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Dopo l’Italia, la Spagna e gli Stati Uniti – anche se con pochi casi fortunatamente – il coronavirus purtroppo è arrivato anche in Turchia. Come il resto della popolazione mondiale, anche l’attore turco Can Yaman risulta essere molto preoccupato per questa situazione così difficile da gestire, controllare e soprattutto sconfiggere. Come fosse una reazione a catena, nel Paese sono stati conteggiati 131 decessi e 9.217 contagiati, registrando un incremento di 23 morti e 1815 deceduti rispetto a sabato e purtroppo, i numeri tenderanno a salire.

Il Governo turco, seguendo le regole divulgate in tutto il mondo per evitare che il COVID-19 possa espandersi ancora di più, fin da subito ha predisposto la chiusura delle scuole e università per evitare che il contagio si propagasse soprattutto tra i più giovani. Non sono di certo mancate, anche misure più drastiche ma doverose per la salute dei più anziani. Hanno fatto il giro del mondo, le immagini di alcuni operai impegnati a smantellare le tante panchine sparse per la città di Istanbul, luogo di aggregazione soprattutto tra i più anziani, non curanti dei divieti.

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Can Yaman affacciato alla finestra dell’appartamento a Bebek

Un solo grido riecheggia da Bebek: #EvdeKal

L’immagine che vedete in alto, pubblicata ieri pomeriggio sul profilo Instagram, vede Can affacciato alla finestra del suo studio, con lo sguardo rivolto verso la sua città. Prendendo questo scatto come un messaggio di speranza, Yaman sta trascorrendo da solo la quarantena nel suo appartamento situato nel quartiere Bebek, in attesa che la vita di tutti possa tornare alla normalità nel più breve tempo possibile. Circondato da film italiani, libri per imparare lo spagnolo, cioccolata fondente e gli attrezzi per allenarsi, per un tipo in costante movimento come lui non sono di certo giorni facili. È il caso di dire che Can in queste settimane è ‘Bir kafeste aslan’ ovvero ‘un leone in gabbia’. Frase perfetta dato che le fan ( e il papà Guven) amano chiamarlo anche con il termine ‘Aslan’ che in turco vuol dire ‘leone’.

Attivo già dalle prime ore del mattino (strana consuetudine per un tipo come lui che ama dormire fino a tardi) l’attore ha condiviso due storie a distanza di un solo  giorno, che in qualche modo racchiudono il sentimento dell’ hashtag diventato di tendenza in Turchia (e anche in Italia e in Spagna):#EvdeKal (#iorestoacasa).

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Le Instagram Stories pubblicate sul suo profilo Instagram il 21 e 22 marzo

Il rimprovero di Can Yaman attraverso le stories su Instagram

Tra i tanti messaggi che Yaman ha pubblicato attraverso i social network, l’idea di vedere in giro così tante persone lo ha fatto a dir poco infuriare. Per questo motivo, il 21 marzo ha postato la prima foto a sinistra nella quale ha scritto: “Boyle devam aynen” che tradotto in italiano vuol dire “Bravi, continuate proprio così” accompagnato da un applauso ironico alla fine. Una frase di poche parole ma che suona come un’ammonizione nei confronti dei suoi concittadini che sembrano non aver compreso la gravità della situazione.

Il giorno dopo dalla finestra del suo appartamento a Bebek che affaccia su una strada davvero molto trafficata, utilizzando un filtro artistico, non si è risparmiato nel rimproverare i tanti turchi, che non curanti delle ordinanze, sfrecciavano per le vie della città come fosse un giorno come un altro. Il commento che ha accompagnato la storia è stata più forte ma giusta, rispetto alla precedente: “Evinize donun!!! Evde Hayat Var” che tradotto in italiano vuol dire “Tornatene a casa tua!!! C’è vita a casa”. L’ultima frase è il nocciolo della questione, perché il via vai di persone che senza protezioni interagiscono con le altre, oltre a mettere in pericolo la propria vita, mettono a rischio anche il resto delle rispettive famiglie, in particolar modo gli anziani.

