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Nata per te: il canto libero di Luca Trapanese e sua figlia Alba | Recensione

Nata per te con Pierluigi Gigante nel ruolo di Luca Trapanese – Fonte: NewsCinema.it
Il 5 ottobre è arrivato al cinema il film ispirato alla battaglia legale del napoletano Luca Trapanese per ottenere l’affidamento della piccola Alba, intitolato Nata per te. Ecco la nostra recensione.
Il film Nata per te, ispirato all’omonimo libro scritto da Luca Mercadante e Luca Trapanese, racconta la storia di un uomo single, omosessuale e molto credente pronto a tutto per poter donare il suo amore verso una piccola creatura, rifiutata dalla madre biologica.
Le vicende giudiziarie vissute nel 2017 da Luca Trapanese sono state portate sul grande schermo dal regista Fabio Mollo e dal giovane attore protagonista Pierluigi Gigante, alla sua prima esperienza in un film nel ruolo di protagonista assoluto, insieme alla piccola Alba, una dolce bambina affetta da sindrome di down.
Nata per te: la trama del film
Napoli 2017. Luca Trapanese è un uomo dichiaratamente gay, fortemente religioso, molto riservato e con un grande desiderio nel cuore: diventare papà. Un sogno che purtroppo vede ogni giorno sempre più lontano, a causa delle leggi italiane che non permettono a uomini o donne single, di poter adottare facilmente. Nonostante tutto però, determinato più che mai, decide di non arrendersi e di continuare a lottare.
Una tenacia che sembra ripagarlo quando un giorno viene chiamato dal Tribunale di Napoli per l’affido di una neonata affetta da sindrome di down, Alba Stellamia. Sebbene Luca sia pronto a prendersi cura di lei – vista anche la sua esperienza come educatore nell’associazione A Ruota Libera – purtroppo la sua condizione sociale non risulta essere in linea con la concezione di famiglia tradizionale vigente in Italia.
Questo ennesimo rifiuto tuttavia non scoraggia Luca, trovando una valida alleata a combattere questa guerra in nome dell’amore, nella figura dell’avvocata Teresa. Passo dopo passo, giocando con astuzia e intelligenza, Teresa e Luca riescono – a loro insaputa – a riscrivere una pagina importante nella storia degli affidamenti e delle adozioni nel nostro Paese.
Nata per te: L’anteprima al The Space Cinema di Salerno
Lo scorso sabato 7 ottobre al The Space Cinema di Salerno è stato presentato il film Nata per te alla presenza del regista Fabio Mollo, Luca Trapanese, Lucio Provenza e il protagonista Pierluigi Gigante. All’interno della sala pronta a lasciarsi emozionare dalla storia di Luca e Alba, gli ospiti hanno introdotto la visione del film con alcune dichiarazioni.
Ad aprire il valzer delle dichiarazioni è stato il regista Fabio Mollo, il quale ha dichiarato: “L’anno scorso abbiamo girato il film durante questi giorni. La storia di Luca e Alba mi ha emozionato prima come persona che come regista e sono grato a Luca e Alba di avermela fatta raccontare.”
Subito dopo, è intervenuto colui che è riuscito a battere la Legge italiana con le sue stesse norme, Luca Trapanese: “Questo film è molto importante non tanto perché siamo straordinari, ma perché affrontano dei temi importanti non solo quello della disabilità e vedrete come con sensibilità è stato affrontato il tema, così come quello dell’adozione che è fermo ancora al 1983 come legge e non rappresenta più la nostra società.”
Trapanese ha continuato dicendo: “È un film importante perché parla di famiglia. la famiglia tradizionale qual è? chi può dire che ci sono delle famiglie più importanti rispetto alle altre? Anche io e Alba siamo una famiglia tradizionale perché al centro c’è l’amore. Pierluigi e Fabio sono riusciti a raccontarlo bene e vi chiedo di divulgarlo il più possibile. abbiamo bisogno di cambiare questa società, non tanto per me e Alba che ormai ce l’abbiamo fatta. Ma se ho deciso di essere presente sui social o tanto da pensare che questa storia potesse diventare un film, è per tutte quelle persone che ancora non ce l’hanno fatta e magari possiamo essere testimoni non solo di noi stessi, ma anche per gli altri.”

