Ritorno al Futuro, il cult di Robert Zemeckis compie 30 anni

Esattamente trent’anni fa, a metà degli anni ’80, uscì nelle sale cinematografiche una pellicola destinata a cambiare radicalmente il mondo del cinema di intrattenimento e a diventare un punto di riferimento per le generazioni a venire, grazie al suo inconfondibile humour e ai suoi personaggi caratteristici. Stiamo parlando del Ritorno al Futuro di Robert Zemeckis. Poiché molto spesso le grandi idee nascono da eventi invece banali e inaspettati, è utile ricordare il momento in cui le avventure di Marty McFly e del dottor Emmett Brown presero forma nella mente del loro sceneggiatore. Bob Gale racconta infatti che, sfogliando per caso un vecchio annuario scolastico appartenente al padre, si chiese come sarebbe stato essere amico dei suoi genitori durante il periodo adolescenziale. Il primo capitolo del 1985, inizialmente pensato su di una storia che mettesse al centro i rapporti famigliari e affettivi piuttosto che i viaggi nel tempo, subisce una grande influenza da parte delle pellicole fantascientifiche di George Pal e da fenomeni televisivi come The Twilight Zone, serie TV seminale che nel corso degli anni ha dettato le nuove tendenze per il mondo del fumetto, dei cartoni animati, del piccolo e del grande schermo. Dalla serie, citata a più riprese da Marty McFly durante il viaggio temporale del 1955, il film di Zemeckis riprende la grande varietà di tematiche e ambientazioni. Lo stesso Stephen King definì The Twilight Zone come un prodotto incredibile proprio per il suo essere “inclassificabile”, e Ritorno al Futuro ne riprende questa caratteristica, portando lo spettatore attraverso periodi storici e culturali diametralmente diversi tra loro, dal selvaggio west al futuro ipertecnologico, passando per gli anni dei tumulti giovanili e del rock ’n’ roll.

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Ritorno al Futuro si basa su di una concezione di tempo “fluido” che viaggia su diverse timeline parallele, dove ogni cambiamento genera una diretta conseguenza, portando a scompensi e paradossi. Un esempio ne è il celebre “paradosso del nonno”, descritto per la prima volta dallo scrittore francese René Barjavel, che nel primo film mette a rischio la stessa esistenza del protagonista Marty, il quale finisce per ostacolare inavvertitamente il primo incontro dei suoi genitori. Attingendo a piene mani dal calderone di film di genere degli anni ’40 e ’50, Ritorno al Futuro fugge da qualsiasi attendibilità scientifica, tracciando un futuro quanto mai irrealistico e caricaturale. L’opera di Zemeckis è infatti radicata nella contemporaneità, indugia satiricamente sui meccanismi sociali di una America culturalmente ingabbiata e sui vizi e le debolezze delle persone che la popolano.

Bersaglio primario è ad esempio una politica fatta di figuranti e accattoni, identici nelle loro promesse da marinaio e nei loro slogan svuotati di senso, indipendentemente da qualsivoglia fazione o ideologia. Nel solco di una tradizione inaugurata già da Joe Dante nel 1984, con il suo Gremlins, Zemeckis costruisce un film per ragazzi che cerca di andare oltre il mero intrattenimento, soffermandosi sulle meccaniche politiche e sociali del tempo. E’ per questo che la cittadina di Hill Valley diventa allegoria dell’intero continente americano, delle mutazioni in atto e degli sconvolgimenti sociali alle porte. Emblematica è la scelta, non affatto scontata dato il periodo, di un sindaco di colore, simbolo della rottura col passato, l’avanguardia e la modernità in contrapposizione con lo stantio e il conservatore dell’antagonista Wilson. Ma il film costituisce anche una acuta osservazione sulla scienza che evolve, sulle fonti di energia che cambiano e si rinnovano. In questa ottica Doc è allegoria di un nuovo sapere, una mente aperta in grado di valicare i confini fino ad allora stabiliti. Se infatti nel primo film la macchina del tempo, in accordo con la fantascienza precedente, da Asimov ad Heinlein, può essere alimentata solo attraverso barre di plutonio, per far fronte al “costo” di energia necessario alla violazione del normale flusso entropico, dal secondo film la DeLorean è alimentata attraverso materiali biodegradabili come le bucce di banana, a testimonianza dell’inarrestabile progresso scientifico.

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Nonostante lo scenario prevalentemente fantasioso e volutamente esagerato è comunque curioso osservare come alcune delle innovazioni immaginate dagli autori del film siano state effettivamente realizzate nel corso degli anni. Basti pensare ai dispositivi indossabili, antenati dei moderni Google Glass e Oculus Rift, alle videochiamate e persino allo scanner di impronte digitali. Inoltre, il film di Zemeckis ha predetto un particolare fenomeno cinematografico che proprio in questi ultimi anni è da molti additato come una vera e propria piaga, quella dei sequel infiniti. Emblematico è il manifesto de “Lo squalo 19”.  Come per tutti i cult divenuti col passare degli anni incredibili fenomeni di massa, anche Ritorno al Futuro porta con sé uno sterminato bagaglio di citazioni e leggende metropolitane circa la sua realizzazione. Tra le più interessanti, per esempio, c’è quella che vuole come modello originario della macchina del tempo, al posto della mitica DeLorean, un frigorifero, in linea con il Tardis di Doctor Who, o quella per cui l’attore Crispin Glover, dopo aver perso la voce sul set a causa del troppo stress, fu costretto a recitare solo col labiale per autodoppiarsi in una fase successiva. Lo sceneggiatore Bob Gale dichiarò inoltre che, riprendendo in mano la lista degli attori partecipanti ai casting, trovò un nome famigliare, quello di Johnny Depp. Pare infatti che il divo americano fece domanda proprio per la parte di protagonista. Evidentemente però la sua performance non convinse la esigente giuria.

Poche pellicole resistono alla prova del tempo divenendo simbolo di un intero momento storico e valicando i confini del grande schermo per trasformarsi in veri e propri fenomeni sociali e culturali. Ritorno al Futuro è, ad oggi, una delle saghe più iconiche e conosciute della storia del cinema, anello di congiunzione tra diverse generazioni per il suo essere in grado di coinvolgere i piccoli di oggi e quelli di ieri ma anche gli adolescenti e gli adulti, attraverso una trama in grado sia di far riflettere che divertire, grazie a personaggi in cui è impossibile non riconoscersi almeno un po’. Eliminando confini anagrafici e geografici il film di Zemeckis entra di merito tra i monumenti della cultura pop dell’ultimo secolo. A testimonianza della grande eco ottenuta dalla pellicola lo stesso Michael J. Fox cita un aneddoto secondo cui, durante una escursione in una sperduta giungla in quel di Bhutan, a est dell’Himalaya, persino un gruppo di austeri monaci buddisti riconobbe subito l’attore e non riuscì a contenere l’eccitazione. “E’ proprio lui, è Marty McFly”.