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Il Tweet di Haluk Levent di ringraziamento a Can Yaman

Sempre dalla parte dei più deboli

Can Yaman è uno di quelle persone che non ama stare fermo e con le mani in mano. Chi lo conosce bene è ben consapevole che è sempre pronto a tendere una mano pur di aiutare chiunque si trovi in difficoltà. Questa volta non ha fatto eccezione. Le gare di solidarietà nei confronti dei più bisognosi in queste ore stanno animano i social di moltissimi artisti del panorama artistico turco. Un esempio tra tanti, quello dell’attrice Demet Özdemir, collega di Yaman nella serie di successo Erkenci Kuş in prima linea a favore di un’associazione che si occupa di bambini malati di cancro in Turchia e particolarmente a rischio di contrarre il coronavirus.

Il noto cantante turco Haluk Levent in queste ore ha dato il via a quella che in turco è stata chiamata Dayanışma Günleri tradotto vuol dire Giorni di solidarietà. Questa lodevole e quanto mai necessaria iniziativa, riguarda moltissime famiglie che per due mesi non dovranno preoccuparsi di dover fare la spesa, perché molti artisti del mondo del cinema, delle serie tv, della musica e dello sport penseranno al loro sostentamento.

Ogni personaggio famoso si ‘occuperà’ di 50 famiglie per due mesi, nella speranza che questo gesto possa  alleggerire le preoccupazioni e le spese che inevitabilmente vanno a incidere sul bilancio familiare. Chiaramente, Can Yaman è uno dei tanti artisti che ha accolto favorevolmente questa bellissima idea, dimostrando ancora una volta, che è sempre pronto ad aiutare il suo popolo, soprattutto in situazioni così delicate.

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Il Tweet di Haluk Levent nel quale ringrazia tutti per il risultato

Un traguardo da record!

Le parole servono davvero a poco davanti a questi numeri. L’immagine che vedete in alto è il tweet pubblicato ieri sera da Haluk Levent e condiviso con orgoglio da Can Yaman. Il cantante ha voluto aggiornare i tanti fan che hanno sostenuto questa campagna attraverso i social. Levent ringraziando tutti coloro che hanno partecipato ha fatto notare che in sole 30 ore sono riusciti a raddoppiare l’obiettivo iniziale, arrivando ad aiutare oltre 10 mila famiglie turche. Un risultato davvero notevole, chapeau!

Prendendo in prestito la famosa citazione del film Moulin Rouge, “La cosa più grande che tu possa imparare è amare e lasciarti amare! ” credo fermamente che possa essere plasmata anche in circostanze come questa. In un mondo dove le notizie drammatiche sono all’ordine del giorno, leggere messaggi del genere, riescono a far battere il cuore di tutto il mondo. L’amore è un sentimento talmente universale e libero che non deve essere per forza messo in determinati cassetti dell’animo. Imparare ad amare è anche partecipare a questo genere di iniziative, talvolta anche in silenzio. Contribuire a una giusta causa, aiutare chi si trova in difficoltà è la forma più pura dell’amore. Dall’altro lato, è chiaro che chiunque venga aiutato, non può far altro che ripagare questo gesto con altrettanto amore. Una bellissima catena di montaggio che non andrebbe mai spezzata.

Il mio amore più grande?! Il cinema. Passione che ho voluto approfondire all’università, conseguendo la laurea magistrale in Scienze dello spettacolo e della produzione multimediale a Salerno. I miei registi preferiti: Stanley Kubrick, Quentin Tarantino e Mario Monicelli. I film di Ferzan Ozpetek e le serie tv turche sono il mio punto debole.

