistenza. Una sintesi poetica perfetta di quella che è stata una carriera tutta tesa a disinnescare l’idea della donna sul grande schermo come modello idealizzato che esiste solo per tranquillizzare la fantasia maschile.
Quello di Monica Vitti, infatti, è stato un lungo, stancante, percorso da “testimone” alle dipendenze di qualcuno (generalmente un regista maschio, dotato di testicŭlus, appunto «testimone», testis, della virilità) a padrona del proprio sguardo.
Monica Vitti | il simbolo di una femminilità nuova
Un percorso che si è compiuto ironicamente solo con l’ultimo film della sua carriera, quello Scandalo Segreto che scrisse e diresse nel 1989. Per il suo compleanno, Margherita-Monica Vitti, signora della buona borghesia, sposata con Paolo-Gino Pernice, pittore, con un figlio ormai indipendente, riceve in dono da Tony-Elliot Gould, un amico americano pieno di fantasia, una telecamera speciale, che sembra un piccolo robot. All’inizio Margherita sembra spaventata da quell’insolito occhio indiscreto che la segue ovunque. Prima ha paura di lui, lo chiude in un armadio, lo ignora. Poi pian piano diventa il complice a cui Margherita si confida. Un film senza controcampo, in cui l’inquadratura rappresenta sempre e solo l’immagine percepita dalla camera (esattamente l’opposto del doppio punto di vista cinepresa-attore del cinema di Antonioni).
Solo l’occhio della telecamera segue i protagonisti: quando non è accesa, non c’è il film. Ma questa strana telecamera è accesa anche senza il consenso della donna. Si scopre, infatti, che il regalo del suo “amico” altro non è che uno strumento utile a spiare le confessioni dal vivo della protagonista, a registrarle nella convinzione che quel materiale autobiografico raccolto in maniera truffaldina possa essere poi utilizzato per un ipotetico film. Margherita, rivelato l’inganno, capito di essere l’oggetto di uno sguardo che non è il suo, trova la forza per scaraventare giù dal balcone quella telecamera. Ed è con quel gesto che Monica Vitti cerca di scardinare i limiti imposti alle donne in un’industria cinematografica dominata dagli uomini, invitando una futura generazione di registe a raccontare solo le storie che sentono proprie.
Da testimone a padrona del proprio sguardo
Persino nella tetralogia cinematografica di Antonioni, quella per cui oggi è maggiormente celebrata, ai personaggi di Monica Vitti la macchina da presa non concedeva altro che la “falsa-autorità” dei testimoni, a cominciare da Claudia ne L’Avventura: che prima osserva dall’esterno gli eventi e dopo si trova ad essere testimone immobile del tradimento di cui è vittima. Ancora più esplicitamente, nella scena iniziale de L’Eclisse, il personaggio di Vittoria gioca con una cornice come un regista farebbe con la propria inquadratura, organizzando oggetti e immagini all’interno dei suoi limiti prestabiliti: un rettangolo in grado di includere nei propri bordi solo un piccolo pezzo di mondo alla volta, pronto per essere svuotato e riempito incessantemente. E così anche nei due film successivi della tetralogia, è lo sguardo di Monica Vitti (e quello di Jeanne Moreau ne La Notte) su Milano e Ravenna a configurare l’esplorazione che la macchina da presa fa di quegli spazi urbani e suburbani come una narrazione (anche se in potenza, carica di implicazioni ancora da scoprire) e non banalmente come una digressione.

Lo sguardo femminile dei diversi personaggi-testimoni agisce sempre in funzione della volontà del regista, che utilizza la propria attrice come un doppio della macchina da presa, la coglie nell’apprensione della ricerca, nell’atto di osservare le cose con fare estraneo, distaccato, perplesso, ansioso, indagatore. L’impresa di Antonioni è quella di farci vedere “due volte” le cose, raddoppiando lo sguardo della telecamera. E il personaggio-testimone è uno dei mezzi che impiega per farci guardare di nuovo, rendendoci consapevoli delle differenti prospettive possibili attraverso uno strumento che è sempre tele-guidato e mai indipendente. L’attore svolge quindi la stessa funzione della telecamera comandata a distanza di Scandalo Segreto. Uno sguardo nello sguardo.
