Festival
Kalat Nissa Film Festival, presentata la quarta edizione con tante novità
Il giorno 21 Febbraio 2014 si è tenuta alle ore 10:00 presso la Sala Gialla del Comune di Caltanissetta la conferenza stampa dell’evento nominato 4° Kalat Nissa Film Festival, che si svolgerà l’08, 09 e 10 Maggio 2014 a Caltanissetta ed organizzato dall’Associazione cinematografica e culturale Laboratorio dei sogni. Presenti in sala il Presidente dell’Associazione Arch. Fernando Barbieri, la Responsabile delle pubbliche relazioni, Prof.ssa Laura Abbaleo, il regista Angelo Gueli. Numerosi i soci presenti e tutto lo staff della manifestazione. In collegamento telefonico anche la Direttrice dell’Ufficio Stampa del Kalat Nissa Film Festival, la Dott.ssa Eugenia Ferragina, nota giornalista che ha già curato importanti manifestazioni cinematografiche come il Magna Grecia Film Festival. Dell’Amministrazione comunale, che patrocinerà l’evento, il Sindaco Dott. Michele Campisi. Presenti alla conferenza anche il tenente Antonino Corvino del Nucleo Operativo della Compagnia Carabinieri di Caltanissetta, i presidenti delle Associazioni con le quali nel tempo l’Associazione Laboratorio dei sogni ha stipulato un protocollo di intesa come il sig. Salvatore Buccoleri dell’Associazione Familiari Alzheimer, il Geom. Giuseppe Middione del Vespa Club Caltanissetta.
In sala si è contata la presenza di un folto numero di artisti e tecnici del settore cinematografico come operatori cinematografici audio e video. Alla conferenza hanno aderito anche il presidente della Proloco di Caltanissetta ed il Direttore dell’ANFE Valerio Eufrate. Una manifestazione che in soli 4 anni di vita è riuscita a raggiungere la ribalta internazionale e uscire fuori dai confini italiani portando il nome della Città in 80 Paesi del Mondo. Il Kalat Nissa Film Festival ha visto in concorso nelle edizioni precedenti più di 1200 cortometraggi da ben 40 Nazioni mondiali. Il 50% dei cortometraggi sono opere presentate da professionisti affermati nel campo cinematografico con distribuzioni ufficiali del prodotto cinematografico. La maggiore affluenza di lavori è ovviamente italiana, ma si annoverano iscrizioni anche da Francia, Germania, Spagna, Svizzera, Austria, Belgio, Polonia, Regno Unito, Israele, Siria, Russia, Stati Uniti e Brasile, Australia, Korea del Sud, Cambogia, Iran, Libano, India, Cina, Giappone Messico, Perù, Thailandia. Questi risultati sono stati resi pubblici anche grazie al rinnovato sito ufficiale: www.kalatnissafilmfestival.it che conta ormai quasi 500.000 contatti da oltre 80 Nazioni.
Nel 2013 il Kalat Nissa Film Festival è stato invitato dall’Ambasciata Italiana, e dall’istituto di Cultura Italiana di Budapest in Ungheria a presentare la rassegna alla XI edizione del Mittel Cinema Fest, alla presenza del regista Enzo D’Alò, dell’attore Edoardo D’Aleo e della direttrice dell’Istituto italiano di Cultura di Budapest, dottoressa Gina Giannotti. Nel 2014 il Kalat Nissa Film festival è stato già invitato al Mittel Cinema fest, ma ha avuto anche un invito dall’Università Pazmany di Budapest per una collaborazione con il primo Festival del Cortometraggio (Pazmany Film Festival) sulle tradizioni popolari ed i costumi Ungheresi. Al Kalat Nissa film festiva 2014 si sono già iscritti numerosi registi italiani, e moltissimi sono quest’anno i corti stranieri. Tornando al concorso, il KNFF ha mantenuto per l?edizione 2014 lo schema già collaudato l’anno scorso con la divisione per categorie e sezioni. Ci sono comunque delle novità perché tra le categorie ve ne sarà una nuova per i documentari ed è stato confermato il premio che conferirà l’Ing. Alberto Pinto in rappresentanza della giuria del Gruppo tematico per la cinematografia sonora (GTCS), per il cortometraggio realizzato con la miglior presa diretta del suono. Nel gruppo per la cinematografia sonora è presente anche l’Ing. Simone Corelli, intervenuto nell’edizione 2013 ed il sig. Gilberto Martinelli, fonico di cui si servono registi come Tornatore e Scorsese. Del festival inoltre, una cosa molto apprezzata è il trofeo simbolo con cui si premia il vincitore assoluto, cioè l’Antenna d’oro che rappresenta l’antenna RAI realizzata su disegno esclusivo della ditta orafa Bellia di Riesi.