Festival

A Venezia 81 l’illuminante documentario One to One: John and Yoko di Kevin McDonald

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One to One a Venezia 81

One To One: John e Yoko a Venezia 81 (Foto: ufficio stampa) – Newscinema.it

Il documentario One To One: John And Yoko di Kevin Macdonald è stato presentato in anteprima a Venezia 81 fuori concorso. Lo abbiamo visto ed ecco cosa ne pensiamo.

Siamo alla fine del 1971 e John Lennon e Yoko Ono si sono trasferiti in un appartamento nel Greenwich Village a New York City. Il documentario di Kevin Macdonald parte dal concerto di beneficenza denominato One to One che si è rivelato essere l’ultimo spettacolo dal vivo dell’ex membro dei Beatles.

Realizzato in collaborazione con Lennon Estate, One To One è incentrato su un determinato periodo turbolento della storia americana in cui la coppia di artisti si è inserita. Fervidi attivisti, i due portavano avanti la loro musica ma anche le loro idee di rivoluzione e libertà che spesso davano fastidio al governo e a una determinata politica.

Macdonald ipotizza che Lennon e Ono si sintonizzassero sui tempi tramite un televisore nel loro appartamento, sbalorditi dalle possibilità delle notizie multicanale.

Il documentario One to One a Venezia 81

Esattamente un anno dopo il documentario su John Galiano, il regista porta a Venezia 81 One To One, conquistando lo spettatore attraverso un racconto ricco di materiale di repertorio, filmati familiari inediti, registrazioni di telefonate personali, interviste ed estratti di concerti affollati.

Il grande lavoro di ricerca si nota chiaramente e il lavoro di montaggio è perfetto, costruendo un viaggio umano, sociale e storico di grande interesse per tutti. Macdonald e il co-regista/montatore Sam Rice-Edwards hanno assemblato 100 minuti frenetici che si sommano a un’impressione che non colpisce mai nel segno.

Sebbene sia un’impresa notevole, in particolare dal punto di vista del montaggio, c’è anche qualcosa di simile a un laboratorio nel saccheggiare l’archivio da lontano e imporre una struttura così artificiale. C’è anche una preoccupante questione di indipendenza.

L’America di Nixon, l’orrore del Vietnam e voglia di libertà

Le registrazioni di messaggi vocali e programmi tv con un John e Yoko palesemente più felici e rilassati vengono utilizzati come strumento di navigazione per i turbolenti Stati Uniti d’America, mentre Nixon si candida per il suo secondo mandato e le proteste contro la guerra e il razzismo continuano. Lennon e Ono erano incredibilmente sinceri nel loro attivismo, ma non molto mirati.

Il regista ricrea l’interno del piccolo appartamento al 105 di Bank Street e il televisore che ronza Allen Ginsberg, il loquace Jerry Rubin, l’ossessivo AJ Weberman, le pubblicità rosa della Chevrolet e ogni conduttore di talk show dei primi anni 70. Questo film ritmato e psichedelico rientra molto nelle competenze di Macdonald. I ritmi sono intenzionalmente stridenti, per rispecchiare le energie frenetiche del 1971-73. Non c’è un’ambientazione o una cronologia particolare.

Il concerto One To One al Madison Square Garden è solo una parte di un fermento che include Nixon e le riprese sanguinose dei feriti in Vietnam; le morti nella prigione di Stato di Attica e la campagna per liberare John Sinclair; AJ Weberman che rovista nei bidoni della spazzatura di Bob Dylan; due canzoni a gola spiegata di Yoko Ono, per intero; e una gag ricorrente sulle mosche. Macdonald è un regista prolifico e affermato. One To One è interessante, provocatorio e adatto al grande pubblico.

