Festival
Venezia 70 presentata oggi a Roma

Questa mattina presso l’Hotel Excelsior di Roma è stata presentata la 70° edizione della Mostra di Arte Cinematografica di Venezia che si terrà dal 28 Agosto al 7 Settembre 2013. 53 saranno i film presentati, dei quali 20 in concorso, 17 FuoriConcorso e 17 per la sezione Orizzonti. Paolo Baratta e Alberto Barbera hanno illustrato le linee generali di questa nuova edizione del festival, con il rinnovamento delle strutture e le location principali, la politica dei biglietti, la scelta dei film e altre interessanti curiosità. “La Mostra di Venezia raggiunge il 70° Anniversario e ci siamo chiesti come festeggiare questo evento in modo originale e lo abbiamo fatto con il Venezia 70 Future Reloaded, chiedendo a 70 registi di tutto il mondo di realizzare per noi, in totale autonomia produttiva e creativa, un micro cortometraggio tra i 60 e 90 secondi e ci ha sorpreso quanti hanno aderito, alcuni molto famosi e altri meno noti che si sono distinti proprio a Venezia come talenti emergenti. C’è un sito dedicato a questa iniziativa all’interno del sito della Biennale e ogni giorno sarà aggiornato con le schede di questi registi per avere la lista completa entro il 21 agosto. Questi corti non sappiamo ancora come mostrarli, forse solo sul web o prima dei film, dobbiamo ancora decidere. Il tema era generico, gli abbiamo chiesto di pensare alla loro idea del futuro del cinema, e sono venuti fuori lavori molto belli e che vi stupiranno” ha dichiarato Barbera.
Il Leone D’Oro sarà consegnato a William Friedkin. Un film confermato all’ultimo momento è Parkland diretto da Peter Lansman, che è il nome dell’ ospedale dove fu ricoverato Kennedy dopo l’attentato. Poi ci sarà il nuovo film di Miyazaki Kaze Tachinu in anteprima internazionale, non mondiale ma il film merita e lui ci teneva molto ad essere in concorso. Tsai Ming-liang con il film testamentario Jiaoyou che ha a che fare con l’arte, la contemplazione e non solo con il cinema, poichè il regista ha già annunciato che non farà più cinema d’ora in poi. Quindi è una sorta di tributo ad un regista che ha fatto una scelta così radicale. Per la prima volta che ci saranno due documentari in competizione, una sezione di solito dedicata a film di finzione: Sacro Gra di Gianfranco Rosi sul grande raccordo anulare dove ha passato tutta la vita, e The Unknown Known: The Life and Times of Donald Rumsfled di Errol Morris, un’ intervista lunga al Ministro degli Esteri di Bush Donald Rumsfeld che durava originariamente 35 ore e è stata accorciata di volta in volta. I film americani in concorso sono 5, per la ricchezza a cavallo tra l’indipendenza e la prosperità di Hollywood. Poi 3 film inglesi in concorso, e 3 film italiani con il ritorno a Venezia di Gianni Amelio con L’Intrepido, poi un documentario di Rosi suddetto e l’opera prima di Emma Dante Via Castellana Bandiera, film di grande impatto e provocazione dal quale siamo rimasti affascinati. Poi un omaggio a Federico Fellini di Ettore Scola e un affascinante sguardo sul neorealismo di Carlo Lizzani con il suo film “Non eravamo solo ladri di biciclette”.
“C’è un po’ di tutto: film d’autore, film che guardano al pubblico etc…per una fotografia del cinema con tutte le sue componenti contraddittorie. Fuori Concorso apre con Gravity di Alfonso Cuaron in 3D con George Clooney e Sandra Bullock, film impressionante, poi The Canyons di Paul Schader, poi torna Kim Ki Duk dopo Pieta dello scorso anno con Moebius, e ci saranno anche alcuni documentari di 3-4 ore come At Berkeley di Wiseman e Feng Ai di Wang Bing su un ospedale psichiatrico cinese. James Franco in competizione con il suo film da regista Child of God e come produttore del film di Gia Coppola Palo Alto nella sezione Orizzonti. Non mancherà neanche quest’anno Venezia Classici con film restaurati, grazie anche ad alcune copie conservate all’Asac della biennale. Potrebbero tuttavia aggiungersi ulteriori titoli nei prossimi giorni. La novità del mercato, oltre che dura un giorno di più, inauguriamo la possibilità di avere anche proiezioni durante il mercato con alcune salette ritagliate tra i vari spazi, con film che non hanno niente a che fare con il festival di Venezia. Il film di chiusura sarà in 3D come quello di apertura ed è Amazzonia di Thierry Ragobert, chiamato impropriamente documentario. “In generale il cinema di oggi riflette le crisi che stiamo attraversando, che affronta di petto la contemporaneità e che quindi riflette anche la negatività, l’assenza di prospettive che si avverte in questi film. Non c’è un regista che lancia segnali di ottimismo, quindi il tema dominante è questo con analisi su conflitti etnici, sociali, religiosi, personali che si riflettono sul microcosmo familiare (assenza dei genitori, violenza sui bambini, figli soli e senza guida lasciati nel mondo etc…). Cinema come specchio della realtà, quindi i film non ci rimandano immagine consolante della nostra contemporaneità. Non mancano i film di genere, film d’autore , animazione, cinema horror, fantascienza…poche commedie” ha concluso Barbera.
