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Austerlitz, la recensione del documentario sui luoghi della Shoah
Folle di turisti con bermuda, trendy t-shirts, occhiali da sole, e macchinette fotografiche pronte all’uso, varcano ogni giorno i macabri cancelli capeggiati da quel motto che per circa 30.000 deportati indicò il punto ultimo di non ritorno. Sopra le teste dei viaggiatori moderni spicca, magniloquente, quella stessa scritta (Arbeit macht frei – Il lavoro rende liberi) che, nel paradosso esatto del proprio significato, sancì la fine definitiva della libertà dell’uomo e la sua progressiva dipartita, prima spirituale e poi, inesorabilmente, anche fisica.
Oggi, quei turisti perlopiù ignari del significato delle atroci sofferenze patite in quei luoghi, varcano quei cancelli dell’orrore e attraversano gli stessi cortili dove fiumi di deportati (perlopiù ebrei, ma anche prigionieri politici e appartenenti ad altre minoranze) persero il rispetto e i diritti prima, e poi anche la vita. In quegli stessi luoghi, coppie, famiglie, comitive, scattano foto, s’immortalano, guardano il dolore senza vederlo, contemplarlo, interiorizzarlo realmente. Rompono il silenzio del ricordo con gli scatti delle loro macchinette, e invalidano il percorso della memoria rendendo la loro presenza una sorta di sprovveduta calpestatrice del ricordo.
La memoria violentata dal turismo
E in un percorso di memoria e presa di coscienza che dovrebbe invece essere a ogni passo sancito dal rispetto per le atrocità umane commesse nel passato, e incalzato dal monito di una conoscenza che possa con ogni speranza sventare il reiterarsi di simili atrocità nel futuro, la casualità e la superficialità dell’approccio turistico diventano elementi ultimi di un degrado etico e morale invalicabile, militi ignoti di una partecipazione passiva che si scontra con il principio di attiva elaborazione di un lutto che dopo quasi un secolo è ancora lì a soccombere, profanato perlopiù dal reiterato delitto dell’indifferenza. Il turismo perpetrato nei luoghi della Shoah rompe dunque il confine labilissimo tra etica e memoria, diritto alla conoscenza e dovere di ossequio, sollevando per l’ennesima volta il dibattitto sul se e come sia possibile ricordare ‘in maniera etica’ la grande onta della Shoah.
Un documentario realistico
Cineasta ucraino nato in Bielorussia, Sergei Losnitza riparte da qui e dal senso di fastidio provato nel vedere orde di turisti sciamare quasi assuefatti o anestetizzati al dolore per i luoghi di quello che ieri era uno dei più grandi campi di concentramento nazisti e oggi è invece il museo della memoria di Sachsenhausen. Nel suo Austerlitz (titolo-omaggio all’omonimo romanzo di W.G. Sebald) l’occhio della sua camera, fisso e nascosto, si posiziona a intervalli lunghi e regolari in punti strategici del museo per catturare il flusso di turisti che si muovono all’interno di quei luoghi, cogliendo nell’insieme e anche in ogni minima sfumatura, il loro modo di attraversare, osservare e intendere il dolore circostante. Ma l’inadeguatezza e la spensieratezza del loro muoversi sono elementi che saltano all’occhio vividi sin dalla prima inquadratura, in una dinamica di crescente evidenza che il regista non cerca ma che, piuttosto, si rivela da sola attraverso l’estremo e dirompente realismo del flusso di immagini catturate.
Il valore della testimonianza
Come Claude Lanzmann (non si può non citare il suo nome ogni qualvolta si ritorni su questa scottante tematica) nel suo monumentale Shoah – documentario fiume di 613 minuti – onorava il valore unico della testimonianza, qui Sergei Losnitza dà credito al valore esemplare dell’osservazione, realizzando un’opera che muove le proprie riflessioni solo dall’atto minimalista dell’osservare. Così facendo, sic et simpliciter, le spiegazioni delle tante guide poste a Virgilio di questo percorso museale davvero sui generis, le a dir poco inopportune pause cibo, foto, o chiacchiere, evidenziano con crescente amarezza la distanza tra la voce della memoria e la voce registrata a commento di un percorso “da completare”, tra il valore del ricordo e quello del presenzialismo a ogni costo.
Una piccola ferita si riapre a ogni passo dell’indifferente camminata di questo itinerario “turistico”, e con il suo occhio discreto Losnitza rintraccia l’invisibile filo di sangue e dolore che esiste tra le aberrazioni vissute ieri e l’indifferenza partecipata oggi, davvero forse l’unico punto di contatto tra quel passato e il nostro presente. Una nuova e necessaria riflessione sul senso e il valore della Memoria.
TRAILER AUSTERLITZ
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Zlatan | Da Malmö alla Juventus, l’ascesa di Ibrahimovic nel biopic tratto dal libro
Sono le difficoltà incontrate da Zlatan Ibrahimovic, più che le sue vittorie sul campo da calcio, ad essere esplorate nel film tratto dall’autobiografia best-seller del campione svedese di origine slava (Io, Ibra, in Italia edito da Rizzoli). La pellicola è stata presentata in anteprima mondiale alla 16esima Festa del Cinema di Roma.