L’Associazione Laboratorio dei sogni per l’edizione 2014 avrà l’onore di far premiare la categoria Io diverso da chi? dal Segretario Generale dell’Associazione internazionale Action Aid, Dott. Marco De Ponte, che interverrà alla manifestazione insieme con la referente dell’ufficio stampa Action Aid, dott.ssa Francesca Landi. Ospiti di quest’edizione: Roberto Giacobbo, vicedirettore di RAI 2, Annalisa Insardà attrice emergente nel panorama nazionale e Sarah Maestri, che il 3 aprile uscirà come attrice protagonista nel film Il Pretore di Cuvio, regia di Giulio Base. Ed ancora i Siciliani Sergio Vespertino, Francesco Nicolosi e Debora Di Pietra, i Pupi di Surfaru, il Coro Polifonico Don Milani, la Scuola di Danza di Olga Giliberto e la bellissima Angela Castellano Danzatrice del ventre con i suoi bellissimi costumi. Altra novità di quest’anno a grande richiesta la grande coppia di presentatori Rosaria Renna– Barty Colucci, coppia pugliese della famiglia RDS. In questi giorni sui palinsesti RAI la fiction Braccialetti rossi che ci ha fatto apprezzare ancora di più il bravissimo Barty, il Fotticchia di tutti pazzi per RDS. Un’altra coppia di giovani presentatori di talento legati al mondo del cinema e delle corse sarà quella formata da Adriana Tuzzeo e da Marco Benanti.
Adriana Tuzzeo, bellissima attrice siciliana è apparsa in diverse fiction televisive tra cui l?ultimo successo dell’Ares Baciamo le mani 2013, mentre Marco Benanti, ha presentato tre edizioni della Targa Florio. Sta per intraprendere un master in comunicazione automobilistica organizzato dall ACI Italia e sarà a Vallelunga nel Lazio a rappresentare con orgoglio la Sicilia. Attualmente lavora in Assemblea Regionale come ufficio stampa della Vice Presidenza. Il Prof. Giovanni Nanfa, nell?edizione 2014 verrà riconfermato Direttore Artistico e novità di quest’anno: presidente onorario del Festival sarà il Maestro Ugo Gregoretti, con il quale durante la conferenza stampa ci si è messi in contatto telefonico e che non solo ha confermato la sua presenza a Caltanissetta per Maggio, ma ha anche socializzato al pubblico di aver conferito all’Associazione cinematografica e culturale Laboratorio dei sogni l’ incarico di organizzare insieme al comune di Pontelandolfo, la proloco ed il Centro studi Ugo Gregoretti il primo festival del cortometraggio comico nominato Comicron Film Festival, che si svolgerà a Pontelandolfo (BN) il 4 ed il 5 Agosto 2014. Queste testimonianze importanti non sono soltanto un onore per la manifestazione in oggetto, ma costituiscono anche un ottimo veicolo promozionale per la città di Caltanissetta che, con l’impegno di un investimento su di attività, come quelle proposte, emergerà con nuove offerte turistiche e culturali.
Festival
Venezia 81 | il nostro commento ai premi e a questa edizione del festival
Si può essere finalmente felici del Leone d’Oro vinto da Pedro Almodóvar per il suo primo lungometraggio in lingua inglese.
Dopo una carriera paragonabile a poche altre, all’età di 75 anni, ha vinto il suo primo premio principale in uno dei grandi festival del mondo (nonostante i tanti film eccellenti e i capolavori di quest’ultima fase della sua filmografia, come per esempio Dolor y Gloria, premiato a Cannes “solo” con la Palma a Banderas per miglior attore”).
Il fatto che questo premio sia arrivato per La stanza accanto, un film bello, unico, che affronta con luminosa frontalità il tema dell’eutanasia, non è che un ulteriore elemento di cui essere contenti. Al di là dell’indiscutibile valore de La stanza accanto, però, tutto era già stato ampiamente previsto, preso atto della qualità medio-bassa del Concorso di quest’anno e della presenza di un unico vero altro contendente al Leone d’Oro: l’epopea di The Brutalist immaginata da Brady Corbet, uno degli autori che – va riconosciuto – il festival di Venezia ha cullato fin dall’inizio, con il folgorante esordio de L’infanzia di un capo.
