The Pale Blue Eye | La recensione del thriller gotico con Christian Bale

The Pale Blue Eye | La recensione del thriller gotico con Christian Bale
2.9 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

Quello di Scott Cooper è sempre stato un cinema austero, rigoroso, programmaticamente privo di auto-ironia. Caratteristiche che, nel bene e nel male, tornano anche nel nuovo The Pale Blue Eye: detective story priva del gusto per il mistero e l’enigma da risolvere. 

Scott Cooper è uno dei registi più atipici e scostanti del panorama contemporaneo, autore da sempre interessato a riflettere sui limiti dei suoi protagonisti, spesso individui solitari che hanno scelto di vivere al di fuori di una società che percepiscono come feroce e prepotente. Lo ha dimostrato, nei suoi momenti migliori, soprattutto nel western Hostiles e nel thriller Il fuoco della vendetta, trovando in entrambi i casi il veicolo perfetto del film in Christian Bale.

I due tornano a lavorare sul set assieme dopo diversi anni e lo fanno stavolta con The Pale Blue Eye, produzione Netflix a metà tra horror gotico e il mystery più classico, adattamento di un libro di Louis Bayard che permette a Cooper di omaggiare un intero genere letterario e cinematografico e di recuperare alcuni dei temi cari alla poetica di Edgar Allan Poe, che appare come personaggio all’interno della narrazione. 

Siamo quindi nel reame del fantasioso, ma non del fantastico. Immersi in quel genere di storie che mettono al centro figure conosciute che saranno grandi e che già contengono in sé mille indizi di quel grandioso futuro per cui oggi tutti noi le conosciamo e le rispettiamo. 

Ma in questo caso Edgar Allan Poe è solo il cadetto al fianco di un celebre detective attempato, che viene chiamato ad indagare sul caso di un cuore prelevato da un cadavere di un uomo che si è impiccato. Ed è proprio l’Augustus Landor di Bale a rivelarsi un personaggio moscio, poco interessante e privo di tutti quegli spigoli che di solito rendono affascinanti gli investigatori di queste storie. 

The Pale Blue Eye, un mystery privo di ironia

Se già con Black Mass, pastiche scorsesiano con Johny Depp, Cooper aveva dimostrato di non aver alcun interesse nell’umorismo e nel gioco – non solo intellettuale – con lo spettatore (quello ad esempio dei gangster movies di David O. Russell), con The Pale Blue Eye emergono ancora con più forza tutti i limiti del suo cinema, incapace di gestire registri più leggeri e vivaci, ma sempre appesantito da una messa in scena fin troppo illustrativa e un teatralismo che appesantisce un po’ il racconto. 

Christian Bale e Harry Melling in una scena del film (fonte: Netflix)

Questa sceneggiatura così classica, tipica del cinema d’intrattenimento di fine anni ’90 (non è un caso forse che il romanzo da cui è tratto il libro risalga al 2003), poteva essere il materiale perfetto per una rivisitazione giovane e accattivante sulla scia di Enola Holmes, per un divertissement consapevole della propria teatralità come Omicidio nel West End, per un omaggio post-moderno ai classici della letteratura come i gialli di Kenneth Branagh.

Nelle mani di Cooper, invece, The Pale Blue Eye finisce per essere un cupissimo thriller che si crede migliore della storia che mette in scena. Un’operazione pretenziosa e inutilmente patinata che schiaccia tutto quello che di divertente si poteva trovare in questa storia di misteri, indagini e imprevisti.