Interviste
Daniele Monterosi si racconta: “Sono l’unico romano nella grande famiglia di Gomorra 3”
Lo scorso 17 novembre è cominciata su Sky la terza stagione di Gomorra – La Serie, anticipata da una speciale anteprima dei primi due episodi in numerose sale cinematografiche italiane, a sottolineare la differenza sempre meno netta tra cinema e serialità televisiva. L’attore romano Daniele Monterosi è stato protagonista del secondo episodio di questa nuova stagione nel ruolo di Silvano, premuroso padre di una ragazza di 18 anni ed amante di Gegè, una delle new entry più importanti nell’universo narrativo di Gomorra per il suo legame lavorativo con Genny Savastano. Quella tra Silvano e Gegè è la prima relazione omosessuale della serie ideata da Stefano Sollima e, per questo, riveste un significato ancora più dirompente. Abbiamo chiesto a Daniele Monterosi di raccontarci la sua esperienza sul set e con lui abbiamo chiacchierato sull’attuale stato dell’industria televisiva e cinematografica in Italia.
Inizierei subito chiedendoti come è stato lavorare sul set di Gomorra. Ti sei sentito subito a tuo agio o ci hai messo un po’ di tempo per ambientarti ?
La cosa bella è questa: è un set in cui ogni reparto è talmente attento alla cura dei particolari ed io, che vengo spesso definito un attore maniacale per quanto mi piace curare i personaggi dagli abiti al parrucco, mi sono sentito subito a mio agio in questo senso e mi è sembrato un sogno. Mi preme sottolineare l’assoluta dedizione di tutti i reparti che hanno lavorato per dare il miglior contributo possibile al progetto ed è anche per questo infatti che parliamo di Gomorra come un successo incredibile.
L’orientamento sessuale del tuo personaggio è stato un elemento importante nel pensare alla sua caratterizzazione o la tua preoccupazione era quella di restituire il legame affettivo, indipendentemente dalla omosessualità di Silvano ?
Il fatto che fosse un personaggio omosessuale portava su questo Silvano una serie di sfide importanti: è la prima relazione omosessuale in Gomorra e viene presentata allo spettatore con una dinamica “a schiaffo” attraverso un bacio improvviso. Sicuramente quindi era un elemento da tenere in considerazione, trovando la giusta alchimia per farlo accadere. Però la cosa sulla quale mi sono concentrato non è tanto la realtà omosessuale o meno, ma cercare di rendere veramente credibile una storia d’amore che aveva poi poco spazio narrativo. Il mio impegno, insieme a quello di Edoardo Sorgente che fa Gegé e sotto il coordinamento di Claudio Cupellini, è stato quello di trovare la giusta dimensione ad una storia che doveva essere comunque portatrice di valori importanti in un breve tempo e tra l’altro introdurre la tematica omosessuale. Io mi sono concentrato principalmente sull’essere un buon padre ed un buon amante, a prescindere poi da chi fosse il soggetto amato.
Sembrerebbe che in un mondo come quello della criminalità organizzata, che segue regole precise e codici a cui non si può contravvenire, l’unica cosa che non possa essere imbrigliata sia l’amore. Quale pensi sia la forza, magari anche sovversiva, del tuo personaggio in relazione al contesto nel quale è immerso ?
Il mio personaggio ha uno scopo che è quello di aprire una parte sentimentale nel mondo di Gegè, che è il protagonista di una serie di vicende e di dinamiche. Quindi nell’ambito della sfera amorosa e di quello che fai a casa, ognuno si gestisce i propri affetti a modo suo. Gegè infatti non può parlarne apertamente con quel tipo di realtà per cui lavora e questo è stato un altro aspetto che abbiamo cercato di far passare nei limiti delle scene che avevamo. Questa difficoltà di comunicazione non esiste solo tra Gegè ed il mondo della mala ma anche tra di noi, per questo ho cercato di mettere in scena anche un rapporto molto maturo tra due persone che non vanno ad invadere l’ambiente dell’altro. È un personaggio che sa in quali situazioni e con quali figure Gegè si trova a che fare. Lo sa da tempo e a modo suo cerca di gestire al meglio questa cosa.
