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In un prossimo futuro dove la scienza ha fatto passi da gigante, l’ex soldato Ryan Reeve si risveglia all’interno di un furgone in compagnia di Alex, un ragazzino imbavagliato e tenuto prigioniero. Questi ritiene che Ryan sia il suo rapitore, ma il protagonista non ricorda nulla del suo recente passato e i suoi ultimi ricordi si fermano a sei mesi prima.

Dopo essere stato braccato da un gruppo di agenti, Ryan ha un nuovo black-out e si desta all’interno di una stanza in compagnia di uno degli uomini che gli stavano dando la caccia, il misterioso Harkin Langham, il quale ritiene di parlare con un’altra persona. In seguito ad una furiosa lotta a mani nude tra i due, Ryan è vittima per l’ennesima volta di una “disconessione” e finisce per ritrovarsi questa volta giacente con una bellissima prostituta, Dana. Mentre cerca di comprendere cosa gli stia accadendo, il Nostro dovrà affrontare ulteriori pericoli in vari archi temporali, della durata di circa dieci minuti ciascuno.

The Anomaly – Avanti e indietro

noel clarke

Noel Clarke

Il tempo e lo spazio e la dicotomia tra essi sono gli elementi cardine alla base di questo sci-fi britannico del 2014, che sin dal suggestivo titolo The Anomaly cerca di attirare quelle fasce di spettatori in cerca di racconti capaci di mettere a dura prova le cellule cerebrali. Peccato che, anche col massimo impegno, sia difficile capire dove volesse arrivare la eccessivamente complessa sceneggiatura, scritta a quattro mani dal regista e protagonista Noel Clarke e dal collaboratore Simon Lewis, vista la molteplicità di temi che si intersecano in maniera confusa e senza un effettivo percorso catartico da parte dei personaggi. Nei novanta minuti di visione accade infatti di tutto e di più, con un continuo cambio di location e giochi identitari che appaiono come un involontario inno al caos, tra forzature e inverosimiglianze che castrano sul nascere qualsiasi spunto etico o filosofico potenzialmente insito nella storia.

Leggi anche: The Punch Escrow, il thriller sci-fi dai produttori di La Bella e La Bestia

The Anomaly – Niente da salvare

ian somerhalder

Ian Somerhalder

The Anomaly si perde in un’estenuante reiterarsi del nulla, tra colpi di scena smentiti e rivoltati soltanto qualche minuto dopo e un epilogo che, non pago, sembra voler proseguire la forsennata ciclicità dell’assunto. Un altro grosso problema, a braccetto con un racconto che disorienta per la pressoché totalità, risiede nel totale anonimato dei personaggi, dei quali ben presto non frega niente a nessuno, persi in un’infinita resa dei conti dove si tirano in ballo armi ipertecnologiche, virus pandemici e torture brutali – il crudele waterboarding in particolare – nel tentativo di mettere ulteriore carne sul fuoco ad un insieme che accumula al fine di nascondere la pochezza concettuale di fondo.

E allora via ad un’estetica action gratuita che, tra rallenty e mosse di kung-fu/wrestling, serve unicamente a mettere in mostra le discrete abilità marziali dei due antagonisti, interpretati rispettivamente dal già citato Clarke e da un Ian Somerhalder che gigioneggia senza troppa convinzione. Il film si rivela un progetto sbagliato in partenza, come conferma anche lo scarso apprezzamento della critica internazionale: basti pensare che sull’aggregatore di recensioni Rottentomatoes ha una percentuale di voti positivi pari allo zero. E non saremo certo noi a cambiarne lo status.

The Anomaly | La recensione dello sci-fi disponibile su Netflix
1.8 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

Appassionato di cinema fin dalla più tenera età, cresciuto coi classici hollywoodiani e indagato, con il trascorrere degli anni, nella realtà cinematografiche più sconosciute e di nicchia. Amante della Settima arte senza limiti di luogo o di tempo, sono attivo nel settore della critica di settore da quasi quindici anni, dopo una precedente esperienza nell'ambito di quella musicale.

Recensioni

Wish, recensione in anteprima | Il film Disney da non perdere a Natale

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wish

Una scena di Wish – Fonte Foto: Ufficio stampa

Nei cinema italiani dal 21 dicembre, distribuito da The Walt Disney Company Italia, Wish è il nuovo attesissimo film di Natale. Doppiatori d’eccezione, per la versione nostrana, Michele Riondino, Amadeus e la cantautrice Gaia.