CONCORSO
Es-Stouch (Les Terrasses) di Merzak Allouache
L’Intrepido di Gianni Amelio
Miss Violence di Alexandros Avranas
Tracks di John Curran
Via Castellana Bandiera di Emma Dante
Tom à la ferme di Xavier Dolan
Kaze Tachinu di Hayao Miyazaki
The Unknows Known: The Life and Times of Donald Rumsfeld di Errol Morris
Night Moves di Kelly Reichardt
Sacro GRA di Gianfranco Rosi
Jiaoyou di Tsai Ming-liang
FUORI CONCORSO
Space Pirate Captain Harlock di Aramaki Shinji
Gravity di Alfonso Cuaròn
Moebius di Kim Ki-duk
Locke di Steven Knight
Yurusarezaru mono di Lee Sang-il
Wolf Creek 2 di Greg MClean
Die Andere Heimat – Chronik einer Sehnsucht di Edgar Reitz
O Sole Minnie di Paul Rudish, Aaron Springer e Clay Morrow
The Canyons di Paul Schrader
Che strano chiamarsi Federico di Ettore Scola
Walesa. Czlowiek znadziei di Andrzej Wajda e Ewa Brodzka
Giffoni Film Festival
Gabriele Mainetti a Giffoni porta la sua passione e la sua esperienza

Dopo aver lasciato a bocca aperta il suo pubblico, Gabriele Mainetti torna ad emozionare i ragazzi di Giffoni, ospite della 52esima edizione del Festival.
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Gabriele Mainetti emoziona il pubblico di Giffoni
Le emozioni sono più grandi, se condivise. Ha esordito così il celebre e apprezzato cineasta romano, parlando della difficoltà che sta affrontando il settore, dopo due anni di pandemia. Da grande appassionato di cinema, ed essendo anche impegnato nella produzione, con la sua Goon Films, sa bene che il bisogno di vivere quella grande emozione non può morire. Si tratta solo di un momento difficile.
La sala è uno spazio importante, ha un altro significato e si capiscono cose diverse rispetto al piccolo schermo.
Ho difeso Freaks Out perché sentivo che poteva esserea accolto in un altro modo – prosegue Mainetti. Il tempo e l’attesa gli hanno dato ragione. Il film, presentato in concorso alla 78esima Mostra Internazionale d’Arte Cineamtografica di Venezia, è stato venduto in quasi tutto il mondo, nonostante la romanità intrinseca del linguaggio.
Tra segreti e doppie anime
A tal proposito, parla della sua doppia anima. Mia nonna era del New Jersey, io ho fatto la scuola americana, mia sorella vive lì da 30 anni e la realtà newyorchese è qualcosa che mi appartiene. Ma poi sono un romanaccio, ho esplorato la mia città in qualsiasi quartiere.
Il grande segreto è dentro di te, quello che sei ti rende speciale.
Andando invece più a fondo sui suoi personaggi, un concetto emerge chiaro e forte: l’importanza del cambiamento. Il cambiamento è fondamentale, è quello che cerca lo spettatore. Il protagonista è un veicolo enorme e deve compiere un percorso, che ci spinge a scoprire il mondo. La vita di nessuno di noi è facile, lo spettatore cerca quindi la catarsi. Almeno nel cinema che piace a me.
Il rapporto con gli attori
Ho fatto l’attore per 15 anni – ricorda Mainetti – Ho un rapporto empatico con gli attori, lavoriamo insieme alla scena. Per Freaks Out ho cercato di creare il gruppo, portandoli in campagna. Gli attori sono persone, per cui devi forzarti a capire che sono fragili e ognuno esprime diversamente le sue fragilità. Non sempre ci si riesce.
