Venezia 69: Thy Womb, il film di Brillante Mendoza

Il regista filippino Brillante Mendoza quest’anno partecipa alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia con il suo film Sinapupunam (Thy Womb), tornando al festival dopo la sua presenza nel 2009 con Lola. Mendoza porta sul grande schermo un melodramma che appartiene molto più al mondo del documentario piuttosto che al cinema, raccontando la storia di Shaleha, la levatrice della popolazione Bajau, nel Sitangkai, nel sud delle Filippine. La donna non può avere figli e abbraccia a malincuore la scelta di far sposare il marito con un’altra, capace di assecondare il desiderio di paternità dell’uomo.

Thy Womb ha una storia di fondo, ma Mendoza preferisce seguire e documentare, senza raccontare una storia o soffermarsi sui suoi personaggi, e la sensazione come spettatori è quella di ritrovarsi davanti ad un programma di Discovery Channel o National Geographic. Tra i paesaggi suggestivi del suo paese e la naturalezza di alcuni miracoli della vita come la nascita e la morte, Mendoza presenta nei dettagli il popolo dei cosiddetti ‘zingari del mare’, una comunità che vive di pesca e altri piccoli lavori artigianali, in povertà, ma con una grande ricchezza di tradizioni. La maggior parte delle inquadrature, intrise quasi di acqua, sono affascinanti e colorate, invase da balli tradizionali e da costumi sgargianti che vengono utilizzati in occasione di alcune cerimonie dalle origini antiche. Sullo sfondo di immagini liquide si snoda un filone narrativo abbastanza basico, in cui tuttavia è interessante conoscere più da vicino il popolo filippino, vedendo alcuni dei loro rituali nella realtà, dal matrimonio  alla possibilità di avere una seconda moglie, allo scambio di prodotti come dote tra una famiglia e l’altra e tutto si apre e si chiude con una nuova vita che si affaccia al mondo, con la ripresa di parti naturali reali.

Lo stile documentaristico è senza dubbio la prima caratteristica che salta all’occhio vedendo Thy Womb, e il film infatti incuriosisce e fornisce alcune risposte su un popolo di cui ignoriamo molte cose ed è bello conoscere le loro abitudini, credenze e ricorrenze. La macchina da presa viene letteralmente rapita dalle bellezze naturali, richiamata ogni tanto all’ordine da un paio di scene simil – action dei pirati del mare che rubano il pesce agli umili pescatori. Il film è ben strutturato e interessante, ma risulta un po’ fuori contesto rispetto alle linee del festival e non sembra adatto a gareggiare nella sezione ufficiale in concorso della mostra. Sarebbe più adatto ad una ipotetica sezione Documentari, nel qual caso si potrebbe considerare un prodotto completamente riuscito per una fotografia fresca e definita, personaggi che emozionano e paesaggi molto belli ma che solitamente si mostrano poco alle telecamere.

 

 

 

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