Libera e controcorrente
Da quelle iniziali esperienze cinematografiche, Monica Vitti ha sempre cercato, prima come attrice e poi, nel finale della sua carriera, come regista, di operare un cambiamento nel modo di essere donna al cinema. Lo ha fatto scardinando le convinzioni di registi e spettatori, agendo sempre nella direzione contraria alle loro aspettative, senza chiedere il permesso a nessuno e conquistando da sola quella credibilità che oggi le viene unanimemente riconosciuta.
Già nel 1972, sul numero 105 del magazine Bianco e Nero, dedicato alla presenza femminile nel cinema italiano, lamentava per le attrici la mancanza di ruoli alternativi a quelli che l’immaginazione maschile aveva cucito loro addosso: «È incredibile come ci siano così pochi registi e sceneggiatori a chiedersi seriamente cosa pensa una donna, cosa la muove. Quante volte gli sceneggiatori mi hanno detto: “Ma mia cara Monica, come posso scrivere storie per te? Sei una donna. E cosa fa una donna? Non va in guerra, non ha un lavoro interessante. Cosa posso scrivere per te se non una storia d’amore? Fai un figlio con uomo, lui va via, tu soffri”». Monica Vitti ha sempre lottato affinché si potessero scrivere storie diverse e interessanti per le donne, ma soprattutto si è impegnata affinché le donne potessero scriversele da sole.
Monica Vitti ha sfidato lo sguardo che l’autore imponeva su di lei, disegnando un proprio stile, una propria opera, attraverso la ripetizione di ossessioni, gesti e movimenti. Dai tempi di Antonioni in poi, ha preso per mano i registi che l’hanno diretta e con loro ha attraversato “l’alba più difficile” – quella menzionata nella poesia di Anne Carson. Il tentativo di catturare ogni cosa che appariva nel mirino del suo sguardo, la addolorava e la spingeva a chiedersi: “Cosa dovrei fare dei miei occhi?”. Una domanda a cui ha cercato di rispondere fino a quando ne ha avuto la possibilità. Come Claudia ne L’Avventura, prima personaggio secondario e poi protagonista, Monica Vitti non ha mai cercato di riempire un vuoto (quello, appunto, lasciato dalla scomparsa di Lea Massari nel film) bensì di farsene carico, di assumerlo in sé, rivendicando che dove c’è il nulla, può esistere tutto il resto.
Speciali
Superman Wick incontra i Guerrieri della Notte | #MadVision

John Wick 4 – Newscinema.it
Questa settimana per la rubrica #MadVision condivido la mia su John Wick 4, il film che ha incassato di più in questo weekend al cinema.
“La tavola non si fermerá mai, toglie la vita e dá la morte”. Ridondante, trascinato, a tratti divertente il nuovo episodio della saga action nata nel 2014, si affievolisce sempre più perdendo d’intensità.
La durata è eccessiva per la trama banalissima che pare sgretolarsi capitolo dopo capitolo, come un lenzuolo lavato allo sfinimento che ora in brandelli sfilacciati è giunto al termine della propria esistenza. Il focus è chiaro, reggersi su scene d’azione che siano incollate da un minimo di soggetto iniziale, volto a giustificarne la produzione ma utile soltanto come pretesto per inscenare ció che nel 1º film era grandioso, ma che alla lunga è divenuto ripetitivo.
Come villain Bill Skarsgård che risulta sopra le righe e piatto. Cambia d’abito manco fosse una valletta di Sanremo e opera in un contesto per nulla intimidatorio, proponendo la solita tiritera. Di seguito vi metto il post su John Wick 4 che ho postato sul mio profilo Instagram @MadRaine8 (potete seguirmi se ancora non lo fate e vi piacciono i contenuti che realizzo).