Come hai ottenuto il ruolo e cosa ti ha spinto ad accettare la parte ?
Ho fatto un provino, l’ho vinto e quindi ho accettato con gioia un ruolo nella terza stagione di una serie così importante. Per me era una grande occasione far parte di questa grande famiglia e di questo grande successo. Quando ho saputo di aver ottenuto la parte per me è stata una emozione immensa, anche perché Silvano è l’unico personaggio romano che entra in questa storia e quindi c’era solo questa possibilità per me che sono romano, e sono contento che Claudio e tutta la produzione abbiano contato su di me per questo ruolo così delicato.
Quale pensi sia la chiave dello straordinario successo di Gomorra non solo nel nostro Paese ma anche in America, dove è la serie italiana di gran lunga più famosa ?
Il successo è legato a diversi aspetti. Il primo è certamente legato alla qualità che c’è dietro ad un progetto di questo tipo, perché è veramente una serie curata in ogni minimo dettaglio e quando si tratta di mettere insieme una grande orchestra per suonare bene una determinata sinfonia la differenza la fanno proprio i piccoli tasselli. È proprio la qualità che esce fuori ad essere determinante, grazie all’attenzione delle persone che lavorano su quel set. Ho avuto la fortuna di lavorare con Claudio Cupellini che è un regista che cura nel dettaglio le sfumature e questo permette anche agli attori di avere uno spazio, un respiro, una consapevolezza molto più incisiva. Ed è questo il motivo per cui molti attori lavorano così bene, perché supportati da una realtà che nutre ed ispira il loro lavoro.
Il secondo motivo di questo grande successo riguarda proprio la storia, che ruota attorno al classico viaggio dell’eroe dark. E quindi è una sorta di Breaking Bad o House of Cards, naturalmente con le dovute distinzioni. Quello che fa presa in queste storie è la smania di potere e certamente viviamo in un momento storico in cui il pubblico ci dice che c’è questa attrazione. Ho citato tre serie ma potrei farlo con altre mille, perché siamo un po’ tutti affascinati da questi personaggi che sono disposti a fare qualsiasi cosa pur di ottenere quello che vogliono ed in qualche modo questo ci spinge a fare i conti con le nostre reazioni a determinate situazioni. Noi spesso ci fermiamo, loro no. E questo è certamente affascinante. Ma parliamo anche di un viaggio che ruota fondamentalmente attorno a due amici e i personaggi ai quali ci leghiamo di più sono quelli di Ciro e di Genny, che nascono come grandi compagni, per poi combattersi e ritrovarsi. È innegabile che i momenti della serie più alti siano proprio quelli riguardanti loro due.
Tu hai lavorato anche per il grande schermo e quindi vorrei chiederti: sono le serie TV che si stanno avvicinando al cinema, per qualità e profondità, o è il cinema che con la continua serializzazione si sta spostando verso quel tipo di narrazione ?
Il mio punto di vista è molto semplice: le serie TV hanno permesso un grande cambiamento all’interno dell’industria. Le primissime serie erano distanti dalla realtà del grande schermo. Poi si è passato, specialmente in America, ad introdurre nel cast grandi attori e ci siamo un po’ aperti a questa nuova possibilità. La serie TV ti dà la possibilità di ampliare un arco narrativo all’interno di dodici, tredici, venti episodi, che è un viaggio incredibile per gli attori che lo interpretano, perché un conto è sviluppare un personaggio in trenta ore ed un conto è farlo in due ore, ma al tempo stesso permette una grande immedesimazione del pubblico. Ci affezioniamo a quei personaggi proprio perché si sviluppano con un arco narrativo così ampio. Quindi secondo me non si tratta di un avvicinamento della serie TV al cinema ma di un cambiamento di mentalità che ha portato ad un aumento di qualità. Il cinema naturalmente deve analizzare questa realtà, capendo che se una persona va al cinema lo fa per vedere qualcosa di diverso. Questa è la sfida più alta che ci porta ad interrogarci su cosa il cinema può fare e che una serie TV ancora non può fare.