Corbet, alla fine, si è dovuto “accontentare” del Leone d’Argento per la miglior regia, scavalcato nel palmarès da Vermiglio di Maura Delpero (alla sua seconda opera), che si è inaspettatamente – ma meritatamente – aggiudicato il Gran premio della giuria: uno dei cinque titoli italiani in Concorso, probabilmente l’unico, insieme a Queer di Guadagnino, capace di convincere e arrivare anche ad un pubblico straniero.
Luca Guadagnino, nonostante sia tornato a casa a mani vuote con la sua audace trasposizione di Burroughs (che, evidentemente, ha diviso la giuria guidata da Isabelle Huppert), si può dire comunque soddisfatto per la vittoria di April di Dea Kulumbegashvili, di cui è co-produttore.
Il lungometraggio della giovane regista georgiana ha ricevuto il premio speciale della giuria (quello che generalmente viene riservato a opere più “sperimentali” e meno canoniche) ed è stato forse uno dei pochissimi titoli del Concorso a creare un vero e proprio dibattito. Il resto, infatti, è passato sotto gli occhi degli spettatori senza suscitare grandi emozioni (positive o negative che fossero), fatta eccezione per Joker: Folie à Deux, che inevitabilmente ha catalizzato moltissime attenzioni, non troppo lusinghiere, e suscitato legittimi dubbi sulla sua collocazione in Concorso.
Come ormai avviene da diversi anni, molto più appassionanti e discusse sono state le visioni fuori concorso di Baby Invasion di Harmony Korine e di Broken Rage di Takeshi Kitano (arrivato al festival all’ultimissimo momento utile e per questo, a quanto pare, non in competizione).
Eppure la vera sezione che quest’anno ha realmente galvanizzato il pubblicato è stata quella dedicata alle serie televisive: Disclaimer di Alfonso Cuarón e M – Il figlio del secolo sono state, a detta di tutti, le cose più audaci e interessanti del festival, capaci di entusiasmare molto più dei film in Concorso. Anche Families like ours di Vinterberg e The New Years di Sorogoyen, se pur ad un livello inferiore, sono comunque state seguite, apprezzate e commentate molto più di tanti altri lungometraggi.
Più che un sintomo dello stato del cinema, forse, un sintomo dello stato della Mostra del Cinema. I festival, ovviamente, si fanno con i film che ci sono, e l’andamento delle varie edizioni dipende da cosa è stato prodotto durante l’anno, da cosa c’era a disposizione e dalle trattative con le distribuzioni.
Ma l’impressione, specialmente dando un’occhiata alla line-up degli altri festival della stagione come Telluride e Toronto, è che quest’anno sia sfuggita più di un’occasione. A Venezia, ad esempio, non si sono visti titoli molto attesi come: Eden di Ron Howard, The End di Joshua Oppenheimer, K-Pops! di Anderson .Paak, The Life of Chuck di Mike Flanagan e Relay di David Mackenzie, solo per citarne alcuni.
Persino autori spesso di casa alla Mostra del Cinema, come Uberto Pasolini e Mike Leigh, quest’anno sono finiti altrove. E come accaduto lo scorso anno, quando la première fuori dal Giappone de Il Ragazzo e l’Airone fu ospitata a Toronto e non a Venezia, anche stavolta il festival canadese ha deciso di accogliere uno dei film d’animazione più attesi: The Wild Robot di Chris Sanders.
Decisamente più breve e lineare il commento sulle Coppe Volpi. Considerando il peso di Isabelle Huppert (e il suo temperamento tutt’altro che conciliante), presidente di giuria e unica attrice, insieme alla cinese Zhang Ziyi, tra i giurati, è facile pensare che la scelta sia stata quasi esclusivamente in capo a lei, che ha deciso di premiare il connazionale Vincent Lindon per Jouer avec le feu (film molto tradizionale che si regge tutto sulle spalle dell’attore) e, in maniera molto controversa, Nicole Kidman per Babygirl, uno dei film che più ha polarizzato il giudizio degli spettatori (l’attrice, inoltre, non è tornata al Lido per ritirare il premio a causa della morte improvvisa della madre).