Visualizza questo post su Instagram
Spettacolare per le scene d’azione sicuramente, ma John Wick mi è sembrato più un supereroe rispetto ai film precedenti. Tra tutti i piani sequenza e gli infiniti ma seducenti balletti mortali, quello più riuscito è senza dubbio il momento di Hiroyu Kisanada dove il fascino orientale intriso di katane, difficilmente può essere raggiunto.
Un reparto sonoro ruvido e funzionante, la bocca di una ragazza al microfono di una radio e le ottime location notturne, chiudono invece il momento che più ho apprezzato, il persistente omaggio a I Guerrieri della Notte. Scalinate che sembrano non finire mai rispecchiano infine l’enorme ascesa verso la redenzione di John, quel cammino pieno di ostacoli verso il tramonto e la pace guadagnata.
Emotivamente poi non mi ha lasciato molto. E a voi? Nel post sopra potete scoprire qualche dettaglio in più della mia recensione di John Wick 4, e se vi va fatemi sapere la vostra sul film.
Speciali
Bruce Willis: i 10 migliori film dell’attore americano

Bruce Willis in Motherless Brooklyn (fonte: IMDB)
Bruce Willis, a cui è stata recentemente diagnosticata una demenza fronte temporale, ha festeggiato da poco i 68 anni circondato dall’affetto dei suoi cari. Per l’occasione, ricordiamo i suoi ruoli cinematografici più memorabili.
La folgorante carriera di Bruce Willis fu lanciata nel 1985 dalla romcom televisiva Moonlighting, prima che diventasse il re dei film d’azione grazie alla saga cinematografica di Die Hard.
Nel corso della sua filmografia, Willis ha dimostrato attraverso tantissimi ruoli diversi la sua versatilità nelle decine di film in cui ha recitato, prima di essere costretto a ritirarsi per motivi di salute. Ecco quali sono i suoi ruoli più memorabili.
John McClane in Die Hard
Considerato a ragion veduta uno dei ruoli più iconici dell’attore, Willis ha interpretato il detective della polizia di New York John McClane nella popolarissima serie di film Die Hard. La saga, che ha attraversato quasi due decenni, è basata sul romanzo di Roderick Thorp dal titolo Nothing Lasts Forever. Bruce Willis fu la sesta scelta considerata per il ruolo di protagonista. Prima di lui, infatti, erano stati candidati Arnold Schwarzenegger, Charles Bronson, Sylvester Stallone, Burt Reynolds e Richard Gere.

Una scena da Moonrise Kingdom (fonte: IMDB)
Malcolm Crowe ne Il Sesto Senso
Nel 1999, Willis ha conquistato il pubblico di tutto il mondo nel ruolo dello psicologo infantile Malcolm Crowe ne Il sesto senso. Il film, nominato per sei premi Oscar, fu prodotto con un budget di 40 milioni di dollari, ma subito si rivelò un successo enorme. Debuttò infatti al primo posto del botteghino nordamericano con un incasso di oltre 26 milioni nel suo primo weekend e divenne un vero e proprio caso di studio, incassando 293.506.292 nei soli Stati Uniti e 379.300.000 all’estero, per un totale di 672.806.292 in tutto il mondo. Fu il secondo più alto incasso di quell’anno dopo Star Wars: Episodio I – La minaccia fantasma.
Ernest Menville ne La morte ti fa bella
Nel 1992, Willis ha recitato al fianco di Goldie Hawn e Meryl Streep ne La morte ti fa bella di Robert Zemeckis: un film fantasy satirico che racconta la storia di due rivali in amore, interpretate da Streep e Hawn, che cercano di conquistare l’affetto del personaggio di Willis. Il film ha raggiunto il primo posto al box-office nel suo weekend di apertura ed è stato tra i primi film a utilizzare effetti avanzati generati al computer.
James Cole ne L’esercito delle dodici scimmie
Le scelte iniziali di Terry Gilliam per il suo cult fantascientifico erano Nick Nolte per il ruolo di James Cole e Jeff Bridges per quello Jeffrey Goines, ma la Universal obiettò. Il regista allora, che aveva incontrato Bruce Willis durante i casting del suo precedente film La leggenda del re pescatore (1991, il ruolo fu affidato in quel caso proprio a Jeff Bridges), lo richiamò per interpretare il personaggio principale di Cole, che, secondo la sua idea, doveva essere «forte e pericoloso, ma anche vulnerabile».

