Venezia 78: Pubu (The Falls), il Covid-19 per riavvicinarsi…oppure no

Ha debuttato nella Sezione Orizzonti della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2021, il film di origine cinese diretto da Chung Mong-Hong, Pubu (The Falls). Scritto dallo stesso regista a quattro mani con Chang Yao-Sheng.

Pubu (The Falls): la sinossi del film

In seguito ad un caso di Covid-19 in una classe di giovani ragazzi, Xiao Jing inizia forzatamente il periodo di quarantena a casa. Immediatamente l’azienda presso cui lavora la madre di Xiao, vista la situazione, la obbliga a un periodo di congedo. Da qui il declino tra problemi economici e lavorativi. Ben presto le due dovranno fare i conti con un rapporto già da prima difficile, che ora diventerà ancora più teso.

Pubu (The Falls): la recensione

Una struttura poco solida e una mancanza di appeal, segnano il deficit d’incisività di un film basato su un evento alquanto semplice, che poteva riflettere tematiche davvero essenziali e accattivanti.

L’attualità di questo prodotto è il primo segnale che si avverte, tante le mascherine fin da subito e il panico generale dovuto al virus, ma tutto questo diviene soltanto un presupposto per raccontare un rapporto madre figlia che di certo è molto affascinante nello sviluppo, ma poco nella realizzazione.

Protagonista decisiva dopo due decine di minuti dalla partenza della pellicola, è una diagnosi di disturbo psicotico che farà da perno per stravolgere la trama e di conseguenza la sensibilità delle protagoniste. Con tutte queste intriganti premesse vi chiederete: “Come può fallire?”

Beh, come sappiamo, il cinema è un insieme infinito di elementi, tutti devono coesistere, incastrarsi e collaborare per poter arrivare ad un buon risultato. In questo caso il ritmo rallentato, la durata prolungata e l’inspiegabile poca emotività, danno vita ad un prodotto ben poco significativo oltre che insipido. 

Ciò che in parte valorizza il film in questione, è l’inversione dei ruoli che ci viene proposta, una sorta di tira e molla tra una madre ed una figlia, entrambe orgogliose sostenitrici della propria sicurezza personale, ma che talvolta è doveroso mettere da parte per provare a riallacciare un legame così unico e sacro.

Il crollo di nervi, l’esaurimento nervoso e ciò che ne consegue, portano come spesso accade nei film basati su malattie, ad un ribaltamento di emozioni, di sentimenti, una direzione inaspettata in cui vale la pena accantonare un po’ sé stessi, trovando un equilibrio nel prendersi cura di un’altra persona.

Nessun brio particolare a livello registico o fotografico, lo stesso vale per le interpretazioni e l’impianto scenico, tutto rimane nella normalità e forse è proprio per questo piattume che il lungometraggio scivola via senza lasciar traccia. Una pellicola statica dunque, a tratti noiosa che non travolge lo spettatore né lo porta particolarmente verso una riflessione costruttiva.