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Festival

Venezia 81: Babygirl, conferenza stampa | Nicole Kidman: “Un film sul desiderio femminile”

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babygirl venezia 81

Nicole Kidman presenta Babygirl a Venezia 81 – NewsCinema.it

A Venezia 81 Nicole Kidman è la protagonista del thriller in Concorso Babygirl, ha presentato il film in conferenza stampa assieme alla regista olandese Halina Reijn e il resto del cast, composto da Harris Dickinson, Antonio Banderas e Sophie Wilde. Ecco tutti i dettagli

La protagonista indiscussa del programma di oggi, venerdì 30 agosto, alla 81ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia, è senza dubbio Nicole Kidman. La star australiana torna al Lido in Concorso con il provocatorio Babygirl, thriller diretto dalla regista olandese Halina Reijn.

Questa volta, l’attrice premio Oscar interpreta una potente amministratrice delegata che inizia una torbida relazione con Samuel (Harris Dickinson, Triangle of Sadness), uno stagista molto più giovane di lei.

Presenti alla conferenza stampa anche gli altri membri del cast, nonché l’acclamato Antonio Banderas e l’emergente Sophie Wilde (Talk to me). Tra gli spinosi temi affrontati, spuntano anche il desiderio, la raffigurazione del corpo femminile e la lotta tra il bene e il male. Di seguito, tutti i dettagli emersi durante l’incontro con la stampa.

Nicole Kidman e Halina Reijn sul desiderio femminile tra corpi, potere e consenso

Babygirl è un film che pone l’erotismo al centro. Qual è il linguaggio più corretto per affrontare un tema del genere? Nicole Kidman sorride con sicurezza e prende subito la parola: “Il film parla di sesso, desiderio, pensieri intrusivi, verità, potere e consenso. Il linguaggio per affrontare il sesso è sempre complicato. In questo caso, abbiamo la storia di una donna, raccontata da una regista donna. Ed è questo che ha reso questo film unico, per me. Il fatto che ci fosse una donna con in mano questo materiale”.

Halina Reijn non può che essere d’accordo: “È stato un onore lavorare a questo progetto. Sono orgogliosa di aver diretto un film sul desiderio femminile. Sono felice di parlarne oggi e di poterlo fare a Venezia. Parlare del rapporto col il proprio corpo è importante. Parlare dell’orgasmo femminile è altrettanto importante“.

Il film esplora i limiti della femminilità

Anche l’attrice più giovane del tavolo è d’accordo. Secondo Sophie Wilde, infatti, “Il film esplora i limiti della femminilità“.

Ed è proprio la giovane età di Wilde unita all’incredibile talento che la contraddistingue, ad aver spinto la regista ad affidarle le battute più significative del film. “Ho scelto di dare al personaggio di Sophie le battute più autentiche del film, sperando che ispirino i giovani“.

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Babygirl a Venezia 81 (Foto: ufficio stampa) – NewsCinema.it

Babygirl richiama l’erotismo dei thriller anni Novanta

Il film in Concorso di Halina Reijn, inevitabilmente, ci riporta ai classici thriller erotici degli anni Ottanta e Novanta. Titoli che, in un certo senso, spesso e volentieri “punivano” le donne per la loro libertà, cosa che in Babygirl ovviamente non avviene.

Uomini o donne, siamo tutti essere umani, con diversi pensieri e bestie che vivono dentro di noi“, dice non a caso la regista. “Io non credo in buono o cattivo, credo in entrambi. Sopprimere l’uno o l’altro è pericoloso, è per questo che non voglio punire nessuno dei miei personaggi“.

Halina era sempre pronta ad aiutarci, a sfidarci

Lotta tra bene e male che si riflette anche nella parte maschile del film. Ne ha parlato anche lo stesso Harris Dickinson a proposito del suo personaggio: “Samuel rappresenta la classica confusione che un giovane uomo può vivere. Confusione nel corpo, nei modi, in tutto. Halina era sempre pronta ad aiutarci, a sfidarci. Penso che questo abbia aperto un nuovo mondo, sia per il film che per me. È stato un onore lavorare con queste leggende“, dice il giovane attore indicando Nicole Kidman e Antonio Banderas. “E con Sophie“, aggiunge poi con ironia.

