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Unicorni, la recensione: un coming-of-age per genitori

Unicorni, il film diretto da Michela Andreozzi che ha aperto l’ultima edizione del Giffoni Film Festival, è sicuramente un film sulla primissima adolescenza, ma è anche e soprattutto un film sui genitori che con quel periodo della vita dei figli devono imparare a fare i conti.

Unicorni, la recensione: un coming-of-age per genitori
3 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

La storia di Unicorni ruota attorno a due genitori (Edoardo Pesce e Valentina Lodovini) che si dividono su cosa fare quando il figlio (l’esordiente Daniele Scardini) manifesta loro il desiderio di vestirsi da “femmina”. Meglio assecondarlo e lasciare che sia libero di esprimersi oppure proteggerlo dallo sguardo giudicante degli altri, in modo particolare da quello degli altri bambini?

Loro stessi iniziano a sentirsi messi in discussione dal desiderio del figlio così fortemente espresso, ma mentre Elena sente la necessità di imparare di più sul tema dell’identità di genere per comprendere meglio Blu, Lucio resta più rigido e, pervaso da dubbi e paure, entra in contrasto con sua moglie.

Di cosa parla Unicorni

Ecco, più che essere un coming-of-age del giovane protagonista, il film si pone fin da subito come un racconto di formazione dei suoi genitori, utile per gli adulti in sala, innanzitutto polemizzando con l’idea che l’accudimento sarebbe incompatibile con l’autorevolezza, con la capacità di dare dei limiti. Idea che coinvolge specialmente i padri, spesso preoccupati che la cura dei figli possa far perdere loro credibilità e mascolinità.

Ed è per questo che stupisce, in senso positivo, un personaggio come quello di papà Lucio: un progressista che lavora in una radio e della sua trasmissione si spende ogni giorno in difesa dei diritti degli altri. Poi, però, nella vita privata si trova a dover affrontare un ambiente non ancora preparato per accogliere differenze e diversità, a dover fare i conti con la paura che suo figlio possa soffrire e con la voglia di proteggerlo da qualsiasi possibile ferita.

Unicorni (fonte: Visione Distribution) - NewsCinema.it
Unicorni (fonte: Visione Distribution) – NewsCinema.it

Insomma, Lucio è uno aperto, progressista, “woke”, come lo apostrofa un suo conoscente decisamente più conservatore di lui, chi di fronte a una cosa del genere, in un mondo così complicato, si rimangia molti ideali. Torna indietro perché ha paura, per proteggere il figlio. Per tutte ragioni assolutamente valide.

Ed è proprio comprendere le ragioni della paura, ci spiega Unicorni, il passaggio fondamentale. Il tema centrale del film, d’altronde, è proprio questo: sono gli adulti che spesso si sentono a disagio, quando invece i bambini sono già “fluidi”, crescono senza pregiudizi, abituati al “melting pot” nelle classi.

A scuola, infatti, tutti i compagni sanno che a Blu piace vestirsi in un certo modo, esternare la propria personalità in quella maniera lì: i problemi nascono quando, in occasione della recita scolastica, la questione diventa pubblica e la devono gestire gli adulti.

Adulti che spesso si credono persone migliori di quelle che effettivamente riescono ad essere. Che predicano valori positivi ma poi scoprono di pensarla uguale a personaggi politici da cui pensavano di essere lontanissimi, per idee e modi di esprimersi.

La forza del film di Andreozzi sta nel non voler essere tanto un film sull’identità di genere, quanto un film sulla fatica e il coraggio che sono necessari a un genitore per lasciar andare l’idea che ha di un figlio, per fare spazio all’individuo che si ha davvero davanti.

Davide Sette
Davide Sette
Giornalista cinematografico. Fondatore del blog Stranger Than Cinema e conduttore di “HOBO - A wandering podcast about cinema”.

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