Una scena del film Nata per te tra Luca (Pierluigi Gigante) e Alba – Fonte: NewsCinema.it
Ed infine, è toccato al salernitano Pierluigi Gigante, protagonista del film, visibilmente emozionato, il quale ha voluto parlare della preparazione che ha dovuto affrontare per cimentarsi in questo ruolo: “Questo film prima che come attore, mi ha arricchito come persona. Sono grato a Fabio Mollo per avermi dato questa occasione unica. Mi ha dato la possibilità di entrare in questo personaggio meraviglioso e gliene sarò grato per sempre.”
Ringraziamento d’obbligo per Luca Trapanese attraverso queste parole: “Ovviamente ringrazio Luca, perché senza di lui tutto questo non sarebbe esistito. Mi ha aperto le porte di casa sua, della sua vita, mi ha permesso di entrare come operatore nel centro di A Ruota Libera dove ho lavorato per circa 3 settimane così da avere la loro fiducia di tutti i ragazzi e adesso sono diventato un loro fan e vedete come loro danno amore in maniera incondizionata. Spero che possa arricchire umanamente tutte le persone che vedono in film, perché nutre l’anima.”

Una scena del film con Barbara Bobulova e Pierluigi Gigante – Fonte: NewsCinema.it
Nata per Te: la recensione del film
Il romanzo Nata per te scritto a quattro mani da Luca Mercadante e Luca Trapanese ha rappresentato il cuore della sceneggiatura del film scritto da Giulia Calenda, Furio Andreotti e il regista Fabio Mollo. Coprodotto da Cattleya e Bartlebyfilm, la distribuzione è stata affidata a Vision Distribution.
Quando si è di fronte a un racconto così fortemente emotivo è difficile capire da che parte iniziare. Molto probabilmente non c’è neanche un modo corretto per metabolizzare la storia tra Luca e Alba. Ma senza dubbio continua a far rabbia constatare come non sia cambiato nulla, nonostante siano trascorsi molti anni, da quando questa storia è diventata di dominio pubblico.
Per chi ha seguito dal primo giorno la loro vicenda, riviverla in questo film, rende tutto ancora più intenso e difficile da digerire. Il calvario giudiziario che Luca Trapanese ha dovuto affrontare per ottenere l’affidamento di Alba, fa ancora male. Così come, fa male vedere che un Paese civile come l’Italia, preferisca affidare i bambini alle case famiglia piuttosto che a dei genitori single.
Luca è l’eroe di tutte quelle persone che ancora sono in attesa di una risposta, di poter abbracciare una creatura che ha solo bisogno di essere amata o amato. Quando altre persone avrebbero lasciato perdere, lui è andato avanti in nome di un diritto che dovrebbe spettare a tutti, non solo a chi vive in Svezia, giusto per nominare un Paese citato nel film. In Italia invece, a quanto pare, a regolare i sentimenti, ci pensa l’articolo 44 della legge 1984 del 1983, nel quale viene data ai single la possibilità di poter adottare in casi particolari, come nel caso della disabilità.