Zlatan, diretto dallo svedese Jens Sjogren, titolo originale I am Zlatan ripreso dall’edizione internazionale del libro, è un racconto di formazione focalizzato principalmente sugli ostacoli incontrati lungo il cammino verso la gloria. Seguendo i primi passi della carriera dell’attuale asso del Milan, noto fuori dal campo per il carattere da duro e la forte autostima, il film ripercorre i suoi inizi da figlio di immigrati slavi nella periferia operaia di Malmö, fino al suo contratto con la Juventus, vero punto di svolta di una carriera che lo porterà a indossare le maglie anche di Inter, Barcellona, Milan, United e PSG.
Caduta e ascesa
Prima dell’ascesa c’è però una “caduta”. La pellicola inizia con Ibra già sotto contratto con il club olandese dell’Ajax. Il problema dell’attaccante è però nei numeri con pochi gol, che gli valgono l’etichetta di “immigrato pigro”. Il suo agente, Mino Raiola, lo convincerà a vendere la sua Porsche e a concentrarsi sui suoi allenamenti, perché all’orizzonte sembra esserci la vera prima grande chiamata, quella della Juventus.
Viene difficile credere come il talento che giocava solo per sé, non passando mai la palla ai compagni e costringendo i suoi primi allenatori a tenerlo in panchina, oggi sia il leader indiscusso del suo Milan, anche se per adesso limitato al ruolo di “capo spogliatoio” secondo Tuttosport, visto l’infortunio che lo terrà fuori almeno fino agli inizi del 2023.

Alle origini di Ibra
Gli appassionati di calcio sanno per certo che Ibra, pur non potendo contribuire con gol e assist come un tempo, anche da bordocampo farà di tutto per trasmettere alla squadra la sua fame di vittorie per capovolgere l’inerzia di una gara, come testimoniato dalle telecamere fisse su di lui a San Siro. Il Milan che in queste prime giornate di Serie A è tra le quattro papabili per la vittoria, a giudicare dalle scommesse live su NetBet, subito dopo Juve e Inter, deve molto allo slancio motivazionale di Zlatan e solo continuando a guardare al film (o leggendo il libro) possiamo capire davvero come si forma il carattere impavido di Ibra. In particolare, attraverso il lungo flashback che parte dalle sue prime mosse sui campi da calcio a Malmö, si può comprendere tutta la forza interiore di questo campione. Poche persone credevano davvero in lui, ma Ibra non ha desistito e ha continua a salire di livello mostrando già doti fuori dal comune nella squadra della sua città.
Le guide che lo spronano
Nel frattempo sono due gli attori che si alternano nel ruolo per rendere realistica la crescita dello svedese, Bajraktari Andersson e Granit Rushiti. Con quest’ultimo torniamo alla quasi attualità e all’incontro con il potente direttore generale della Juve Luciano Moggi, poi, attraverso nuovi flashback veniamo di nuovo trasportati tra le periferie di Malmö, nelle case dei due genitori separati e al campo d’allenamento, tra gli echi della guerra dei Balcani e gli omaggi rimarcati a Muhammad Alì, fonte di ispirazione principale del dodici volte Guldbollen, o Pallone d’Oro svedese. Il focus si sposta sulla guida paterna: “Devi usare la critica come una forza trainante”, gli dice il padre Sefik per spronarlo a sfidare i suoi nemici, tirando sempre fuori il meglio di sé. Oggi forse Ibra non ha più bisogno di consigli e dal film capiamo meglio il perché.
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Il Signore degli anelli: Il ritorno del fantasy più amato di sempre
Sono passati poco più di vent’anni da quando il primo film di questa epica trilogia fantasy è stato proiettato nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, trovando un posto nel cuore di tutti gli appassionati di mondi fantastici abitati da creature e razze di ogni tipo.
Dopo un silenzio che dura da un bel po’ di anni, precisamente dal 2014, data in cui uscì l’ultimo film della trilogia Lo Hobbit, il mondo che J.R.R. Tolkien ha creato torna nuovamente a trasportarci nella magica Arda o Terra di Mezzo che a dir si voglia, ma questa volta non lo farà sui grandi schermi del cinema, bensì sul nostro televisore, computer o cellulare.
Il nuovo Signore degli Anelli infatti non sarà un lungometraggio, ma una vera e propria serie che verrà inserita nel catalogo di Amazon Prime Video.
Una serie con un arduo compito
Come sappiamo bene, l’universo fantasy creato dal noto scrittore è tuttora fonte di ispirazione per numerose storie, basti pensare ai vari film, fumetti e, in particolare, ai videogiochi come Dragon’s Crown e Skyrim. Molti titoli videoludici, alcuni anche molto apprezzati, sono ambientati proprio nella Terra di Mezzo, mentre è possibile scaricare giochi come Throne: Kingdom at War che si ispirano parecchio alle epiche battaglie, alle grandi città e ai fitti boschi verdi, pieni di misteri e creature inimmaginabili.
