Cannes 2012: On the Road, recensione

In molti hanno immaginato e atteso una trasposizione cinematografica del più celebre romanzo di Jack Kerouac. Chi lo avrebbe detto che ad avere l’onere e l’onore sarebbe stato Walter Salles? Dopo I Diari della motocicletta, torna a raccontare un viaggio, anzi Il Viaggio (almeno per la letteratura del novecento e per l’immaginario pop degli ultimi cinquant’anni). On the road, presentato nella Competition al 65esimo Festival di Cannes, non si allontana dal romanzo, ma non è neanche fedele. Lo è nella riproduzione dei fatti narrati ma non nello spirito. Il regista brasiliano mette in fila schematicamente i momenti del romanzo, depurandoli della voce e dello sguardo (in senso lato ed effettivo) dell’autore. Il commento di Sal, il protagonista, alle sue avventure, veicolo del pensiero di Kerouac ma anche spaccato della mentalità dell’epoca, viene sacrificato per un atteggiamento più distante. Se sembra chiara l’assenza di Kerouac, non è compensata dalla presenza di Salles.

Tutto è molto più edulcorato, e patinato. Il maschilismo di cui il romanzo è intriso, non si percepisce se non in una maniera superficiale. Le figure femminili, quasi umiliate nel romanzo, qui acquistano spazio e forza. Indovinate le scelte di cast, tutti incredibilmente somiglianti ai personaggi a cui si ispira il romanzo. Garret Hedlund sarà anche identico a Neal Cassady, ma il suo Dean Moriarty, non sembra essere carismatico e folle come quello letterario, un uomo capace di guidare cast to cast per tre giorni di fila, a ritmo di Be-bop, senza mai fermarsi. La vera anima del racconto. Anche, e soprattutto in questo il tradimento si sente. On the road è un romanzo scritto tutto d’un fiato su di un rotolo di carta per telex, e Kerouac corre come Dean forsennatamente per tutto le pagine. Questa corsa del racconto stesso il film di Salles non l’ha.

 

 

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