Boston – Caccia all’uomo, la recensione del nuovo film di Peter Berg

Non è mai facile raccontare eventi tragici di cronaca a poco tempo dal loro accadimento. Il rischio di inciampare è alto, e per questo è un lavoro riservato solo ai registi davvero dotati di polso fermo e della lucidità necessaria per mettere in scena ferite ancora non del tutto rimarginate. Peter Berg decide di raccontare, a soli tre anni di distanza, il terribile attacco terroristico che colpì la città di Boston durante la seguitissima maratona del 15 aprile, causando la morte di tre persone ed il ferimento di oltre duecento spettatori.

Boston – Caccia all’uomo comincia sommessamente, indugiando sulla quotidianità delle persone che da lì a poco diventeranno i veri eroi della storia, per proseguire come un serrato inseguimento per le strade della metropoli in pieno stile Michael Mann

Già nel recente Sully di Clint Eastwood il valore dei protagonisti stava nella dedizione verso il proprio mestiere e nella loro capacità di intuito. Da una parte il capitano che riesce a salvare centinaia di passeggeri con un pericoloso ammaraggio, dall’altra un agente che riesce ad individuare il nemico grazie ad un fugace sguardo sospetto. Ma se il cinema di Eastwood è universale e profondo, statico e riflessivo, quello di Berg è ancorato alla polvere della strada e fa del dinamismo e della forza cinetica i suoi punti di forza. 

Mark Wahlberg in una scena del film

Ad impersonare i valori di questa America che non si arrende troviamo nuovamente Mark Wahlberg, alla terza collaborazione con il regista. Le azioni di Tommy Saunders non sono però mai del tutto personali, ma guidate da un sentimento superiore che trascende il singolo: quello della devozione verso la propria patria. È un cinema che cerca gli eroi anche dove apparentemente non ci sono, come già successo con Deepwater Horizon, in cui persino una vicenda basata interamente su banali errori umani veniva trasformata in una storia di sopravvivenza e tenacia. 

J.K. Simmons è il sergente Jeffrey Pugliese

Ma se Berg negli scorsi lavori narrava la storia di pochi protagonisti, o al massimo di un gruppo di lavoratori, con Boston – Caccia all’uomo insegue una varietà incredibile di linee narrative, che si intrecciano con i loro tantissimi personaggi senza risultare mai confusionarie e fuori fuoco. Per questo si tratta di un lungometraggio che è tante cose insieme, e tanti piccoli film diversi assemblati a formare il più grande ritratto di una città intera che reagisce.

Ci vuole una grande abilità per fare ciò, e il cinema muscolare di questo cineasta americano si conferma ancora una volta il più adatto a reiterare la mitologia americana di un Paese sempre pronto a rialzarsi dopo ogni attacco alla sua libertà. Questo è cinema di proiettili e bandiere a stelle e strisce. Prendere o lasciare.