In America l’industria televisiva è diventata importante quanto quella cinematografica, se non di più. Pensi che questo sia uno scenario probabile anche per la nostra produzione italiana o si parlerà sempre di casi isolati ?
Io sto con quello che vedo e da questo traggo una proiezione. Parliamo di Gomorra, parliamo di Suburra e di 1992 o di In Treatment, quindi di progetti televisivi dalla grandissima qualità, sia di scrittura che di interpretazioni e regia. In questo senso bisogna fare una diversa analisi: quali sono i canali che permettono a queste produzioni di emergere ? Parliamo di Sky e di Netflix. Se facciamo riferimento a queste realtà io sono estremamente fiducioso, perché mirano ad un pubblico giovane ed affamato di storie, che ha già una cultura seriale molto vasta. Se una serie TV esce su Netflix troverà ad attenderla un pubblico che ha già visto i vari Stranger Things ed affini, quindi la qualità deve essere necessariamente alta. Se invece parliamo di altri canali, il viaggio è ancora lungo.
Hai qualche progetto futuro di cui ci puoi parlare ?
È sicuramente un bel momento, ci sono tante cose in ballo e tornerò alla TV con diversi progetti per la Rai e poi anche al cinema con film che abbiamo girato in questi mesi e che arriveranno in sala dal 2018 in poi. Poi ci sarà un ritorno al teatro che è il mio grande amore. Cerco sempre di bilanciare il mio lavoro tra questi tre linguaggi diversi: quello del cinema, della televisione e del palcoscenico teatrale.
Interviste
Paolo Genovese rivela il suo rituale: “Lo faccio da quando avevo 14 anni” | Intervista esclusiva

Intervista a Paolo Genovese – Newscinema.it
Il 30 Settembre Paolo Genovese è stato ospite alla prima edizione di Castiglione del Cinema. Lo abbiamo incontrato ed ecco cosa ci ha raccontato in una video intervista esclusiva.
Sul palco con il Direttore Artistico Emanuele Rauco, il regista di successi come Tutta Colpa di Freud, The Place, Immaturi e Perfetti Sconosciuti, ha tenuto una masterclass a Castiglione del Cinema 2023 per parlare del mestiere del regista, di cinema e della sua carriera. A fine Ottobre sarà alla Festa del Cinema di Roma con la serie tv Leoni di Sicilia, solo ultimo lavoro che andrà in onda su Disney+, ma ricordando i suoi esordi ha raccontato soddisfazioni e delusioni con umiltà e sincerità.
“Incantesimo Napoletano è stato il primo corto che ho fatto in assoluto ed è stato selezionato al Festival di Locarno. Lì davano molta attenzione ai giovani poiché i corti selezionati venivano proiettati prima dei film importanti in una piazza che è probabilmente il più grande cinema all’aperto del mondo. Nemmeno quando ho vinto il David ero così emozionato e quando è toccato a me il corto è stato proiettato completamente sfocato per un errore tecnico. Mi veniva da piangere, eppure ho vinto con la motivazione che avevo avuto il coraggio di aver raccontato una storia di disagio per la tecnica del fuorifuoco e mi ha segnato per sempre”.
Il “piccolo rituale” di Paolo Genovese
“Ho cominciato a scrivere le mie primissime cose a 14 anni forse 13, perchè mi regalarono una Olivetti Lettera 32 con cui cominciai a giocare. Da allora la prima scena di tutti i miei film io la scrivo con quella Olivetti Lettera 32, è il mio piccolo rituale. Solo la prima scena, perchè altrimenti mi ci vorrebbe più tempo a scriverla che a pensarla” ci ha rivelato in una video intervista che potete vedere per intero qui sotto grazie al nostro canale YouTube MADROG (se non siete ancora iscritti cliccate qui, è gratuito e sarete aggiornati sui vari nuovi video pubblicati di cinema e serie tv).