Antonio Banderas: “Le scene di sesso? È importante lavorare in uno spazio sincero e sicuro”

Antonio Banderas, dal canto suo, ha raccontato che cosa l’ha convinto a partecipare al film: “Quando ho letto la sceneggiatura, ho capito si trattava di un’opera coraggiosa. Il film è sulla natura, sull’istinto. E non c’è niente di democratico sulla natura e sull’istinto. Non abbiamo chiesto di nascere, semplicemente siamo attaccati a quello che siamo. La regista ci ha dato tanta libertà e sono onorato di aver partecipato a questo progetto così libero“.

Un film libero, disturbante, contorto e ricco di sequenze esplicite. Sempre Banderas ci tiene ad aggiungere: “Sono scene delicate ma con un ritmo da seguire e con una certa tensione da mantenere. In questi casi, è importante che tutti lavorino bene, insieme e con gentilezza, in uno spazio sincero e sicuro“.

Sono orgogliosa di partecipare a un Festival del genere, soprattutto con così tante donne al comando. Le cose stanno cambiando

E a proposito di rapporti complicati, viene spontaneo domandarsi se la difficile relazione tra femminile e maschile di Babygirl richiami in qualche modo un’altra complessa relazione portata sullo schermo sempre da Nicole Kidman: quella tra Celeste Wright e Perry Wright (Alexander Skarsgård) in Big Little Lies di HBO.

È la medesima attrice a chiarire le cose: “Guardando Babygirl, ognuno potrebbe avere interpretazioni differenti. Io voglio sempre esaminare le donne sullo schermo, che cosa significa essere umani. Big Little Lies è molto diverso. Questo film mi lascia esposta e spaventata. Ma anche molto orgogliosa di partecipare a un Festival del genere, soprattutto con così tante donne al comando. Le cose stanno cambiando“.

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Festival

Paura a Venezia 81: suona l’allarme e la gente esce di corsa dalla sala | video esclusivo

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Allarme a Venezia 81 – NewsCinema.it

La seconda giornata di Venezia 81 si è tinta di giallo. Nel bel mezzo della proiezione scatta l’allarme e la gente scappa dalla sala. Ecco il video di come è andata.

Venezia 81 ha avuto inizio il 27 Agosto e tutto si è svolto secondo il programma, almeno fino al 29 Agosto quando in serata un imprevisto ha seminato il panico al Lido. Durante la proiezione del documentario One to One su John Lennon e Yoko Ono in sala Perla un allarme ha cominciato a suonare.

Il pubblico in sala ha cominciato a chiedersi cosa stesse succedendo e nessuno dello staff del festival ha dato una spiegazione. Tutti si giravano intorno provando a capire cosa fare e piano piano la gente si è alzata dal proprio posto raggiungendo le uscite di emergenza.

@madrog_cinema L’allarme nel bel mezzo del Festival, ci mancava sinceramente😅 Altra esperienza stramba e inattesa che aggiungiamo al repertorio✌🏼 #emergenza #venezia81 #venicefilmfestival #filmfestival #venezia #madrog #cinema #esperienze #getout ♬ suono originale – Madrog

Allarme a Venezia 81: cosa è successo

La sala si è svuotata e la proiezione è stata interrotta. La gente già per le scale di emergenza si guardava incuriosita e confusa, e alcuni addetti alla sicurezza nei dintorni non sembravano avere molte informazioni in più.

Nel dubbio che l’allarme fosse reale noi siamo usciti insieme agli altri, ma poi abbiamo deciso di ritornare all’entrata della sala Perla per capire se c’era un pericolo o se si poteva rientrare per un falso allarme e riprendere la visione del film.

Alla fine è stato confermato che si è trattato solo di un falso allarme e siamo riusciti a finire il documentario che ci stava anche piacendo molto e a breve arriverà la recensione.

 

 

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