Venezia 75: Sulla Mia Pelle, Alessandro Borghi: “La storia di Stefano Cucchi è una ferita ancora aperta”

All’interno della sezione Orizzonti di Venezia 75 è stato presentato in anteprima il film Sulla Mia Pelle, diretto da Alessio Cremonini e interpretato da Alessandro Borghi, Max Tortora e Jasmine Trinca.

Il film distribuito contemporaneamente al cinema da Lucky Red e attraverso il servizio di streaming Netflix a partire dal 12 settembre 2018, racconta il tragico fatto di cronaca che ha coinvolto Stefano Cucchi, giovane geometra romano morto mentre si trovava in custodia cautelare a Regina Coeli. Il regista e il cast hanno incontrato la stampa internazionale durante la conferenza stampa del film ed ecco cosa hanno raccontato.

Alessandro Borghi in Sulla Mia Pelle

Come vi siete rapportati con questa storia di cronaca che ha lasciato il segno?

Alessandro Borghi: La storia di Stefano Cucchi è una ferita ancora molto aperta per la storia del nostro paese. Ero un po’ confuso nel fare questo film perché sono stato emotivamente coinvolto da questa vicenda per tanti anni. Poi però ho pensato che fosse giusto usare il cinema per raccontare una storia che doveva essere raccontata e la sceneggiatura mi ha colpito per il suo rigore e una correttezza nello scandire gli eventi. 

Jasmine Trinca: Interpretare Ilaria Cucchi è stato impegnativo, ma ho voluto affrontare il personaggio non come attrice ma nel rispetto del suo dolore privato. Abbiamo anche lavorato sull’immagine, cercando di raccontare la sfera privata dei legami familiari e l’amore per un fratello che sbaglia e inciampa, verso cui lei è stata anche dura e severa. 

Max Tortora: La misura è fondamentale in una storia così, perché bisogna esserci dentro ma non troppo e affidarsi a ciò che si conosce della storia. Il regista si è fatto da parte per lasciare spazio agli eventi. Ho un affetto per Stefano (Cucchi) da sempre e, in un certo senso, mi sono ritrovato quasi naturalmente in questa storia. 

Milva Marigliano: Lavorare sul dolore di un personaggio e renderlo universale non è facile. Se è realmente esistito poi è più difficile. Anche il dolore ha un suo incanto e in questo film abbiamo lavorato sulla sottrazione, grazie a Cremonini e alla sceneggiatura. Io non sono madre, ma mi piace interpretare questi ruoli perché portano avanti dei dolori e gioie profondissimi. 

Questo è stato un ruolo molto fisico. Ma come ha affrontato l’elemento fede che spesso ricorre nel film?

Borghi: Tutto quello che viene raccontato nel film sono cose dette da fonti vicine a Stefano e varie testimonianze ufficiali. La fede racconta la nuova fase della vita di Stefano, perché lui in quel momento della sua vita stava cercando di cambiare qualcosa, seppur faticosamente. Andava in palestra e si è avvicinato alla fede perché lo faceva sentire meglio. Difficile chiedere perdono ad una famiglia a cui già gliene hai fatte passare molte. Sulla mia Pelle è un racconto oggettivo dei fatti, tra materiale trovato su internet e influenze avute dalla sceneggiatura. Razionalmente in questo film io ho fatto poco. Ho solo seguito il flusso di quello che accadeva a me e a quelli intorno a me. Poi quando ho dovuto affrontare il  dimagrimento e interagire solo con una camera di ospedale è stata la parte più difficile. 

Che lavoro avete fatto sulla sceneggiatura?

Alessio Cremonini: Abbiamo studiato circa 10 mila pagine di verbali con umiltà e senso francescano per capire, senza pregiudizi, cosa era successo, umanamente. Ci si dimentica spesso che le vittime non ci sono più ma gli altri parlano di loro, e un verbale è freddo per far uscire fuori qualcosa. Dovevamo trasformare la carta in carne. Il cinema in questo è magico. Poi abbiamo avuto molti confronti su vari aspetti della storia. 

Quali sono le prudenze da adottare per raccontare una storia come questa, anche visto il processo ancora in corso?

Alessio Cremonini: Sono un garantista perché i film non sono aule di giustizia, ma raccontano delle storie. Nel nostro film c’è una porta che si chiude perché è giusto che i magistrati decidano cosa è successo realmente. Cucchi è dimagrito 7kg in 7 giorni, e qualcosa da dire c’è. 

Alessandro Borghi: Abbiamo fatto il film senza curarci del mondo fuori. Il film cerca di fornire gli strumenti per farsi un proprio pensiero su questa storia. Abbiamo trovata una dimensione meravigliosa per raccontare una storia vera, rigorosa e precisa senza rischiare di vederlo solo a casa nostra. 

Tutto è molto realistico. Il personaggio di Marco però è stato creato nel calvario di Cucchi o no?

Alessandro Borghi: Io ho chiesto a Alessio quale fosse la sua idea e lui mi ha detto di farlo come veniva e vedere gli altri come lo percepivano. Io l’ho immaginato come un suo rifugio mentale.

Come è stata la trasformazione fisica?

Alessandro Borghi: Devo ringraziare Giulia Mecozzi, nutrizionista e psicologa, che mi ha seguito in un processo di poco meno di tre mesi. Ho furbamente sfruttato un altro film che ho girato con Matteo Rovere, per cui ho passato due mesi nel bosco per un ruolo molto dinamico che ha richiesto un certo allenamento. Alla fine del film avevo perso 9 chili e ne mancavano altrettanti, quindi ho mangiato davvero poco e sono diventato più antipatico, ma questo mi ha costretto ad avere a che fare con me stesso in un modo del tutto nuovo. Nell’ultima settimana pesavo 62kg ed è stato molto difficile, ma bisogna avere un obiettivo per farlo. In tutto ho perso 18 kg.