“In Italia si fa poca cultura in generale, ma soprattutto poca cultura del cinema e quindi i vari valorosi direttori di festival che si sobbarcano l’onere di organizzare questi eventi per fare in modo che i professionisti del grande schermo possano incontrare il pubblico e trasmettere l’esperienza diretta e la passione per questa arte credo sia veramente importante e un modo per avvicinare il pubblico al cinema” ha osservato il regista romano, riflettendo sul modo per riportare i giovani in sala.
Come riportare i giovani al cinema
“Quando si conosce si ama, conoscere la storia del cinema, quanto amore e quanta passione c’è dietro a un film probabilmente ti fa venire voglia di vederlo nel suo massimo splendore. I film sono pensati per essere proiettati in una sala cinematografica, sia per la qualità dell’audio e del video, sia per la condivisione delle emozioni con il pubblico, sia per potersi prendere due ore di tempo e farsi raccontare una storia” ha detto.
“Per i giovani sicuramente c’è la concorrenza delle piattaforme che ben venga, un nuovo modo di fruire le storie con tv, iPhone o iPad in qualunque momento e luogo. Non lo demonizzo, va benissimo, ma dobbiamo preservare la sala cinematografica perchè l’emozione che ci dà un film in sala non sarà mai equiparabile un film a casa o su lo smartphone. Inserire nelle scuole dei corsi di cinema credo sia qualcosa di fondamentale, se ne parla da tanto ma non si è fatto molto. La cultura è l’unico modo per riavvicinare i giovani, come la musica o il teatro. Poi ovviamente c’è anche una responsabilità da parte degli autori perchè comunque non è un automatismo, faccio un film che il pubblico deve vedere. Noi autori dobbiamo meritarci il pubblico, e quindi abbiamo la responsabilità di raccontare storie interessanti e accattivanti” ha aggiunto Genovese.
Festival
Svevo Moltrasio: “Mi piacciono i film che lasciano in sospeso” | video intervista a Castiglione del Cinema 2023

Svevo Moltrasio a Castiglione del Cinema – Newscinema.it
Svevo Moltrasio, famoso youtuber e regista italiano, ha presentato in anteprima a Castiglione del Cinema 2023 il suo primo film Gli Ospiti. Lo abbiamo intervistato ed ecco cosa ci ha raccontato.
Dopo un percorso produttivo tortuoso e un crowdfunding riuscito, Svevo Moltrasio riesce a portare in sala il suo primo film, gli Ospiti, che arriverà nelle sale il 12 Ottobre 2023. L’anteprima ha avuto a luogo a Castiglione del Lago in occasione della prima edizione della rassegna cinematografica Castiglione del Cinema, a cura del Direttore Artistico Emanuele Rauco.
Il famoso youtuber italiano che ha iniziato la sua avventura sul web raccontato la vita degli italiani in Francia, dopo aver vissuto molti anni a Parigi, è tornato in Italia per provare a rivoluzionare il cinema italiano che spesso non è abbastanza coraggioso da dare fiducia a progetti indipendenti.
La video intervista a Svevo Moltrasio
Abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Svevo Moltrasio sulle sponde del Lago Trasimeno subito dopo la proiezione de Gli Ospiti al Nuovo Cinema Caporali, una sala di riferimento per Castiglione del Lago che ha riaperto dopo una ristrutturazione capillare durata anni.
“Ho sempre scritto, diretto e montato da solo fin da quando facevo i corti a vent’anni. Quindi faccio fatica a non farlo, ho bisogno di avere il controllo totale di tutto e finché sono progetti indipendenti ci riesco. Poi la scrittura e il montaggio sono le fasi che preferisco” dice Moltrasio nella video intervista.
Gli Ospiti: di cosa parla
Durante una nottata in un casale nella campagna romana, dieci personaggi, perlopiù amici sui 30 e 40 anni, sono costretti a un confronto a suon di attriti, incomprensioni e sorprese che li metteranno a più riprese uno contro uno, tutti contro uno e uno contro tutti. Un film che ricorda le litigate del cinema di Muccino, o la struttura narrativa di Perfetti Sconosciuti e le commedie alleniane, ma denuncia una forte identità d’autore.