Wish: in arrivo il nuovo film Disney di Natale | Recensione
3.5 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

Come in ogni favola che si rispetti, il “C’era una volta” immerge gli spettatori dentro un universo popolato di magia, di meraviglia e di magnificenza. Il regno di Rosas, nel bel mezzo del Mediterraneo, ha le sembianze di un vero e proprio paradiso. Lì, i sogni e i desideri hanno un ruolo fondamentale, ed ecco perché il sovrano ne ha così cura.

Wish mette bene in mostra il potere dei sogni, soprattutto se condivisi, e la loro importanza, che vengano realizzati oppure no. In fondo, essi sono il motore delle esistenze di ciascuno di noi. La Disney lo ha sempre saputo, come ha saputo ben sfruttare le potenzialità insite nella questione, anche stavolta.

La pellicola diretta da Chris Buck e Fawn Veerasunthorn, idealmente indirizzata a un pubblico di più piccoli, riesce a toccare le corde di chi, con i film Disney, ci è cresciuto. Una protagonista forte e accattivante, una colonna sonora assolutamente orecchiabile e una girandola di colori che travolge sin dal primissimo minuto, sono gli ingredienti iniziali, a cui si aggiungono una serie di temi ed elementi che arricchiscono il progetto.

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Una scena di Wish con Asha e Valentino – Fonte Foto: Ufficio stampa

Asha ha una personalità sfaccettata, nella quale chiunque può riconoscersi: è in cerca di un percorso che le permetta di esprimersi e, in un certo senso, di emanciparsi, sebbene abbia un rapporto molto stretto con la famiglia. Le radici agiscono sulle sue scelte e sui suoi sogni, ma nel viaggio che compirà arriverà a scoprire cose incredibili su se stessa e su chi la circonda.

Wish | La trama del nuovo film Disney

Asha ha 17 anni e sta per avere un colloquio niente meno che con il Re in persona, Magnifico. Quest ultimo ha bisogno di una nuova apprendista, e la ragazza potrebbe essere la sua prossima scelta. Asha non aveva neanche mai immaginato di poter ottenere una simile occasione, soprattutto pensa a quanto possa essere utile nell’ottica di realizzazione di un sogno. Non il suo, ma quello del nonno, a cui è molto affezionata e che sta per compiere 100 anni.

wish

A Rosas, infatti, i sogni dei sudditi vengono affidati al Re, che li custodisce nel suo palazzo e ne realizza uno a scelta periodicamente. La cerimonia del desiderio è uno dei momenti più attesi dalla gente, che spera di veder realizzato il suo desiderio. Quello che, però, non tutti sanno, e che scoprirà Asha a sue spese, è che il Re sceglie in base a delle idee sin troppo personali. L’improvviso arrivo di una stella invocata dalla ragazza metterà a repentaglio i piani di Magnifico.

Punti di forza e omaggi ai classici Disney

Tanti e indiscutibili sono i punti di forza di Wish, a partire dai numeri musicali sino ad arrivare alla costruzione dei personaggi. Magnifico somiglia pericolosamente a un qualsiasi governante despota che abbiamo conosciuto nel corso della storia, Simon incarna il giovane ingannato da una prospettiva appetibile, la regina Amaya è la classica donna che sa ma che se ne resta in disparte. Ovviamente, non possono mancare gli aiutanti, a cui si devono battute e spunti di riflessione, come Valentino – la capretta amica di Asha – e Dahlia (la migliore amica).

Dal senso di famiglia al valore di amicizia, dall’importanza di unirsi a quella di schierarsi, un film d’animazione come Wish dà modo di affrontare temi fondamentali con semplicità e leggerezza, arrivando a qualsiasi tipo di pubblico. I veterani dei prodotti Disney resteranno, inoltre, divertiti dalle citazioni e dagli omaggi sparsi qui e là nel corso della narrazione. E si potrebbe addittura far partire un gioco a chi ne rintraccia di più…

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Recensioni

Palazzina LAF, la recensione: Riondino dà voce ai confinati dell’ILVA | Una vergogna tutta italiana

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Recensione Palazzina Laf

Recensione di Palazzina Laf – Newscinema.it (Foto: Ufficio stampa)

La nostra recensione di Palazzina LAF, il primo film da regista di Michele Riondino dal 30 novembre al cinema.