Ho provato a pensare qualcosa di diverso; fare un cinema in grande ma italiano, alla Leone anche se io non sono lui, è qualcosa per tutti. Mi rincuora sentire da parte del pubblico il calore, in fondo è il pubblico a decidere, non i registi.
Il compito del film è che sia un evento importante.
Giffoni Film Festival | Il cinema secondo Gabriele Mainetti
A me piacciono tante cose. Dostoevskij, Bunker. Adesso sono in affanno, alla ricerca di qualcosa che mi possa ispirare. Faccio ricerche, cerco di capire, il film poi è la mia tesi, come all’università.
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Amo il grande cinema, non solo quello di genere. Per Freaks Out ci sono tre grandi autori come linee guida: Steven Spielberg (per l’avventura), Mario Monicelli (per i personaggi idiosincratici) e Sergio Leone (per il senso epico). A cui si unisce la grande lezione di Quentin Tarantino, con la possibilità di reinterpretare il cinema. Però lui è più metacinematografico, io sono più romanticone. Freaks Out è anche un film sul cinema, quello che ho conosciuto all’inizio della mia vita, quello universitario e quello conosciuto da attore.
Entrambi i miei film cercano la comunione con l’altro. Se in Jeeg grazie all’amore di una donna si sviluppa l’arco trasformativo, anche in Freaks la donna è al centro e possiede il senso della famiglia.
Non sono un amante del cinema dei supereroi, ma mi piace il soprannaturale che trasfigura il reale.
Giffoni Film Festival
Aurora Giovinazzo a Giffoni parla di talento e disciplina

Al 52esimo Giffoni Film Festival arriva una delle più giovani e promettenti attrici degli ultimi anni, che risponde al nome di Aurora Giovinazzo. Protagonista di Freaks Out e di Anni da cane, l’attrice ventenne, origininaria di Roma, torna in Cittadella ed è un tornado di energia.
Al Festival di Giffoni 2022 arriva Aurora Giovinazzo
Non ho l’ansia come l’anno scorso – ha esordito la Giovinazzo, durante l’incontro coi giurati – Mi sono preparata mentalmente. Siamo tutti giovani e ci troviamo bene, comunichiamo e se so rispondere bene, sennò ci facciamo una risata.
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Dopo aver presentato le varie categorie di giurati, sotto suggerimento dei presentatori, la gradita (e divertita) ospite ha improvvisato addirittura un passo a due di salsa con uno dei ragazzi della sala. Erano tre anni che non ballavo – dice ad Angelo, suo partner sul palco – Mi hai resa felicissima.
La Giovinazzo è infatti campionessa mondiale di salsa, e sta preparandosi per una gara molto importante, in programma ad ottobre. Ma prima deve riprendersi dall’infortunio al ginocchio, e nel frattempo si dedica al nuovo misterioso ruolo che la attende. La preparazione è molto intensa, perché si tratta di un ruolo tosto, fisico, ma stimolante.
Dal ballo alla recitazione, approdando a Venezia
Intanto la vedremo ne L’uomo sulla strada, che ha da poco finito di girare a Torino, e di nuovo in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia, con il cortometraggio di Mauro Zingarelli, prodotto da Slim Dogs e intitolato Nostos.
A chi le ha chiesto come si è approcciata alla recitazione, ha dato tutto il merito alla mamma. Mi ha guidata, perché da piccola mi piaceva fingere, quindi mi ha indirizzata verso questo settore, inconsapevole di tutto.
Sono fortunata perché so quello che ho. Poi ho un piano B, che in realtà è un piano A: il ballo.
Il legame con i personaggi
Rispetto all’esperienza di Freaks Out e alla sua Matilde, ha sottolineato quanto si sia sentita al sicuro sul set con Gabriele Mainetti. Mi ha guidata dal primo all’ultimo giorno di set, è stato bellissimo, emozionante , magico. Ha fatto stimolare in me questa voglia di recitazione, mi ha fatto vedere questo mondo in chiave diversa. Sono diventata un po’ più Matilde dopo. Mi è rimasta dentro e, al tempo stesso, le ho dato qualcosa.
Ogni personaggio che uno fa lascia sempre qualcosa – prosegue la Giovinazzo – Si studia per mesi e, se c’è qualcosa di tuo gradimento, resta. Poi io sono ancora in un processo formativo, ho 20 anni!