Moltrasio non nasconde le influenze di cineasti che ama da sempre come Woody Allen, Roman Polanski, ma spera di proporre le storie con una cifra stilistica personale. “Questo è un film in cui i personaggi si confrontano costantemente, e ho inserito temi di attualità proprio per rendere tangibile la scrittura di questo gruppo che si muove anche tra gli stereotipi volutamente” ha sottolineato.
Interviste
Ferzan Ozpetek riceve le Chiavi della Città di Gragnano | “Tre film sul cibo presto su Netflix”

Il Sindaco Nello D’Auria e il regista Ferzan Ozpetek alla Consegna delle Chiavi della Città di Gragnano – Fonte: Instagram Nello D’Auria
In occasione della 21^ edizione della celebrazione della Pasta di Gragnano IGP è stato premiato il regista, sceneggiatore e scrittore Ferzan Ozpetek con la cittadinanza onorario e le Chiavi della città di Gragnano.
L’ultima giornata della 21^ edizione della kermesse gastronomica Gragnano Città della Pasta ha visto la presenza del regista di sangue turco e di cuore italiano, Ferzan Ozpetek. Lo sceneggiatore e scrittore ha preso parte al convegno intitolato “Pasta e cinema: la pasta nel cinema, un’icona dell’Italia nel mondo. Gragnano Città di Pasta e Cinema”.
Interessanti e sorprendenti sono state le dichiarazioni fatte da Ozpetek nel corso dell’evento, il quale ha parlato del rapporto con il cibo, elemento fondamentale nei suoi film. Delle lavorazioni avvenute a Lecce durante le riprese del film Mine Vaganti e per concludere, l’inedito progetto acquistato (e presto disponibile) da Netflix, incentrato sul cibo in Turchia.
La presenza fondamentale del cibo nei film del regista
Gli appassionati della cinematografia del regista turco Ferzan Ozpetek, sono a conoscenza di quanto sia fondamentale la presenza del cibo nei suoi film. Le famose tavolate impreziosite da pietanze di ogni genere, sono il momento di massima aggregazione tra i personaggi che prendono parte alle sue storie. Il regista a tal proposito, ha spiegato che l’amore per il buon cibo parte dalle sue origini, da quando viveva in Turchia con la sua famiglia.
“Dipende dalla mia infanzia a casa mia a Istanbul c’erano sempre tre tavole: una in cucina, una in salone e una in terrazza e c’era sempre tanta gente. Era vietata la discussione a tavola. A tavola non si doveva mai discutere, la condivisione del cibo era importante. Nel primo film “Bagno Turco” ho messo varie tavolate, ma senza pensarci, d’istinto.”
Successivamente, parlando degli altri titoli diretti in questi anni ha aggiunto: “Nei miei film successivi, il cibo è sempre stato molto importante. Quando ho fatto Le fate ignoranti., mi ha chiamato un prete e mi ha detto: “Ma com’è religioso il suo film”. E gli ho detto: “Mah, Le Fate Ignoranti…”. E il prete ha risposto: “Si perché la tavolata dà il senso della condivisione che è molto importante.” Oggi mi mandano su Instagram le foto della tavolata e le persone scrivono “La tavolata alla Ozpetek” e anche alcuni ristoranti mi chiedono il permesso di fare le tavolate alla Ozpetek e io dico che non c’è problema.”
Mine Vaganti | le tavolate della famiglia Cantone
In merito al film Mine Vaganti ambientato a Lecce, il regista Ferzan Ozpetek ha raccontato le difficoltà incontrate nel girare alcune delle scene più importanti del film. Altro ricordo condiviso con il pubblico presente in sala è stata la sua esperienza in un noto pastificio leccese, impiegato nella storia della famiglia Cantone.
“Nel film Mine Vaganti, nella famosa scena del cibo che all’epoca ho girato in pellicola, la dovevamo girare in due giorni e invece l’ho fatto in una giornata. In un lato del salone, c’era una cucina dove cucinavano in continuazione, perché volevo che il cibo sembrasse vero. Gli attori erano obbligati a mangiare e non potevano far finta di mangiare, odio quando fanno finta di mangiare.”