Review 0
3.4 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

Denso di morale, esposto limpidamente e costruito su un contesto dialettale l’esordio registico di Michele Riondino si pone come monito sociale ancora oggi. Presentato alla 18esima edizione della Festa del cinema di Roma nella sezione Grand Public, Palazzina Laf racconta la storia di Caterino Lamanna e di tutti i lavoratori dell’acciaieria ILVA di Taranto, spediti negli anni Novanta in questa palazzina “aziendale”.

Vittime di mobbing, confinati come in esilio, pagati per fare nulla e privati della propria dignità di lavoratori. La storia di Caterino partirà dalla sua situazione privata per raccontare qualcosa di molto più amplificato.

Un film che fa da specchio a una vergogna italiana

Come dichiarato in conferenza stampa dal regista, il film vuole essere anche un omaggio a Taranto, la sua città di origine, sporcata di questa disastrosa vicenda che ad oggi ancora non ha avuto la degna risonanza a livello nazionale, rimanendo recintata all’interno della realtà pugliese.

Cercando dunque di far luce tra i favoreggiamenti e le manovre malsane, Riondino ricostruisce alla perfezione l’estetica anni Novanta tra musicassette e frontali radio delle auto, viaggiando sulle note di The bad touch in sottofondo. Diritti e doveri, pressioni su personale altamente qualificato, morti non troppo accidentali sul luogo di lavoro come conseguenza di una frattura infettata all’interno dell’azienda. Reparti confino utilizzati per azzittire, annientare la nobiltà umana e i valori di chi in realtà voleva soltanto lavorare onestamente.

Facendo opera di convincimento coercitivo, influenzando psicologicamente e materialmente chi è in situazioni economiche instabili, i dirigenti dell’ILVA suggestionavano i dipendenti spostandoli tra i settori come nulla fosse o talvolta usandoli come pedine infiltrate, spiando e punendo di conseguenza chi non restava in silenzio.

Recensione Palazzina Laf

Recensione di Palazzina Laf – Newscinema.it (Foto: Ufficio stampa)

Spazio all’ironia per raccontare il dramma

Nei suoi 99 minuti il film condensa differenti generi per arrivare a trasmettere messaggi determinanti e totalmente drammatici basati su eventi realmente accaduti, attingendo però anche alla commedia. Ed è proprio questa forse la scelta vincente del film, evitare di appesantire ulteriormente la tematica strappando qua e là un sorriso, arrivando così grazie a un’ottima scrittura, a fare centro nel cuore del vero obiettivo.

Attori convincenti, primo fra tutti Riondino stesso che per la prima volta appunto tira le redini sia dietro che davanti la macchina da presa e poi un Elio Germano nelle vesti del folle villain, aggiungono quel tanto di olio all’ingranaggio per far sì che l’intero prodotto si svuoti di retorica e al contrario risulti incisivo.

In uscita grazie a BIM distribuzione dal 30 novembre nelle nostre sale, questo ritratto di un’Italia corrotta in cui raccomandazioni e sindacati si fanno la guerra mentre i lavoratori stanno a guardare, finisce dunque per convincere nella sua formula lasciando non poche riflessioni allo spettatore e facendo ben sperare per un futuro florido di un Riondino non più solo attore ma anche direttore dell’orchestra.

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Recensioni

Nuovo Olimpo, la recensione | La dolcezza di un amore che emoziona e fa male

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Recensione di Nuovo Olimpo

Recensione del film ‘Nuovo Olimpo’ (Foto: Netflix) – Newscinema.it

Dall’1 Novembre su Netflix il nuovo film di Ferzan Ozpetek, Nuovo Olimpo. Lo abbiamo visto in anteprima ed ecco la nostra recensione.

Nuovo Olimpo, la recensione | La dolcezza di un amore che emoziona e fa male
3.8 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

Presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma 2023 nella sezione Grand Public, il nuovo film di Ferzan Özpetek scritto a quattro mani con Gianni Romoli, arriverà su Netflix il 1° novembre 2023. Nei suoi 111’ di durata Nuovo Olimpo mescola dramma, commedia e romanticismo nel tipico stile del regista turco.