Luca Trapanese (Pierluigi Gigante) e l’avvocata Teresa (Teresa Saponangelo) in una scena del film – Fonte: NewsCinema.it
Il canto libero di Luca e Alba
Risulta difficile non pensare a questa legge come un modo legale per piazzare dei bambini ‘scomodi’ e gentilmente rifiutati dalle famiglie tradizionali, formate da un uomo e una donna. Una legge di quarant’anni fa, che non solo non è stata aggiornata ai tempi odierni, ma che considera i single come genitori di serie B, costretti – secondo loro – a doversi prendere i bambini scartati dalla società. Un ennesimo rifiuto ai danni di una piccola anima – come nel caso di Alba Stellamia – che fin dalle sue prime ore di vita ha dovuto fare i conti con la cattiveria umana.
Ma la vita è anche questo e quando vuole, riesce a restituire ciò che altri hanno tolto. Nonostante un inizio di vita decisamente turbolento, la dolce Alba ha avuto la fortuna di incontrare sul suo cammino un uomo che fin dal primo giorno ha cercato di farle vivere una vita normale. Il testo de Il mio canto libero di Lucio Battisti, che accompagna uno dei momenti più intensi del film, descrive perfettamente il rapporto speciale tra il neo papà Luca e la figlia Alba.
Ed è curioso come due persone così diverse come loro due, risultano emarginate da una società che non li reputa ‘tradizionali’. Quando arrivare su Marte sembra più facile che far rispettare i diritti come l’adozione ai single, è facilmente comprensibile la necessità di Luca e Alba di costruirsi una loro isola felice nella quale poter urlare: “In un mondo che non ci vuole più, il mio canto libero sei tu. In un mondo che prigioniero è, respiriamo liberi, io e te”, senza che nessuno gli venga a dire che sono inadeguati.

Luca (Pierluigi Gigante) e la piccola Alba con l’infermiera (Antonia Truppo) nel film Nata per te – Fonte: NewsCinema.it
La toccante interpretazione di Pierluigi Gigante
La toccante storia tra Luca Trapanese e la sua dolce Alba è una storia poetica, ricca di emozioni e che permette di mettere sotto i riflettori chi un cuore ancora è fiero di averlo e di farlo funzionare in tutti i sensi. Fabio Mollo attraverso una regia semplice, asciutta e con dei flashback che mostrano dei risvolti inediti di Luca adolescente, portano lo spettatore a comprendere ancora di più questo uomo, che sembra un moderno Davide pronto a scagliarsi contro Golia, questa volta rappresentato dalla Legge italiana.
E sappiamo tutti com’è finita. Una considerazione speciale spetta alle attrici femminili (Antonia Truppo, Teresa Saponangelo, Iaia Forte e Barbara Bobulova) per aver cullato e impartito lezioni di vita, al personaggio di Luca Trapanese. Come se fossero delle mamme, hanno accompagnato mano nella mano, il napoletano pronto a debuttare nel complicato mondo degli adulti e in particolar modo, in quello dei neo genitori.
L’interpretazione del giovane attore salernitano Pierluigi Gigante – alla prima esperienza in un ruolo da protagonista – è riuscita a donare tutta la potenza emotiva che questa storia è in grado di offrire. Il suo stile recitativo è risultato assolutamente naturale, come se Luca stesse combattendo una seconda volta quella lotta, vinta a gran fatica. La commozione negli occhi degli spettatori non è mai risultata forzata, contribuendo a rendere il tutto fluido e scorrevole. Gigante ha offerto una prova d’attore notevole, che fa ben sperare per il futuro, grazie anche alla sua potenza espressiva, in grado di saper bilanciare all’occorrenza i momenti di rabbia a quelli di maggiore fragilità.
Se da un lato, Luca è pronto a tutto per vedere rispettati i suoi diritti come uomo e cittadino italiano; allo stesso tempo è commovente il modo con il quale si rapporta con la piccola. Alba appare così fragile tra le sue braccia, che l’uomo sembra addirittura aver paura di farle male involontariamente. La voglia di andare fino in fondo, nonostante la paura di sbagliare e di non essere all’altezza, in realtà dimostra una profonda maturità. La stessa che non si può dire appartenga a chi preferisce entrare e uscire dalla sua vita, come se fosse in uno spettacolo teatrale. La storia di Alba e Luca è una fiaba positiva dei giorni nostri, nella quale la gente è tornata a credere che il ‘vissero felici e contenti’ può diventare realtà.
Recensioni
Silent Night – Il silenzio della vendetta, recensione | Sangue e gang, il Natale targato John Woo