In merito all’aspetto pratico, Ozpetek ha parlato delle difficoltà incontrate nel girare le scene a tavola: “C’erano due macchine da presa che giravano intorno. C’era la scena di Elena Sofia Ricci che prende la pasta, mangia e dice la battuta, quando poi la rigiri lei fa la stessa cosa, è abbastanza faticoso recitare mangiando, però è una delle scene che è stata memorabile. Sono venuti due miei amici americani e mi hanno detto: “ma come fanno i tuoi attori a mangiare e recitare con questi tempi?”.
Mine Vaganti | l’amore per la pasta nel cuore di Lecce
L’ottavo film di Ferzan Ozpetek, Mine Vaganti girato nel 2010 ha visto il regista scegliere la città di Lecce per ambientare il dramma familiare della famiglia Cantone, nota per essere proprietaria di uno storico pastificio, famoso per il formato della ruota pazza.
“Quando mi era venuta l’idea di fare Mine Vaganti, ho scelto di ambientarla a Lecce, perché l’anno prima ero stato premiato e me ne ero innamorato. Sono andato in visita a un pastificio, da Benedetto Cavalieri, che fa una pasta molto particolare, che non scuoce mai. Loro hanno inventato la ruota pazza. Sono andato nella vecchia fabbrica in disuso e ho trovato un signore ottantenne molto anziano che stava in questo posto abbandonato molto triste.”
Come potete vedere nella clip tratta dal film, Ozpetek ha continuato dicendo: “Guardi io e i miei amici e le mie amiche eravamo seduti qui, tutti nudi ad impacchettare la pasta, perché faceva tanto caldo” E lui mi ha detto quella battuta che viene detta da Ilaria Occhini: “quando impacchettavo dicevo, chissà a quale tavola andrà questa pasta, chi la mangerà”. Quando siamo andati nella fabbrica dove abbiamo girato, io ogni tanto assaggiavo la pasta cruda che passava ed ho messo questo momento anche nel film.”

Il regista Ferzan Ozpetek con le Chiavi della Città di Gragnano – Fonte: Instagram
Il rapporto tra Ferzan Ozpetek e la città di Gragnano
In relazione sempre alla storia di Mine Vaganti, dopo la versione cinematografica è arrivata quella teatrale, che ha visto lo spettacolo andare in giro in tutta Italia. Mantenendo la storia originale, l’unico cambiamento apportato è stato in riferimento alla città scelta per ambientare i drammi dei Cantone.
“La città di Lecce, la sua atmosfera mischiata con la pasta ha funzionato molto. Poi quando sono passato a farlo al teatro, all’improvviso mi sono trovato davanti a degli attori, che erano napoletani o che sapevano parlare napoletano come la Minaccioni. Mi sono detto, oggi se la ambiento a Lecce e se qualcuno dice che il figlio di quella è gay rispondono chi se ne frega. Nella conferenza stampa ho detto se la ambiento a Gragnano, non sarà una città così enorme, magari si potrebbe sentire facilmente in giro e da lì ho ricevuto i messaggi del vostro Sindaco.”

Il regista Ferzan Ozpetek ospite dell’evento dedicato alla Pasta a Gragnano – Fonte: Instagram
I nuovi progetti di Ferzan Ozpetek per Netflix
Ed infine, chicca che ha portato grande fermento ed entusiasmo nei fan del regista italo turco, è stata la notizia di un progetto formato da tre film incentrati sul cibo in Turchia. I diritti di questi tre approfondimenti sono stati acquistati dalla piattaforma streaming Netflix.
“Adesso ho fatto una trilogia di Istanbul sulle tavolate, perché una mia amica, la Mina della Turchia, la grande cantante Sezen Aksu mi ha detto: “perché non fai il film su questa bevanda che è il rakı insieme agli antipasti che si mangiano e si condividono?” Ho fatto questi tre film molto interessanti, che sono stati acquistati da Netflix re andranno in onda tra poco. La tavolata è un momento di condivisione.”
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