Ambientato alla fine degli anni ’70 racconta la storia di due giovani venticinquenni, Pietro ed Enea (Andrea Di Luigi e Damiano Gavino) che si conoscono per caso e all’istante si innamorano perdutamente l’uno dell’altro.
 A seguito di un evento imprevisto però, sono costretti a separarsi e per trent’anni non si rivedranno più. La speranza di ritrovarsi non si spegne mai tra i due e il destino cercherà di far ciò che può per aiutarli in questo.

Nuovo Olimpo: cinema, amore e speranza

Travolgente e delicato, contiene tutti i tratti tipici del cinema di Ozpetek e, per questo, è bene chiarire fin da subito che molto probabilmente chi lo ama lo amerà e chi lo odia lo odierà. Godard, De Sica, Pasolini, Magnani, come tante altre icone del cinema che fu, passano davanti agli occhi dello spettatore colorando un cinema di locandine o fissando scene sul grande schermo in un immaginario che trasuda amore per la settima arte.

Come confermato durante la conferenza stampa dallo stesso Özpetek, Nuovo Olimpo è ispirato quasi nella sua totalità ad eventi a lui realmente accaduti nel corso della vita e che da tanto desiderava raccontare. La giovinezza dunque già tremendamente cinefila di Enea, alter ego dello stesso regista, è solo l’inizio di questa avventura a lui molto cara che viaggia tra giochi di sguardi intensi, silenzi e desiderio.

Enea è anche il personaggio trainante della coppia che partendo da un passato più libertino viene investito dal fulmine dell’amore, ponendosi da lì in avanti come una persona cambiata, più matura, stabile, dedita all’elemento base di questo Nuovo Olimpo: la dolcezza. Sincera, tangibile e irrefrenabile, questa sensazione è facilmente percepibile ma è anche capace di colorarsi di sfumature malinconiche.

Recensione Nuovo Olimpo

Recensione di Nuovo Olimpo – Newscinema.it

Un film dolce e delicato, ma anche tremendamente disilluso

C’è chi vuole amare senza troppi ostacoli e chi invece impaurito cerca di preservarsi, chi insegue e chi è inseguito, chi è preda delle proprie insicurezze e chi le sopprime. A metà tra le note di chiusura di La La Land e quelle di un disilluso realismo, il finale implode potentissimo nel petto, facendosi adorare tanto quanto il dolore che provoca.

Questo perché l’empatia è il fulcro della ragnatela narrativa, il punto da cui sviluppare poi tutto il resto. Özpetek in questo è grandioso e come ci ha abituati ormai da tempo riesce a farci vivere ciò che lui ha vissuto, tanto a livello concettuale quanto di messa in scena. Un storia travagliata che si adagia sulle note di Mina, colei che in questo film occupa enorme spazio anche come citazione estetica, nel personaggio di Luisa Ranieri.

Parlando appunto di attori forse non tutte le interpretazioni sono di altissima qualità e lo stesso vale per qualche passaggio tecnico che dovrebbe scandire gli anni che passano o per il trucco invecchiante non così credibile. Ma, in fin dei conti sono minuzie che si fa presto ad accantonare, quando il peso specifico del racconto è così pressante.

Una perfetta cornice romana che racchiude poesia e sesso esplicito

Amore puro, sesso esplicito, un’omosessualità finalmente vissuta senza le forzature odierne, senza dare troppo peso alla sfera discriminante ma mostrandola nel suo nucleo ideale, esattamente come dovrebbe essere, la semplice normalità. Vespe che sfrecciano, sole caloroso, antiche location e terrazze panoramiche raccontano una Roma tipica e stratificata che arricchisce le suggestioni di una coppia esplorata nel profondo.

Un film davvero emotivo che coinvolge a tal punto da farti male e che proprio per questo innalza il suo potere narrativo, lasciandoti dentro quello struggente alone amaro. Come una luna fa da specchio tra mamma e figlio nel cult natalizio Mamma ho riperso l’aereo, qui è un film in tv a rivestire il ruolo di incosciente oggetto comune, unico punto di contatto nel tempo e nello spazio di un sentimento ancora vibrante. L’amore in fin dei conti non dimentica, la razionalità invece sì.

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