Joel Kinnaman e Catalina Sandino Moreno in una scena di Silent Night – Il silenzio della vendetta – Fonte Foto: Ufficio stampa
Distribuito in anteprima mondiale da Plaion Pictures, dal 30 novembre, Silent Night – Il silenzio della vendetta porta la firma di John Woo. Il cineasta originario di Hong Kong confeziona un’opera d’autore, che naviga nel genere del cinema d’animazione e vede Joel Kinnaman protagonista.
Il ritorno dietro la macchina da presa di John Woo pesca a piene mani dal cinema di genere e ha quel sapore d’epoca che ha creato tanti cult. Per chi cercasse un action movie puramente di intrattenimento, Silent Night – Il silenzio della vendetta non è il film che fa per lui. La cultura orientale, con tutto ciò che essa si porta dietro, impregna la pellicola e le dona un’identità alquanto particolare.
Un plauso va all’interpretazione di Joel Kinnaman, che deve giocare per quasi due ore con tutte le armi a sua disposizione, a eccezione della voce. Per un attore, si può ben capire quanto sia fondamentale anche quel fattore. Eppure, l’attore svedese fa un ottimo lavoro, riuscendo a esprimere le sfumature di dolore e determinazione che attraversano il protagonista.

Joel Kinnaman in Silent Night – Il silenzio della vendetta – Foto: Ufficio stampa
Al centro della trama, una questione probabilmente sempre sin troppo attuale e pressante, quale la presenza delle gang in alcune zone dell’America. Da quello che potrebbe essere un qualsiasi fatto di cronaca nera, prende sviluppo la storia, a metà tra una critica alla società e un film d’azione puro.
Sangue che macchia le mani, le strade e i parabrezza delle automobili, la violenza scorre senza sosta, e senza che sia realmente possibile bloccarla. La polizia sembra non avere i mezzi e le capacità sufficienti a una tale impresa, motivo per cui i giustizieri solitari rischiano di proliferare.
Silent Night – Il silenzio della vendetta: la trama del film
Durante le festività natalizie, in una giornata di sole e spensierata, una famiglia sta giocando nel cortile interno di casa. Il padre (Kinnaman) spinge e fa volare sulla piccola bicicletta il bambino, mentre la mamma (Catalina Sandino Moreno) li riprende con il cellulare. Improvvisamente la scena cambia.
Dei colpi di pistola risuonano dietro l’angolo della strada, insieme al rumore di automobili che sbandano e si rincorrono. Tutto avviene in un attimo. Dei proiettili raggiungono il corpo del bambino, che giace inerme e sanguinante tra le braccia dei genitori attoniti. Lei continua a piangere, lui, preso da un istinto animale inarrestabile, si lancia all’inseguimento dei criminali.
Ne uscirà in fin di vita e senza più voce. Dopo mesi di riabilitazione, l’uomo non può capacitarsi di quanto avvenuto. La bottiglia diventa la sua insostituibile compagna, sino a quando non lascia il posto a qualcos’altro: la vendetta.

Una scena di Silent Night – Il silenzio della vendetta – Fonte Foto: Ufficio stampa
L’autorialità del cinema d’azione
Fulcro nevralgico della storia, il tema della paternità è ciò che caratterizza nel profondo il protagonista. La perdita del figlio spinge un uomo comune a diventare altro da sè. Il protagonista decide di dedicare il resto della sua esistenza a uno scopo divenuto per lui prioritario, ma in realtà inutile per colmare quel vuoto. Il dolore è il motore, la benzina, ma è anche la causa di una rovina inevitabile e, al tempo stesso, necessaria.
Dal punto di vista del puro e semplice intrattenimento, le scene d’azione e le varie armi messe in campo forniscono uno spettacolo non indifferente, che faranno gola ai fan degli action movie tanto quanto agli estimatori di Woo. Alla sua settima regia di produzione americana, il cineasta esibisce tutta una serie di suggestioni che rimandano al suo stile e alla sua poetica, regalando autorialità al progetto.
Recensioni
Wish, recensione in anteprima | Il film Disney da non perdere a Natale

