Road House, la recensione | Un remake muscolare e violento pensato per il grande schermo

Jake Gyllenhaal in Road House (fonte: Amazon)
Jake Gyllenhaal in Road House (Fonte: Amazon Prime Video) – Newscinema.it

Jake Gyllenhaal mostra i muscoli in questo remake del film del 1989, nei panni di un buttafuori alle prese con i quotidiani problemi di violenza e prepotenza in un bar piuttosto chiassoso delle Florida Keys.

Road House, la recensione | Un remake muscolare e violento pensato per il grande schermo
3.3 Punteggio
Regia
Sceneggiatura
Cast
Colonna Sonora

Sarebbe facile liquidare preventivamente questo nuovo remake de Il duro del Road House, specialmente pensando ancora al sudatissimo Patrick Swayze nel film del 1989 diretto da Rowdy Herrington. I sequel e i remake a distanza di così tanti anni tendono a far dimenticare che c’è stato un tempo in cui centinata di film costruivano il loro status di “cult” su quella sottilissima linea che divide un buon film dal disastro più totale. So Bad, It’s Good.

Inoltre, il remake di Road House curato da Doug Liman, regista di The Bourne Identity dalle alterne fortune, sta (in modo controverso) bypassando le sale cinematografiche per approdare direttamente in streaming tramite Amazon Prime Video: ormai, dato il diluvio di contenuti usa e getta, non proprio una promessa di qualità.

Infatti, anche ad una visione disattenta, questo remake chiassoso e campy di Liman sembra e suona decisamente più costoso e ambizioso dei b-movie che generalmente ci aspettiamo le piattaforme digitali ci debbano propinare. Questo Road House sviluppato insieme alla Ultimate Fighting Championship, con Jake Gyllenhaal nei panni di un buttafuori con un passato violento, è pensato per il grande schermo e lo si capisce fin dal primo momento.

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Liman, molto intelligentemente, capisce che dietro a quella storia di un buttafuori chiamato a gestire gli energumeni rissosi in un locale principalmente destinato a poco simpatici automobilisti, c’è in realtà il classico canovaccio dei western. Quello dell’eroe solitario che arriva in una comunità a lui sconosciuta e ad uno ad uno allontana i fuorilegge dal saloon.

Questo remake enfatizza proprio quell’aspetto, mettendo il protagonista nella condizione di confrontarsi ancora maggiormente con la propria comunità di riferimento e accentuandone l’atteggiamento da eroe muto e misterioso che viene da fuori, pieno di problemi e dal passato insondabile.

I due protagonisti di Road House a confronto (fonte: Amazon)
I due protagonisti di Road House a confronto (Fonte: Amazon Prime Video) –  Newscinema.it

Alla Road House, però, è bene non dimenticarlo, si viene per divertirsi e per assistere ad alcuni combattimenti da far schioccare le nocche. E su questo fronte, il film di Liman offre, grazie ad un lavoro di stunt davvero impressionante, una performance pienamente convincente di Gyllenhaal nella forma muscolosa di Southpaw e un debutto sullo schermo scoppiettante per il campione UFC e intrattenitore Conor McGregor.

Il bar della Road House può essere piuttosto piccolo – in effetti, parte del divertimento del film deriva proprio da quanto sia piccolo e meschino questo mondo – ma le sequenze di combattimento operano su una tela grande, che dilata la realtà spaziale in cui gli atleti si muovono.

McGregor, a quanto pare, è un talento naturale nel ruolo del cattivo diabolicamente camp, a volte rubando la scena allo stesso Gyllenhaal, decisamente più metodico. Liman tiene sotto controllo gli eccessi, però, concentrandosi sul lato più ruvido e viscerale di questa fantasia iper-maschile: ossa rotte, nasi sanguinanti e commozioni cerebrali, insomma.

Come le sue scene d’azione, lo stesso Road House sembra un piccolo film che scalpita per essere qualcosa di decisamente più grande. A volte ci riesce, altre no. Ma è difficile chiedere di meglio.