Bruce Willis ne L’esercito delle dodici scimmie (fonte: IMDB)
Capitano Sharp in Moonrise Kingdom
Uno dei ruoli più memorabili della carriera di Willis è sicuramente quello del capitano di polizia Sharp sull’isola immaginaria di New Penzance nel meraviglioso coming-of age diretto da Wes Anderson nel 2012. Willis riesce ad essere estremamente toccante nel suo malinconico ritratto di un “poliziotto triste e stupido”, come lo descrive brutalmente la piccola protagonista Suzy a sua madre. Moonrise Kingdom è il film che ha definitivamente dimostrato come Willis, così facilmente identificabile con i film d’azione, fosse capace di muoversi anche nell’ambito della commedia.
Frank Minna in Motherless Brooklyn
Motherless Brooklyn racconta la storia di Lionel Essrog, solitario detective privato afflitto dalla sindrome di Tourette, deciso a risolvere l’omicidio del suo mentore ed amico Frank Minna, interpretato proprio da Bruce Willis nella prima parte del film.
La scarsa autonomia sul set di Willis, già compromessa dai problemi di salute divenuti tragicamente ingestibili poco tempo dopo, non gli ha permesso di avere molte scene nel noir diretto da Norton, ma ugualmente la sua presenza, se pur fugace, comunica in pochi minuti allo spettatore tutte le ragioni per cui il personaggio di Lionel è così affezionato a lui.
Butch Coolidge in Pulp Fiction
L’incontro fatidico tra Quentin Tarantino e Bruce Willis avvenne a casa di Harvey Keitel, come rivelato dallo stesso regista: “Non lo avevo mai incontrato prima e quando scoprì che aveva amato il mio precedente film, Le Iene, rimasi davvero contento della cosa.
Dopo l’incontro, seppi che Bruce chiamò immediatamente il suo agente intimandolo di fargli leggere quel dannato copione di Pulp Fiction”. Oggi quello di Butch Coolidge, ex pugile nelle mani del boss Marsellus Wallace, è uno dei personaggi più iconici e amati del film.
John Hartigan in Sin City
Sin City è una città nera, dove la notte non tramonta mai, abitata da una schiera di personaggi più cupi della notte stessa. Tutti cattivi, ognuno a modo suo. Ispirato al Batman de Il ritorno del cavaliere oscuro, sempre scritto da Frank Miller, il detective di John Hartigan è un personaggio integerrimo e ligio al dovere, esempio di inflessibilità in un mondo di corruzione e criminalità dilagante. Anche in questo caso, però, quella di Willis non fu la prima scelta. Il ruolo di Hartigan, infatti, venne inizialmente proposto a Michael Douglas, che però rifiutò.
John Smith in Last Man Standing
Scritto e diretto da Walter Hill, Last Man Standing è il remake autorizzato di La sfida del samurai (1961) di Akira Kurosawa, di cui è una versione gangster ambientata negli anni del proibizionismo. Il film segue le vicende del vagabondo John Smith (interpretato appunto da Bruce Willis), un abile pistolero che si trova per caso in mezzo a una guerra tra due bande criminali nel 1932 a Jericho, città di frontiera tra il Texas e il Messico.
Lì la mafia italiana guidata da Fredo Strozzi (Ned Eisenberg) e quella irlandese capitanata da Doyle (David Patrick Kelly) competono per il controllo del mercato di contrabbando.

Una scena da The Last Boy Scout (fonte: IMDB)
Joseph Hallenbeck in The Last Boy Scout
Scritto dallo Shane Black di Arma letale con la voglia di decostruire il genere – quello del buddy movie – che lui stesso aveva contribuito a consacrare, e diretto da Tony Scott, The Last Boy Scout presenta il Bruce Willis più stropicciato e perdente della sua intera filmografia, ma anche il più ironico e dissacrante.