Una scena di Wish – Fonte Foto: Ufficio stampa
Nei cinema italiani dal 21 dicembre, distribuito da The Walt Disney Company Italia, Wish è il nuovo attesissimo film di Natale. Doppiatori d’eccezione, per la versione nostrana, Michele Riondino, Amadeus e la cantautrice Gaia.
Come in ogni favola che si rispetti, il “C’era una volta” immerge gli spettatori dentro un universo popolato di magia, di meraviglia e di magnificenza. Il regno di Rosas, nel bel mezzo del Mediterraneo, ha le sembianze di un vero e proprio paradiso. Lì, i sogni e i desideri hanno un ruolo fondamentale, ed ecco perché il sovrano ne ha così cura.
Wish mette bene in mostra il potere dei sogni, soprattutto se condivisi, e la loro importanza, che vengano realizzati oppure no. In fondo, essi sono il motore delle esistenze di ciascuno di noi. La Disney lo ha sempre saputo, come ha saputo ben sfruttare le potenzialità insite nella questione, anche stavolta.
La pellicola diretta da Chris Buck e Fawn Veerasunthorn, idealmente indirizzata a un pubblico di più piccoli, riesce a toccare le corde di chi, con i film Disney, ci è cresciuto. Una protagonista forte e accattivante, una colonna sonora assolutamente orecchiabile e una girandola di colori che travolge sin dal primissimo minuto, sono gli ingredienti iniziali, a cui si aggiungono una serie di temi ed elementi che arricchiscono il progetto.

Una scena di Wish con Asha e Valentino – Fonte Foto: Ufficio stampa
Asha ha una personalità sfaccettata, nella quale chiunque può riconoscersi: è in cerca di un percorso che le permetta di esprimersi e, in un certo senso, di emanciparsi, sebbene abbia un rapporto molto stretto con la famiglia. Le radici agiscono sulle sue scelte e sui suoi sogni, ma nel viaggio che compirà arriverà a scoprire cose incredibili su se stessa e su chi la circonda.
Wish | La trama del nuovo film Disney
Asha ha 17 anni e sta per avere un colloquio niente meno che con il Re in persona, Magnifico. Quest ultimo ha bisogno di una nuova apprendista, e la ragazza potrebbe essere la sua prossima scelta. Asha non aveva neanche mai immaginato di poter ottenere una simile occasione, soprattutto pensa a quanto possa essere utile nell’ottica di realizzazione di un sogno. Non il suo, ma quello del nonno, a cui è molto affezionata e che sta per compiere 100 anni.
A Rosas, infatti, i sogni dei sudditi vengono affidati al Re, che li custodisce nel suo palazzo e ne realizza uno a scelta periodicamente. La cerimonia del desiderio è uno dei momenti più attesi dalla gente, che spera di veder realizzato il suo desiderio. Quello che, però, non tutti sanno, e che scoprirà Asha a sue spese, è che il Re sceglie in base a delle idee sin troppo personali. L’improvviso arrivo di una stella invocata dalla ragazza metterà a repentaglio i piani di Magnifico.
Punti di forza e omaggi ai classici Disney
Tanti e indiscutibili sono i punti di forza di Wish, a partire dai numeri musicali sino ad arrivare alla costruzione dei personaggi. Magnifico somiglia pericolosamente a un qualsiasi governante despota che abbiamo conosciuto nel corso della storia, Simon incarna il giovane ingannato da una prospettiva appetibile, la regina Amaya è la classica donna che sa ma che se ne resta in disparte. Ovviamente, non possono mancare gli aiutanti, a cui si devono battute e spunti di riflessione, come Valentino – la capretta amica di Asha – e Dahlia (la migliore amica).
Dal senso di famiglia al valore di amicizia, dall’importanza di unirsi a quella di schierarsi, un film d’animazione come Wish dà modo di affrontare temi fondamentali con semplicità e leggerezza, arrivando a qualsiasi tipo di pubblico. I veterani dei prodotti Disney resteranno, inoltre, divertiti dalle citazioni e dagli omaggi sparsi qui e là nel corso della narrazione. E si potrebbe addittura far partire un gioco a chi ne rintraccia di più…
Recensioni
Palazzina LAF, la recensione: Riondino dà voce ai confinati dell’ILVA | Una vergogna tutta italiana

