Era il 3 luglio del 1985 e un film arrivava nelle sale americane ridefinendo il concetto stesso di fantascienza mainstream: Ritorno al futuro, per la regia di Robert Zemeckis e con la produzione esecutiva di Steven Spielberg.
Sono passati quarant’anni dal primo Ritorno al Futuro: un film ancora vividissimo nell’immaginario cinematografico collettivo, capace di entrare in dialogo con ogni generazione di spettatori.
Il film, scritto dallo stesso Zemeckis e da Bob Gale, nacque da un’idea di Gale durante una visita ai suoi genitori a St. Louis: aprendo l’annuario scolastico del padre, ebbe l’idea per un film che raccontasse l’incontro con i propri genitori quando avevano la sua stessa età.
Riscopriamo il film attraverso dieci scene cult.
La scena iniziale
Che Ritorno al futuro sia un film dove davvero tutto è perfetto, lo si capisce fin dalla sequenza iniziale. Una di quelle scene che, in pochi minuti, dettano già il mood del film e, soprattutto, ci permettono di conoscere bene il protagonista.
Il tutto sulle note di The Power Of Love di Huey Lewis And The News, canzone che è passata alla storia proprio per questo film, a cui è indissolubilmente legata.
Reagan, l’attore?
Marty incontra Doc, che però è il Doc degli anni Cinquanta, non quello che conosce lui. E non crede che Marty arrivi effettivamente dal futuro. E allora, per metterlo alla prova, gli chiede: “Chi è il Presidente degli Stati Uniti nel 1985?”. “Ronald Reagan”, risponde Marty. Doc risponde piccato: “Ronald Reagan! L’attore? E chi è il vicepresidente, Jerry Lewis? Suppongo che Marilyn Monroe sia la First Lady!”.
L’inseguimento sullo skateboard
La prima scena d’azione, una volta sbarcati negli anni Cinquanta, è quella in cui Marty, scontratosi nel diner con il Biff degli anni Cinquanta – giovane, grosso e incavolato – decide di darsela a gambe per sfuggire a lui e agli altri bulli con cui si accompagna. E che fa? Ricorre al suo mezzo di trasporto preferito negli anni Ottanta, lo skateboard.
“Hey tu! Porco!”
È sicuramente una delle battute maggiormente conosciute del film e molto del merito, in questo caso, va al doppiaggio italiano, che l’ha resa particolarmente iconica. La prima volta che Marty e George provano il bizzarro copione, in inglese sentiamo “Hey you! Get your damn hands off her!”.
Dopodiché George, un tipo di buone maniere, domanda se debba anche urlare. Quello che noi, in Italiano, conosciamo come “devo dire anche porco?”. Ecco, questo è un esempio di adattamento geniale, estremamente comico ed efficace.
Levi Strauss
Tornare indietro nel tempo, ce lo ha insegnato proprio Ritorno al Futuro, può dar vita a dei paradossi spazio temporali (e quanti film hanno campato di rendita su questo concetto…). Uno di questi è che, se torni indietro nel tempo, rischi di incontrare tua madre da giovane.
E rischi anche che si innamori di te. Nella versione italiana, il soprannome di Marty nel 1955 è Levi Strauss perché quello utilizzato nell’originale, Calvin Klein, si riferiva a un marchio ancora poco noto da noi.
L’assolo di Marty
Marty, che è un discreto chitarrista, per una serie di eventi si trova sul palco di Enchantment Under The Sea. In una band che suona musica anni Cinquanta, intona Johnny B. Goode, uno dei primi classici del rock’n’roll.
Scatenato e fomentato dalla musica, si lascia andare a un assolo di chitarra quasi heavy metal. Inginocchiatosi a terra con la chitarra, si rende conto che il pubblico è fermo, e ammutolito. Al che non può far altro che scusarsi: “Penso che ancora non siete pronti per questa musica. Ma ai vostri figli piacerà”.
Pronto, Chuck?
Ma la sequenza dell’assolo è seguita da un’altra scena memorabile. Nella band che suona al ballo di fine anno c’è anche Marvin, il cugino di Chuck Berry. Che, dopo aver ascoltato Marty, corre verso il telefono della segreteria della scuola per chiamare il suo illustre parente.
“Pronto, Chuck? Sono tuo cugino, Marvin Berry! Sai quel nuovo sound che stai cercando?”. Il rock’n’roll sarebbe nato così da un ragazzo arrivato dal futuro.
Marty incontra il padre
La scena in cui Marty incontra suo padre da giovane è girata in modo che il pubblico individui il padre ancora prima del protagonista: i due si muovono praticamente nello stesso modo. Una delle tante scene del film caratterizzate da una regia brillante.
Il fulmine e l’orologio
Uno dei momenti più carichi di suspense del primo film. Marty deve tornare al suo 1985, con la DeLorean, ma negli anni Cinquanta non c’è l’elettricità necessaria per far funzionare la reazione. L’unica è sperare che passi un fulmine.
Non abbiamo dubbi che il fulmine colpirà l’orologio, ma la DeLorean riuscirà a toccare le 88 miglia all’ora, grazie alla scossa? Dobbiamo crederci, come fa Doc! Un sottofinale bellissimo.
La scena finale
Ma è proprio nel finale vero e proprio che Doc (Christopher Lloyd) pronuncia la frase simbolo della saga (e una delle più famose della storia del cinema). Mentre tutto sembra finito, e Marty si ritrova a casa, con la sua fidanzata, come se niente fosse accaduto, sentiamo un gran baccano.
È di nuovo la DeLorean, guidata da Doc. Che stavolta è stato nel futuro. Un altro viaggio sta per iniziare ed ecco, alla fine del film, la famosa battuta: “Strade? Dove stiamo andando non c’è bisogno di strade”.