Speciali
Ad Aprile 2023 su Netflix: serie tv e film imperdibili

Tutte le prossime uscite ad aprile su Netflix | Fonte: Instagram
Se stai cercando di sapere quali saranno i titoli disponibili su Netflix nel mese di aprile 2023, qui troverai l’elenco completo delle nuove uscite, che comprendono serie TV, film, anime e documentari.
Per rimanere sempre aggiornato sulle novità in arrivo nei prossimi mesi, ti consigliamo di leggere il nostro articolo: abbiamo raccolto tutte le prossime uscite, divise in serie tv e film! Dopo un marzo pieno di titoli molto attesi dal pubblico, tra cui Una semplice domanda, il docu-show con Alessandro Cattelan, e la seconda stagione di Bridgerton e di You, il mese di aprile si preannuncia altrettanto interessante. Tra le uscite più attese del mese troviamo sicuramente la commedia originale Nella Bolla e la seconda stagione di Russian Doll.
Le serie tv imperdibili in uscita ad aprile
1 aprile
Trivia Quest
L’Ultimo Bus del Mondo
The Home Edit: l’arte di organizzare la casa S2
6 aprile
Michela Giraud, la verità, lo giuro!
L’Ultimatum: o mi sposi o te ne vai
7 aprile
Senso: omicidio di una star del calcio
8 aprile
Élite S5
TIGER & BUNNY S2
12 aprile
Hard Cell
13 aprile
I parchi nazionali più belli del mondo
Felice o quasi S2
14 aprile
Ultraman S2
15 aprile
Anatomy of a Scandal
Young Sheldon S1 – S4
19 aprile
Better Call Saul – S6 (prima parte)
Pacific Rim: The Black – S2
20 aprile
Russian Doll S2
Yakamoz S-245
22 aprile
Heartstopper
Selling Sunset
29 aprile
Ozark 4 – seconda parte
Grace and Frankie – S7
30 aprile
The Vampire Diaries
Tutte i film da non perdere su Netflix
1 aprile
Nella Bolla
Sempre più bello
Il Sole a Mezzanotte
Apollo 10 e mezzo
Celeb Five: dietro le quinte
Battle: Freestyle
Lara Croft: Tomb Raider
7 aprile
Ritorno allo spazio
8 aprile
The In Between – Non ti Perderò
Metal Lords
Yaksha
Danzando sul cristallo
14 aprile
Ovosodo
15 aprile
Choose or Die
16 aprile
Venom: La Furia di Carnage
18 aprile
Zack Snyder’s Justice League
19 aprile
White Hot: L’ascesa e la caduta di Abercrombie & Fitch
20 aprile
La svolta
22 aprile
Taxi Driver
27 aprile
L’assedio di Silverton
I segreti di Marilyn Monroe: i nastri inediti
365 giorni: Adesso
28 aprile
Bubble
- Gossip2 settimane ago
“Persona di emme, ma…”: urla e parolacce nella notte al GF VIP | La regia alza la musica per non far sentire
- Gossip3 settimane ago
“Non posso più fingere”: futuri genitori a Uomini e Donne | Stanno insieme da poco, ma è successo
- Gossip3 settimane ago
“Non morirai”: la verità sulla fine della storia tra Andrea Delogu e Francesco Montanari |Non c’era niente da fare
- News2 settimane ago
Oscar 2023: dove vedere i film, cortometraggi e documentari candidati
- Gossip2 settimane ago
Non indovinerete mai chi è questo giovane uomo con Alba Parietti in una foto del 1994 | Il noto opinionista RAI è irriconoscibile
- Gossip7 giorni ago
“Sono etero, ma ho amato Carmine”: la rivelazione di Giuseppe Fiorello | Amore vero
- Gossip3 settimane ago
La casa di Loretta Goggi a Roma | La vista è spettacolare
- Gossip3 settimane ago
“L’unico mio vizio? Il sesso”: la conduttrice senza freni | Quando mi proposero di fare foto sexy fui entusiasta