Aveva già dato prova di essere un talento fuori dal comune, ma questa volta Bill Skarsgård ruba letteralmente la scena. Vi parliamo di Dead Man’s Wire, il nuovo film di Gus Van Sant.
Tensione, spirito ribelle e una tremenda capacità di coinvolgere lo spettatore: Dead Man’s Wire è una bomba. Diretto dal celebre regista Gus Van Sant, sceneggiato da Austin Kolodney e musicato da mitico Danny Elfman, non ha ancora una precisa data di uscita italiana ma è già stata confermata una distribuzione nel nostro Paese.
Il film è basato in parte sul documentario Dead Man’s Line del 2018 e attraverso l’interpretazione di nomi come Bill Skarsgård, Dacre Montgomery e Colman Domingo riesce a trovare la chiave perfetta per raccontare una storia rivoluzionaria. Curioso notare che si tratti anche della prima collaborazione tra Gus Van Sant e Al Pacino, qui in un ruolo marginale ma determinante a livello narrativo.
Presentato Fuori Concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2025, Dead Man’s Wire impiega 105 intensi minuti per raccontare un episodio divenuto ben presto simbolo di rivolta e sovversione.
Cosa racconta il film
Dead Man’s Wire ci trasporta nel cuore di uno degli episodi più inquietanti e assurdi della storia recente americana: l’8 febbraio 1977.
Quel giorno, Anthony G. “Tony” Kiritsis (interpretato da Bill Skarsgård), 44 anni, esasperato da una controversia finanziaria, irrompe negli uffici della Meridian Mortgage Company deciso a farsi giustizia da solo. Ma ciò che mette in atto va ben oltre una semplice presa di ostaggi.
La mattina di quel fatidico giorno, Tony cattura Richard O. Hall (alias Dacre Montgomery), figlio del potente M.L. Hall (Al Pacino), a capo della compagnia. Gli lega al collo un ordigno rudimentale, collegato a un fucile a canne mozze calibro 12, e glielo punta alla testa. Si tratta di un congegno mortale, azionato da un sottile filo metallico teso tra il grilletto dell’arma e il collo della vittima, un “dead man’s wire” appunto, pronto a far fuoco al minimo tentativo di movimento.
Le sue richieste? Non solo denaro, ma anche l’immunità legale e, soprattutto, pubbliche scuse. Quella che segue è una vicenda senza precedenti. L’evento venne trasmesso in diretta nazionale, trasformando un dramma reale in uno spettacolo disturbante.

Gus Van Sant colpisce ancora
Dopo averci regalato titoli come Will Hunting – Genio ribelle o Milk, il regista e sceneggiatore statunitense Gus Van Sant afferma ancora una volta il suo enorme talento.
Dead Man’s Wire si manifesta infatti come un progetto asciutto, coeso e di una lampante lucidità, tanto registica quando narrativa. Si parla in fondo di un caso di cronaca realmente accaduto nel 1977, che ha contribuito a scatenare un circo mediatico incredibile ma che, nelle mani sue mani, diventa un puro thriller riflessivo.
Con estremo coraggio e scegliendo di investire del proprio per far risuonare una segnale rivoluzionario, Tony Kiritsis scioccò l’opinione pubblica mondiale. Il regista riesce a farti assaporare pienamente questa sensazione e con l’aiuto delle magiche performance, soprattutto di Skarsgård e Montgomery, il trasporto carismatico è totalizzante.
Di certo, anche la fotografia di Arnaud Potier aggiunge quel pizzico di adattamento storico che supporta il racconto e ne fa un affascinante e accurato momento d’intrattenimento. Ma forse, oltre a quanto detto e al potenziale che risiedeva già nel fatto in sé, è proprio da ricondurre a Guas Van Sant il merito maggiore. Sono le sue mani a disegnare questo quadro filmico ansiogeno, reale ed estremamente trascinante.
Dead Man’s Wire: Bill Skarsgård sovverte il sistema
Impressionante sempre più, l’attore svedese classe 1990 Bill Skarsgård, pare spesso non interessato a dedicarsi a ciò che molti altri attori suoi coetanei reputano prioritario. Niente cinecomic o progetti più mainstream, a meno di qualche titolo discutibile, Bill sembra scegliere ciò che trova di forte impatto artistico, coraggioso e volto a mettere in luce il suo vero talento.
Questa volta, proprio a evidenziare quanto appena detto, l’attore si cala nel ruolo di Tony, il protagonista della storia e lo fa in maniera esaltante. Sostenuto costantemente dal Richard di Dacre Montgomery, si addentra in sfumature che sanno di follia, rabbia, risentimento, angoscia e tanta frustrazione.
Il film infatti, si insinua lungo i labili confini che abitano la sanità mentale e il delirio, la giustizia e la vendetta, la verità e la manipolazione. Un thriller psicologico tratto da una storia vera che mette a nudo le contraddizioni della società americana e il suo rapporto con il potere, i media e la spettacolarizzazione del dolore.