Recensione di Palazzina Laf – Newscinema.it (Foto: Ufficio stampa)
La nostra recensione di Palazzina LAF, il primo film da regista di Michele Riondino dal 30 novembre al cinema.
Denso di morale, esposto limpidamente e costruito su un contesto dialettale l’esordio registico di Michele Riondino si pone come monito sociale ancora oggi. Presentato alla 18esima edizione della Festa del cinema di Roma nella sezione Grand Public, Palazzina Laf racconta la storia di Caterino Lamanna e di tutti i lavoratori dell’acciaieria ILVA di Taranto, spediti negli anni Novanta in questa palazzina “aziendale”.
Vittime di mobbing, confinati come in esilio, pagati per fare nulla e privati della propria dignità di lavoratori. La storia di Caterino partirà dalla sua situazione privata per raccontare qualcosa di molto più amplificato.
Un film che fa da specchio a una vergogna italiana
Come dichiarato in conferenza stampa dal regista, il film vuole essere anche un omaggio a Taranto, la sua città di origine, sporcata di questa disastrosa vicenda che ad oggi ancora non ha avuto la degna risonanza a livello nazionale, rimanendo recintata all’interno della realtà pugliese.
Cercando dunque di far luce tra i favoreggiamenti e le manovre malsane, Riondino ricostruisce alla perfezione l’estetica anni Novanta tra musicassette e frontali radio delle auto, viaggiando sulle note di The bad touch in sottofondo. Diritti e doveri, pressioni su personale altamente qualificato, morti non troppo accidentali sul luogo di lavoro come conseguenza di una frattura infettata all’interno dell’azienda. Reparti confino utilizzati per azzittire, annientare la nobiltà umana e i valori di chi in realtà voleva soltanto lavorare onestamente.
Facendo opera di convincimento coercitivo, influenzando psicologicamente e materialmente chi è in situazioni economiche instabili, i dirigenti dell’ILVA suggestionavano i dipendenti spostandoli tra i settori come nulla fosse o talvolta usandoli come pedine infiltrate, spiando e punendo di conseguenza chi non restava in silenzio.

Recensione di Palazzina Laf – Newscinema.it (Foto: Ufficio stampa)
Spazio all’ironia per raccontare il dramma
Nei suoi 99 minuti il film condensa differenti generi per arrivare a trasmettere messaggi determinanti e totalmente drammatici basati su eventi realmente accaduti, attingendo però anche alla commedia. Ed è proprio questa forse la scelta vincente del film, evitare di appesantire ulteriormente la tematica strappando qua e là un sorriso, arrivando così grazie a un’ottima scrittura, a fare centro nel cuore del vero obiettivo.
Attori convincenti, primo fra tutti Riondino stesso che per la prima volta appunto tira le redini sia dietro che davanti la macchina da presa e poi un Elio Germano nelle vesti del folle villain, aggiungono quel tanto di olio all’ingranaggio per far sì che l’intero prodotto si svuoti di retorica e al contrario risulti incisivo.
In uscita grazie a BIM distribuzione dal 30 novembre nelle nostre sale, questo ritratto di un’Italia corrotta in cui raccomandazioni e sindacati si fanno la guerra mentre i lavoratori stanno a guardare, finisce dunque per convincere nella sua formula lasciando non poche riflessioni allo spettatore e facendo ben sperare per un futuro florido di un Riondino non più solo attore ma anche direttore dell’orchestra.
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