Con questa incredibile base, anche un solo passo falso potrebbe essere un enorme problema, quindi ecco cosa bisogna aspettarsi dalla serie in uscita il 2 Settembre di quest’anno.
Coerenza
L’universo che Tolkien ha creato è immenso e gestirlo all’interno di un’opera potrebbe rivelarsi un’impresa non da poco.
La storia del mondo di Arda è piena di eventi particolari avvenuti in una linea temporale veramente lunga, la serie si basa in particolare sugli eventi accaduti nella seconda era. Trovare alcuni dei personaggi della prima trilogia in una serie ambientata nella Terra di Mezzo del passato, potrebbe far (giustamente) infuriare i fan più accaniti.
Source: Pexels
Fedeltà
Le caratteristiche delle razze, l’architettura, la fauna e la flora, i personaggi più importanti, tutto deve essere il più possibile fedele all’universo narrativo. Il trailer della serie mostra delle immagini promettenti: grandi ambienti come le città o i boschi sembrano simili a quelli presenti nella prima trilogia di Peter Jackson, così come altri particolari come per esempio le armature.
Effetti speciali
Nonostante il peso degli anni si faccia sentire, La Compagnia dell’Anello mostra degli splendidi effetti speciali. Per fare un esempio, il Balrog è tutt’oggi una delle creature più belle realizzate in CGI (Computer-generated imagery). Anche sotto questo aspetto, sembra che la serie mostrerà i suoi muscoli con una computer grafica di tutto rispetto.
Per quanto riguarda la trama, dovremmo avere una storia fantasy avvincente, anche se bisognerà vedere come verrà raccontata allo spettatore. Il trailer mostra avventura, grandi battaglie e tanti altri elementi che potrebbero tenerci incollati allo schermo.
Le premesse per un’ottima serie ci sono tutte, quindi possiamo solo attendere il 2 Settembre con ansia, magari leggendo un libro o giocando a un titolo ispirati alle storie della Terra di Mezzo.
Fonte: Pexels
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Linkem & GF 2021
In occasione della nuova partnership con il Grande Fratello VIP 2021, Linkem ha lanciato un concorso a premi dal 27 settembre 2021 al 15 dicembre 2021. Si chiama “Vinci il GF VIP con Linkem” ed è aperto a clienti e non.
Per partecipare, gli utenti dovranno completare la procedura di registrazione sull’apposita landing page al seguente link, compilando i campi indicati e se saranno i fortunati vincitori dell’estrazione finale potranno vincere:
· n. 1 TV 4k 82” UHD
· n. 5 tablet Galaxy Tab S7+5g
· n. 12 Box brandizzate Linkem e GF VIP contenenti: una t-shirt, una tazza e un quaderno
Altre iniziative Linkem + GF Vip 2021
Mercoledì 27 ottobre Linkem ha fatto atterrare nella casa del GF Vip un drone con un messaggio misterioso per uno dei concorrenti, senza però conoscere né il mittente né il destinatario di questo messaggio e lasciando così i concorrenti nella curiosità più totale. Abbiamo scoperto i protagonisti del misterioso messaggio solo durante la live del venerdì successivo in prime time, quando la figlioccia di Jo Squillo, Michelle Masullo, è entrata nella casa a sorpresa regalando forti emozioni al pubblico e alla cantante milanese. Guardate la clip sul sito: https://www.linkem.com/gf-vip.
In puntata abbiamo potuto assistere alle spettacolari riprese dall’alto effettuate dal drone, trasmesse sul tablet del pilota con definizione Ultra HD. Linkem è un’azienda leader nel settore della costruzione e gestione di reti wireless a banda ultra-larga da oltre dieci anni e incoraggia lo sviluppo di servizi innovativi 5G in tutto il Paese. I clienti possono contare su una rete veloce ed efficiente, sia per strumenti di lavoro sia per le varie soluzioni di intrattenimento online.
Come le reti FWA, le reti 5G sono basate su tecnologie miste fibra – radio per abilitare in modalità wireless connessioni ad altissima velocità e con bassissima latenza in grado di supportare lo sviluppo dell’Internet of Things (IoT), ovvero la connessione in rete di migliaia di oggetti intelligenti.
Linkem ha già attivato in centinaia di comuni la sua nuova e velocissima rete 5G. Con l’offerta dedicata 5G Maxi Promo 20 Anni l’utente può fruire di una connessione internet ultraveloce fino a 1 Gigabit senza linea fissa e senza limiti di traffico a soli 19,90€ al mese per i primi 6 mesi anziché 26,90€ al mese. E con l’opzione voce Parla&Naviga può usufruire di chiamate illimitate da casa verso mobili e fissi nazionali con tecnologia VoIP senza nessun costo aggiuntivo.
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