Insomma, quest’anno, nella “competizione” tra festival, la Mostra del Cinema di Venezia non è sicuramente quella che ne esce meglio in termini di qualità e varietà della propria proposta, specialmente se si ripensa al Concorso, quello davvero eccezionale, dello scorso Festival di Cannes.
La speranza, per lo meno, è che questo palmarès così atipico possa almeno avvantaggiare al botteghino film come Vermiglio, in arrivo il 19 settembre nelle sale italiane. Un film non propriamente mainstream che può godere adesso di rinnovata attenzione dopo la vittoria al festival, così come The Brutalist, che, forte del premio alla regia e delle buone recensioni ottenute, potrebbe suscitare la curiosità del pubblico nonostante la durata (3 ore e mezza).
Festival
Venezia 81: Pupi Avati torna al cinema horror con L’Orto Americano | Recensione
Il protagonista de L’Orto Americano ha tutte le caratteristiche dei tipici personaggi di Pupi Avati: ha un candore e un’ingenuità tali da renderlo inadatto agli ambienti in cui si trova a vivere (che sia la provincia americana o la bassa padana) e soprattutto, essendo un romanziere che non è mai stato pubblicato, alle prese con un altro romanzo probabilmente destinato a rimanere anch’esso relegato nell’oblio, si inserisce in quell’ampio catalogo di sognatori insoddisfatti che il regista emiliano ha raccontato durante tutta la sua filmografia.
Si muove in una società che guarda con diffidenza chi racconta “storie”, che considera scrittori e narratori come dei bugiardi naturalmente predisposti a inventare e a ingannare. Ironicamente, si ritrova proprio ad indagare su di un caso – la sparizione misteriosa di una donna, data per morta – così aleatorio, data la scarsezza di prove e indizi tangibili, che non si può far altro che colmare le lacune con supposizioni, congetture, ipotesi.
Il giovane investigatore (un bravissimo Filippo Scotti) è uno che pensa che la realtà sia sempre troppo modesta, deludente e noiosa ed è per questo che ha l’abitudine di confidarsi con i morti, con le persone care che non ci sono più e che tiene sempre con sé in un vecchio raccoglitore di foto.
Immaginare o credere che ci possano essere da qualche parte quelle persone che gli furono care lo tiene in vita e anche solo invocare i loro nomi lo fa sentire in un mondo già più grande di quello che è davvero.
L’Orto Americano: omaggio al cinema americano dei Cinquanta
Questo nuovo film di Pupi Avati, il primo in bianco e nero in una carriera estremamente prolifica, si confronta con il cinema che il regista ha amato in gioventù, quello americano degli anni Cinquanta che ha contribuito a plasmare il suo immaginario da regista.
L’Orto Americano, alla veneranda età di 85 anni, assomiglia infatti, con tutti i limiti del caso e tollerata una fastidiosa approssimazione in molti aspetti più tecnici, ad un film della maturità e non ad uno senile: un coraggioso tentativo di proseguire quel filone “americano” della sua filmografia che è sempre stato il più doloroso, disilluso, in cui veniva messo alla prova il sogno provinciale della “terra promessa” oltreoceano, saggiandone l’inconsistenza.
Anche ne L’Orto Americano, come in tutti i film di Avati, la Storia, in questo caso quella del secondo dopoguerra, lambisce soltanto il racconto, determinando il contesto entro il quale si dipanano i temi cari al regista: l’illusione e la delusione, la mortificazione inflitta dall’esperienza, la disperata resistenza ad ammettersi perdenti.
Ed è proprio quest’ultima a spingere il protagonista nella sua erratica ricerca, totalizzante e destinata fin dal principio a poter essere completata solo nel sogno, nella fantasia. Nella scrittura come nel cinema.
Festival
Joker: Folie à Deux, un film con le idee molto chiare sul suo protagonista, ma non basta
Joker: Folie à deux, a differenza del primo capitolo, è un film molto più consapevole del messaggio che vuole veicolare, meno fraintendibile sul piano politico, meno ambiguo.
Il protagonista di Joker: Folie à Deux ce lo dice chiaramente, è una vittima di un sistema che non tutela i più fragili, ma soprattutto un ostaggio di quei fanatici che – nel nome di Joker, non in quello di Arthur Fleck – hanno deciso di mettere a ferro e fuoco Gotham, mossi da un vaghissimo senso di protesta anti-establishment (il riferimento è ai fatti di Capitol Hill).
