La nuova serie Hanno ucciso l’uomo Ragno dedicata agli 883, in onda Sky, non si limita a raccontare la storia del duo musicale, ma anche quella di una generazione un po’ naif che ha trovato in loro un punto di riferimento.
Sydney Sibilia, dopo il successo di Smetto quando voglio, ha cominciato a raccontare sempre più spesso le storie di “sfigati” di provincia che si ritrovano a compiere imprese eccezionali. Ne sono un esempio l’ingegnere de L’incredibile storia dell’isola delle Rose e ancora gli amici pirati di Mixed by Erry.
Stavolta, nella nuova serie targata Sky, gli sfigati di provincia di cui si occupa Sibilia rispondono al nome di Max Pezzali e Mauro Repetto: gli 883, la cui storia è adesso brillantemente raccontata in Hanno ucciso l’Uomo Ragno, progetto televisivo in due stagioni di cui sono stati appena trasmessi i primi due episodi.
Hanno ucciso l’uomo ragno: ricordate gli 883?
Come nei precedenti film del regista campano, anche stavolta si racconta un sentimento che accomuna tanti ragazzi che hanno un sogno non semplicissimo da realizzare, che non si sentono in alcun modo dei predestinati, ma che, nonostante tutto, sfidano il destino e ce la fanno.
Ed è d’altronde quello che è successo proprio a Pezzali e Repetto, due personalità molto differenti – uno anticonformista e ribelle, anche in assenza di cose a cui ribellarsi, l’altro ingenuo ed entusiasta – che da compagni di banco diventano punto di riferimento per un’intera generazione.
Tutta la serie, in otto episodi, punta ad arrivare al boom radiofonico e alla leggendaria esibizione all’Aquafan di Riccione di inizio anni ‘90: a quell’epoca uno dei presidi di ferro di Radio Deejay e il luogo in cui per la prima volta gli 883 decisero di esibirsi davanti a un grande pubblico.
Max Pezzali e Mauro Repetto: era scritto nel destino
Erano mesi che Hanno ucciso l’Uomo Ragno (la canzone) era un successo in radio, ma nessuno li aveva ancora visti in faccia, dal momento che proprio Claudio Cecchetto, loro produttore, li riteneva impresentabili.
Troppo sfigati, appunto, per convincere il pubblico. La scena del concerto all’Aquafan è l’apice della prima stagione che racconta la genesi del gruppo e del primo album, mentre la seconda racconterà gli anni di Nord Sud Ovest Est.
La pietra angolare della sceneggiatura è il libro di scritto da Pezzali (Max90. La mia storia. I miti e le emozioni di un decennio fighissimo) ed è quindi ovvio che sia lui (interpretato da Elia Nuzzolo) il vero protagonista e il fulcro di tutta la narrazione, di questa operazione nostalgia che punta a raccontare gli anni Novanta come anni più leggeri, un po’ più felici, in cui anche la musica finiva per rispecchiare questa spensieratezza.
Né Max né Mauro sono bellissimi o intelligentissimi, non hanno una vocazione per la musica e rimediare un’uscita con una ragazza è un motivo più che sufficiente per scrivere canzoni, ma entrambi sono simboli di una generazione che, più di altre, ha davvero creduto che di inseguire i sogni valesse sempre la pena.
La grande intuizione di Sibilia sta proprio nel cercare, attraverso la sua serie, di cogliere quel movimento emotivo, quell’energia che ha decretato l’imperituro successo del gruppo, cercando, in egual misura, di ottenere lo stesso, confortevole, effetto sul pubblico. L’esperimento può dirsi riuscito.