L’importanza della disciplina, oltre al talento
Quando ha saputo della sua nomination ai David di Donatello, ha pianto al telefono con la mamma – condivido tutto con la mia famiglia – e si è preparata a lungo per il ruolo in Oltre la soglia. Devi focalizzarti su una cosa, anche perché il set è complicato, ti provoca uno stress fisico, per cui la preparazione è la cosa più fondamentale. Importante non prendere il ruolo e il set con superficialità.
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Il mio punto a favore è che sono un’atleta, ti dà una disciplina vera e propria. Poi il talento, secondo me, va preso con le pinze. Viene generato, nutrito nasce dalle persone che ti vogliono bene e che vedono qualcosa che sai fare e ti dicono di sfruttarlo. Il talento è uno stimolo a diventare qualcuno per te e non per gli altri.
Aurora Giovinazzo parla del tema di Giffoni: INVISIBILI
Tema di quest’anno di Giffoni è INVISIBILI. La giovane ed esuberante attrice non ha potuto ovviamente esimersi dal raccontare il suo rapporto con una simile condizione. Ci sono casi in cui mi trovo a mio agio, in cui sono frizzante, colorata e ho voglia di conoscere. E altri casi in cui preferisco mettermi da parte, essere ignorata, ho bisogno dei miei momenti.
Voglio sentirmi invisibile.
Ma cos’è il cinema per Aurora Giovinazzo? Il cinema è fatto apposta per sognare. Un film, un personaggio, possono essere il nostro psicologo. Il cinema, i film, i libri, hanno una funzione magica. Il cinema è uno strumento molto importante per la formazione dei giovani. Ci lascia immaginare, emozionare.
Giffoni Film Festival
Micaela Ramazzotti racconta le sue donne “storte” al Giffoni Film Festival

Alla 52esima edizione del Giffoni Film Festival, Micaela Ramazzotti arriva accompagnata dalla figlia Anna – la cui nascita è stata filmata nel film di Francesca Archibugi, Il nome del figlio.
Ospite della manifestazione campana, l’attrice di origini romane, in abito lungo e colorato, con un biondo che la rende ancora più luminosa, si racconta alla stampa, prima di incontrare i giurati di Giffoni.
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Micaela Ramazzotti a Giffoni | Perché amo interpretare donne “storte”
Ormai esperta di un certo tipo di personaggio, alla quale riesce sempre a donare una concretezza e una sensibilità particolari, la Ramazzotti spiega il perché delle sue scelte.
«I personaggi con peculiarità sono diventati la mia scelta. Come le donne che vivono mondi subalterni, donne “storte”, in contesti sociali difficili. Ho amato dar vita a questi personaggi.
Chi soffre è perché è più sensibile.
Ho frequentato tante strutture psichiatriche e gruppi per preparammi ai ruoli, e mi sono sentita capita. Bisogna sempre avere una rete di persone intorno a chi sta male. Poiché è difficile parlarne, continuerò a fare questi personaggi, è importante».
«Per noi donne dello spettacolo è un momento importante, abbiamo una grande possibilità, che ci sta dando la carica e l’entusiasmo – prosegue – Ma se mi giro e guardo mondi di sfruttamento, subalterni, credo che bisognerebbe puntare il faro lì. Per far in modo che il vantaggio arrivi anche dove c’è bisogno».
Tra Michele Placido e Carlo Verdone, cosa si aspetta da Giffoni
Per quanto riguarda invece la sua esperienza con due grandi mostri del cinema italiano, Michele Placido e Carlo Verdone, ricorda due momenti importanti della sua carriera. Il primo riguarda uno dei prossimi progetti, che la vede protagonista, al fianco di Riccardo Scamarcio e Louise Garrel, in L’ombra di Caravaggio.
«Ho interpretato la musa ispiratrice di Caravaggio, una prostituta che aveva sua figlia in braccio e in cui vide la Madonna».
Nel cinema la timidezza non c’è.
«Carlo Verdone mi ha dato il primo consiglio, che ancora oggi ricordo: “Vai e spacca tutto”. Mi aveva vista molto agitata, perché io sono emotiva ed ero agli inizi».
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A chi le domanda poi cosa si aspetti dai ragazzi di Giffoni, quale lezione vorrebbe dare loro, risponde con un candore e un’arguzia disarmanti: «Loro insegneranno a me, hanno combattuto in questi due anni e hanno sviluppato una grande sensibilità».
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