A non essere chiara, stavolta, è l’intenzione cinematografica. Se il precedente film spogliava il cinecomic della sua avvenenza, della sua intrinseca ironia (almeno per come funzionano quelli di maggiore successo) prediligendo una narrazione dura, cupa e asciutta, stavolta, con l’ampiamente annunciata svolta musicale, Todd Phillips si trova a lavorare con una materia che evidentemente non lo appassiona più di tanto e alla quale non vuole dedicare troppo studio. Questo secondo film non è infatti un musical tradizionale, eppure le canzoni occupano tantissimo spazio.
Tutte le esibizioni e le coreografie (su cui è evidente che non si è voluto lavorare in maniera rigorosa) vengono relegate a momenti di fantasia escapista che non aggiungono nulla al racconto e non forniscono nuove chiavi di lettura per quello che si sta vedendo.
Sono degli intermezzi posticci, reiterati fino allo sfinimento – per giunta con lo stesso stratagemma di regia e montaggio – con l’unica ragione apparente di fornire a Lady Gaga (che qui canta ma recita pochissimo, essendo il personaggio di Harley Quinn praticamente inesistente) e a Joaquin Phoenix un palcoscenico sul quale risplendere.
Joker: Folie à deux, un musical a metà
Joker, Folie à deux vive interamente nella mente divisa in due del suo anti-eroe, che conoscerà l’amore per la prima volta. Amore che, però, non può valere contemporaneamente per Joker e per Arthur, essendo le due personalità differenti e incompatibili (vittima e carnefice, inconsapevole e consapevole). Nella confusione c’è, ovviamente, la tragedia.
Chi ha commesso gli omicidi per cui il protagonista è trascinato a processo: il bambino indifeso, abusato fin dall’infanzia, maltrattato dalla società e abbandonato da tutti, o l’adulto lucido e cosciente di sé che non conosce altra fede se non quella della distruzione e del caos? In poche parole, Arthur Fleck o Joker?
La questione non è di poco conto e il film ha, per lo meno, una sua risposta, che tira in ballo la responsabilità individuale e collettiva, la giustizia e la sua assenza in una società che, trincerata nelle proprie contraddizioni, riduce gli spazi di comprensione e di solidarietà. In questo senso, Todd Phillips riflette anche sulle conseguenze – involontarie, ma sicuramente alimentate da una debolezza di fondo – del primo film, che ha fatto del Joker di Phoenix un simbolo di tante comunità tossiche e incel.
Una bandiera di regressione e suprematismo che qui, in questo secondo capitolo, sventola nel vento di rabbia, insoddisfazione e frustrazione che gli emuli del protagonista provano nella loro quotidianità e sfogano davanti all’aula di tribunale in cui si svolge il processo al loro idolo (processo che è anche, intelligentemente, uno show televisivo in diretta).
Questo secondo film sul Joker poteva essere un thriller di prigionia ancora più sporco e realistico del precedente. Poteva essere un atipico court drama sulla spettacolarizzazione della giustizia o, ancora, un doloroso musical sulle speranze irrealizzabili di futuro. Insomma, poteva essere tante cose e finisce per non essere nulla.
Ed è un peccato che un film finalmente così a fuoco rispetto alla caratterizzazione e alla collocazione del suo protagonista – che risolve anche quell’apparente accondiscendenza rispetto alla repressione brutale della polizia che emergeva nel precedente lungometraggio – non trovi mai una forma cinematografica adeguata a raccontare la sua storia.
-
Festival6 giorni ago
Venezia 81: Queer, conferenza stampa | Guadagnino: “Chi siamo quando siamo da soli”
-
Festival5 giorni ago
Venezia 81 | Horizon: Capitolo 2, prosegue l’epica e ambiziosa saga di Kevin Costner
-
Festival5 giorni ago
Venezia 81 | Los años nuevos di Rodrigo Sorogoyen è una delle serie migliori dell’anno
-
Festival5 giorni ago
Venezia 81: Takeshi Kitano fa ridere il festival con il nuovo Broken Rage
-
Festival5 giorni ago
Joker: Folie à Deux, un film con le idee molto chiare sul suo protagonista, ma non basta
-
Festival2 settimane ago
Venezia 81: The Order, la recensione | Credere in un’idea sbagliata può portare al fanatismo più devastante
-
Recensioni3 giorni ago
Love Lies Bleeding, la recensione | Inseguendo un sogno di libertà
-
Festival6 giorni ago
Venezia 81: The Brutalist, uno dei film favoriti per la corsa al Leone d’Oro