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Squid Game e la psicologia del battle royale: perché siamo attratti dalla competizione estrema?

Squid Game, ultimo atto. La celebre serie tv coreana si concluderà con una terza stagione in arrivo il 27 giugno su Netflix, dopo aver macinato record su record. Ma perché siamo così attratti dai battle royale?

Squid Game può essere definita un’allegoria del tardo capitalismo? È lo stesso creatore della serie, in parte, ad aver suggerito questa ipotesi, pur allontanando qualsiasi pretesa filosofeggiante o intellettualistica. Hwang Dong-hyuk ha fatto riferimento alla sua esperienza personale durante la crisi economica globale del 2009, che è servita da ispirazione per la serie.

In quegli anni Hwang ha visto progressivamente prosciugarsi i finanziamenti per i suoi progetti cinematografici e la situazione economica nel mondo (e ovviamente nel suo Paese) ha costretto lui, sua madre e sua nonna a contrarre prestiti per cifre ingenti. Attratto dai “battle royale” raccontati minuziosamente nei fumetti giapponesi e sudcoreani, Hwang si è chiesto cosa sarebbe successo se le cose fossero andate male male e fino a che punto si sarebbe potuto spingere per mantenere in vita se stesso e la sua famiglia.

borraccia Squid Game
La borraccia di Squid Game – Newscinema.it

La storia del protagonista di Squid Game, Seong Gi-hun, è d’altronde una rivisitazione romanzata del violento scontro del 2009 tra la casa automobilistica Ssangyong e le migliaia di dipendenti licenziati dall’azienda. I lavoratori in sciopero hanno cercato di resistere con la forza per 77 giorni a una brutale alleanza tra le forze di sicurezza private e la polizia coreana.

Una violenta repressione a causa della quale trenta scioperanti e alcuni dei loro parenti hanno perso la vita. Quelli raccontati in Squid Game sono eventi sicuramente esasperati, ma non così lontani dalla nostra esperienza quotidiana: pensiamo alla sistematica violenza della polizia negli Stati Uniti (come altrove), spesso rivolta contro le minoranze più indifese, così come alla violenza dilagante basata su discriminazioni di genere o su una presunta superiorità dell’uomo sulla donna.

Il battle royale come allegoria del mondo di oggi

Ma non solo, la crescita occupazionale verificatasi dopo la recessione del 2008 ha creato tantissimi nuovi lavori caratterizzati da bassa retribuzione e contratti precari. Questi nuovi impieghi, dai rider ai magazzinieri per le grandi compagnie di e-commerce, offrono pochi benefit – come un’adeguata assistenza sanitaria o i permessi retribuiti – e chiedono invece la massima produttività ai lavoratori.

Le metriche dei dipendenti vengono monitorate e spesso esposte pubblicamente, incentivando la competizione tra colleghi. Altri nuovi lavori basati sulla tecnologia, come l’autista per Uber o le aziende su Yelp, dispongono di sistemi che incoraggiano la competizione attraverso recensioni degli utenti e retribuzioni variabili basate sulle stime della domanda.

Squid Game gioco
Il gioco di Squid Game – Newscinema.it

L’economia moderna tratta i lavoratori non come dipendenti di uno stesso team, ma come micro-imprenditori di se stessi che devono lottare per le proprie attività senza il beneficio dell’autonomia sul proprio lavoro. Grandi piattaforme come YouTube, Spotify e Medium premiano massicciamente i canali più grandi rispetto alla moltitudine di canali più piccoli che contribuiscono con i propri contenuti.

E così, paradossalmente, avviene anche con gli algoritmi delle piattaforme streaming (come Netflix, su cui Squid Game viene massicciamente sponsorizzata, in un cortocircuito beffardo). Viviamo in mondo in cui è sempre più spesso il vincitore quello che prende tutto, rafforzando la sua posizione dominante.

La competizione tra cinema e videogiochi

Al di là di queste tematiche universali, è sempre più evidente come, negli ultimi anni, cinema e tv abbiano cominciato a dialogare in maniera frequente con un altro medium, che prima invece era considerato qualcosa di alieno: il videogioco.

Data la sempre più crescente fetta di pubblico che ai videogiochi ci dedica quotidianamente numerose ore (e venuto meno lo stigma che identificava il videogioco come qualcosa di infantile, di culturalmente irrilevante, persino di dannoso), sempre più film e serie televisive si sono lasciate ispirare da quel mondo lì – The Last of Us, Fallout, Sonic, The Witcher, Minecraft – nella certezza di avere già quindi una solida base di possibili spettatori.

Dal 2017 si è verificata l’ascesa di un dominatore assoluto nel campo dei giochi multigiocatore: il battle royale, appunto. In quegli anni, titoli come PlayUnknown’s Battlegrounds e Fortnite sono riusciti ad attrarre milioni di giocatori in pochissimo tempo e sono diventati rapidamente i titoli più seguiti dagli utenti su Twitch. Nel corso degli anni, sono innumerevoli i titoli che hanno preso in prestito lo stesso format.

Il genere battle royale è quindi diventato assoluto protagonista negli eSport, ma il suo fascino risiede anche in questo caso nelle sue origini più oscure e grottesche, come riflesso delle nostre attuali ansie legate al mondo sistematicamente violento e ultra-competitivo in cui viviamo. Questi giochi ci permettono di esplorare in sicurezza una fantasia distopica in cui siamo tutti nemici, in cui bisogna lottare per sopravvivere. Che è poi è il sentimento che caratterizza spesso le nostre viste, sul posto di lavoro, in università, e non solo.

Squid Game 3
Squid Game 3 (Foto: Netflix) -NewsCinema.it

È quindi più a questi giochi che una serie (almeno dal punto di vista produttivo) come Squid Game guarda, piuttosto che a celebri precursori cinematografici come Battle Royale del 2000 o Hunger Games. In tutti questi casi, c’è una premessa fondamentale: le conseguenze della violenza e della competizione che osserviamo (o in cui siamo virtualmente immersi) non si estendano al mondo reale. Sono mezzi di intrattenimento che ci permettono di vivere con un’adeguata protezione e la giusta distanza quelle esperienze che nella vita reale ci creano invece ansia e disagio.

Guardare queste serie, giocare a questi videogame, è allo stesso tempo una forma di evasione e rifugio. Tuttavia, come già mostrava il finale del film Battle Royale, chi sopravvive a questo sistema non può fare altro che vivere il resto della propria vita come un fuggitivo. Quando siamo tutti nemici e operiamo in un sistema violento che ci mette in competizione tra noi, quali sono le vie di fuga possibili? Film come Hunger Games, serie come Squid Game, tengono in vita questa domanda.

Davide Sette
Davide Sette
Giornalista cinematografico. Fondatore del blog Stranger Than Cinema e conduttore di “HOBO - A wandering podcast about cinema”.

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